Da Abbatto i Muri:
Il contesto pare essere quello della prostituzione. Così dicono i giornali [Leggi la rassegna stampa]. Ma lei non è stata picchiata selvaggiamente da un tale che l’ha ridotta in coma perché donna, perché prostituta, per il ruolo di genere a lei assegnato. Nel racconto/confessione dell’uomo si parla di una situazione precisa. Lui, definito dai media come ultrà violento, voleva fuggire con una donna che viveva lì. Voleva portare con se’ lei e suo figlio per “farle cambiare vita“. La donna picchiata brutalmente, secondo la sua versione, si opponeva al fatto che l’altra fuggisse via con lui e lasciasse il giro della prostituzione nel quale entrambe erano coinvolte. Quando oggi lui è stato rintracciato c’era con lei la fidanzata con suo figlio e la figlia della donna in fin di vita che si sono portati dietro. Questo è il contesto di cui si legge sulle maggiori testate nazionali dopo uno straordinario e imprudente balletto durato tutto oggi in cui si sono esposte deputate, assessore, sindaci, varie personalità ad esprimere sdegno e cordoglio e bla bla di vario tipo contro la violenza sulle donne.
Il femminicidio non è qualunque delitto che riguardi ogni donna. Il femminicidio è quel delitto che realizza la cultura del possesso. Quando consideri una donna di tua proprietà e la uccidi perché non accetti la separazione e che lei ti dica di no, allora è femminicidio. Diversamente è un crimine di altro tipo. In questo caso, se le cose stanno così come scrivono, se anche si fosse trovato lì un uomo, a tentare di impedire che la ragazza partisse via con l’altro, immagino che sarebbe stato oggetto dello stesso trattamento.
Orrenda in ogni caso la scelta, sperando la vittima sopravviva. Orrendo in tutti i sensi e senza nessuna giustificazione. Tra l’altro se sei grande e grosso e vuoi impedire a una donna di interferire con le tue decisioni ti basta solo fare bau, prendere l’altra donna e andartene. Non la massacri spaccandole il cranio per poi rinchiuderla in un sacco di immondizia senza mostrare alcun rispetto per la vita umana.
E la maniera in cui è data la notizia è di una assurda schizofrenia. Da un lato si parla di questo uomo come il mostro e dall’altro si descrive quasi come fosse quello che voleva salvare lei dal giro della prostituzione. Come se si fosse trattato di eccesso di tutela. Ed è questo che svela la contraddizione di un meccanismo della comunicazione che premia e legittima i tutori a salvaguardia del corpo delle donne invece che l’autodeterminazione delle donne stesse. Questo fa intendere come in questo caso, e immagino che lo si potrà leggere meglio nei prossimi giorni, la stampa oscilla tra la tentazione di dare a questo uomo una medaglia e quella di incriminarlo per tentato – e se la vittima muore per – omicidio. Questo fa capire come la dicotomia tutore/carnefice, dove non si definisce alcuna complessità, dicotomia attorno alla quale ruota quasi tutto il discorso sulla violenza sulle donne, in termini culturali produce aberrazioni che non valorizzano i tentativi delle donne di liberarsi in senso autodeterminato. Tutto il discorso ruota attorno alla cultura patriarcale. Sempre. Incluso il momento in cui i tutori vorrebbero intervenire per salvare donne che non vogliono essere salvate. Ma questa è una parentesi diversa.