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Gli shorts che fanno tanto modello velina

Riso-amaro

Si parla di shorts e di maschilismi che impedirebbero la nostra libera espressione in fatto di abbigliamento. Giusti i giudizi contro chi ci dà delle sgualdrine se indossiamo una minigonna o un paio di pantaloncini. Ma che dire di quella critica cosiddetta antisessista che è diventata normativa, giudicante, nei confronti di donne che svolgono lavori in cui mostrano il corpo? Perché laddove si dice quali sono i modelli da non emulare quel che arriva alla fine è un messaggio parecchio confuso.

Un messaggio che finisce per fondersi nella stessa mentalità che ci vuole vestite di tutto punto perché, vuoi o non vuoi, comunque sia, se vai in giro “così conciata” non aderisci ai canoni della perbenitudine e neppure a quelli di una certa militanza antisessista. Provate a chiedere a tante di quelle donne indignate per il commento dello scrittore allergico agli shorts se a loro piace una slut walk. Provate a dire loro di scendere in piazza con i pantaloncini.

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Posted in Comunicazione, Critica femminista, Narrazioni: Assaggi, Pensatoio.


Uno sguardo su Linda Lovelace

Linda-Lovelace-originaldi Elisabetta P.

Questo scritto non  vuole essere né la dimostrazione di una tesi né la confutazione di un’altra; vorrei provare a fornire un ulteriore punto di vista su una vicenda pubblica, che è stata anche vicenda giuridica, e che prima di tutto, questo è sempre da tenere bene a mente, rimane un fatto umano e privato.
L’occasione per parlare di Linda Susan Boreman, in arte Linda Lovelace, attrice americana di film a luci rosse, tra cui il noto ‘Deep Throat’, e di quel che è accaduto intorno al suo personaggio, mi viene data da questo post. L’ho letto diverse volte, e mi ha lasciato una sensazione di incompiutezza, il tipo di disagio che si prova di fronte ad una ricostruzione parziale.

Nel post si suggerisce che gli abusi, e le indicibili violenze narrate e riferite, sia nei suoi testi autobiografici sia in alcune interviste, da Boreman, siano nati e maturati nell’ambiente delle produzioni pornografiche: quelli che sono degli stralci e delle citazioni di Linda Boreman, divengono infatti esemplari della coercizione che vi può essere nel mondo del porno, ed è proprio qui che si produce un’equazione niente affatto scontata, è qui che alcuni fatti circoscritti e allo stesso tempo controversi (in quanto nell’arco della sua vita Boreman darà versioni contraddittorie di alcuni eventi, soprattutto di quelli correlati ai suoi film e all’ambiente del porno) vengono semplificati e ridotti, senza avanzare nessun dubbio e senza restituire la dovuta complessità a quel che è stato.
Linda Lovelace assurge per l’ennesima volta a simbolo di una generica struttura coercitiva in essere nella cinematografica porno.

Cerchiamo di fare chiarezza in una storia lunga e dalle immancabili zone d’ombra; le violenze, lo spiega la stessa Boreman nell’autobiografico Ordeal (1980), sarebbero state perpetrate dal suo compagno, Chuck Traynor, e hanno quindi una connotazione tipicamente relazionale.
Ciò non vuol dire che chi fosse stato a conoscenza della difficile situazione di Boreman, compresi registi e produttori, non sarebbe dovuto intervenire in suo aiuto, allo stesso tempo non possono essere  responsabilizzate tutte le persone che le erano vicine e che Boreman ha incontrato nella sua carriera e nel suo privato.
Un breve estratto dal saggio di Nadine Strossen, Difesa della pornografia (Castelvecchi, 1995):

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Posted in Critica femminista, Pensatoio.

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MUTILAZIONI SOCIALI. Bisturi sempre più in voga per omologare le atipicità

da Intersexioni:

di Michela Balocchi e Alba  Maria Tonarti 

Nei giorni scorsi sono state divulgate informazioni confuse e scorrette, riprese da più testate on line, relative alla gestione medica delle variazioni intersessuali o delle differenze nello sviluppo sessuale (DSD, seguendo e adattando l’acronimo inglese di Disturbs of Sexual Development).

I titoli sensazionalistici e totalmente fuorvianti andavano dal “Sesso incerto” dei bambini, al San Camillo boom di interventi: più 50 per cento in 5 anni” (la Repubblica Roma.it), a “Boom di bimbi con sesso “incerto”. A Roma un aumento del 50 per cento” (Leggo), a “Boom di operazioni per cambiare sesso, al primo posto i neonati” (Young).

Le precisazioni da fare a proposito di titoli e contenuti degli articoli in questione sono tante. Ci limiteremo a quelle che riteniamo più urgenti ed essenziali.

Quando si parla, in modo riduttivo e poco preciso, di bambini con “sesso incerto”, si fa riferimento a una molteplicità di forme e variazioni sul piano biologico in cui si trova chi nasce con cromosomi sessuali, apparato genitale, gonadico, e/o caratteri sessuali secondari che variano rispetto a ciò che è tradizionalmente considerato come maschile e femminile. Secondo la biologa Fausto-Sterling (2000), sulla base di studi effettuati sui dati ad oggi disponibili, l’1,7% dei neonati presenta una qualche forma di variabilità intersex (cromosomica, gonadica, ormonale o anatomica).

Alla nascita, in presenza di genitali non identificabili come chiaramente femminili o maschili, di prassi, dalla metà del secolo scorso, molti neonati venivano sottoposti ad interventi chirurgici ai genitali per essere uniformati al modello duale dei sessi:  femmina – maschio.

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