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#PalermoPride: PinkCleaners – Ripulisci il tuo orgoglio dal Pink Market!

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Da Le Ribellule:

Siamo il collettivo femminista le Ribellule di Roma, che dal 2005 si è impegnato a combattere la violenza contro le donne, ogni fascismo razzismo e sessismo, ogni limitazione dell’autodeterminazione, nei territori, in ospedali, C.I.E., carceri e camere da letto.
Per questo, prendiamo parola per denunciare il clima e lo contraddizioni politiche dei Pride in tutte le città.

Il Pride per noi ha sempre rappresentato un momento di contraddizioni: da una parte la rivendicazione della rivolta di Stonewall del 1969 e la nascita del movimento LGBTQI  e dall’altra la rappresentanza mainstream delle associazioni.

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Lo Stato/pappone, le puttane di Stato e l’anarchia di genere

tumblr_ml3z7yhz6u1roepqwo1_500Da Abbatto i Muri:

Due persone. Lei è precaria, quasi disoccupata. Lui è un operaio che fa lo straordinario per mantenere entrambi. Succede questo e potrebbe succedere anche il contrario. Le ragioni per cui succede sono di scelta politico/economica, innanzitutto. Perché il neoliberismo si realizzi lei deve restare a casa a fare figli e svolgere ruoli di cura e lui deve stare fuori a lavorare e mantenere. Entrambi realizzano produzione e consumi.

I due non sono uniti da quel contratto chiamato matrimonio. Un contratto che sancisce la proprietà tra i due, con ingerenza precisa da parte dello Stato che diventa sovrano e protettore, con sovranità e protezione che si estende a tutti i membri della famiglia, figli inclusi. Se i due si separano la sovranità resta e per donne e bambini si innesca il meccanismo di protezione. Un po’ come quando tu sei figlia di un padre padrone e dopo la separazione da tuo marito torni da tuo padre. Ovvero: come se lo Stato/Protettore, che ti possiede come oggetto di Stato, ti concedesse in uso temporaneo ad una specie di marito/cliente che se non fa tutto come si deve sarà destinato a fare il cliente di qualcun’altra (o sarà bandito dalla bottega) mentre la ex moglie, che ora possiamo chiamare prostituta di Stato, torna a farsi proteggere dallo Stato/Pappone.

I due di cui parliamo però, appunto, non hanno sancito quel contratto ma sono comunque obbligati a vivere una dimensione di relazione che somiglia a quella delle coppie sposate. Per poter fruire di qualche diritto, che so, assegni familiari, robe burocratiche, bisogna che si sposino. Per reinventarsi ruoli differenti nel privato si trovano necessariamente a dover confliggere con i ruoli che vengono loro imposti nella dimensione pubblica/istituzionale.

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Considerazioni lampo su sessismo e omotransfobia nella musica hip hop

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Da Intersezioni:

Mi capita con una certa frequenza di sentir parlare dell’hip hop come di un genere musicale particolarmente disastroso dal punto di vista della giustizia sociale, e  mi rendo conto che  indubbiamente scorgere una quantità considerevole di aspiranti rapper che si comportano da carogne non aiuta certo a sfatare questo mito.
In effetti, basta fare una passeggiata digitale sui canali Youtube di alcune ragazze rapper per leggere una marea di insulti sessisti. E nelle battaglie di rap, non è affatto infrequente l’utilizzo di frasi e concetti omofobici e transfobici per sminuire l’avversario, colpendolo dove fa più male a un maschio etero (e non, visto che gli omosessuali misogini non mancano, purtroppo) che non tenta di disertare il patriarcato: nella sua mascolinità.

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