Da Intersezioni:
Vorremmo con questo post dare l’avvio ad una riflessione più generale sulla SLUT WALK, sui suoi significati (e contraddizioni) e sulle sue prospettive future.
Abbiamo in proposito tradotto parte di un articolo scritto da Yasmin Nair, che riflette su alcune delle zone d’ombra della Slut Walk: lo abbiamo scelto perché alcune delle questioni sollevate risuonano dei dubbi che a volte ci attanagliano, e perché vorremmo con tutte le nostre forze evitare ciò che la Nair prefigura, quando si chiede:
La Slutwalk rappresenta la fine del femminismo?
‘Senza consapevolezza critica e volontà di affrontare ed agire in merito ai problemi strutturali, economici e politici che devono affrontare le donne e molti altri soggett*, la Slutwalk rischia di diventare l’Halloween del femminismo: quell’unico giorno dell’anno in cui le donne si sentono autorizzate a vestirsi in abiti succinti e a definirsi puttane, ma che le lascia prive di quel potere attraverso il quale realizzare davvero quel cambiamento che va oltre ad uno slogan in stile Obama.’
[…] Nel 2011, mentre sfilavo con migliaia di persone radunatesi in una splendida giornata estiva, e mi trovavo in piedi sopra una tribuna improvvisata a declamare un breve discorso, non ho potuto fare a meno di sentirmi eccitata alla prospettiva di assistere a ciò che per me rappresentava il riaffacciarsi, pieno di significati e importanza, del femminismo, un movimento che consideravo agonizzante – per non dire quasi scomparso.
Ho nuovamente tenuto un discorso alla Slut Walk di quest’anno, e mi sono trovata a chiedermi dove fosse finita tutta quell’energia. I travestimenti erano sempre quelli, così come i cartelli, provocatori e spesso molto divertenti, anche se le persone presenti erano molte meno. Nell’osservare la folla per la seconda volta, mi sono chiesta perché così poco fosse cambiato, e se questa volta, la Slutwalk rappresentasse non l’inizio ma la fine del femminismo.