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Cercasi autonarrazioni gender-resistenti sui disturbi alimentari

Irene ci scrive perché noi abbiamo qui problematizzato la questione dei disturbi alimentari raccontandoli da un punto di vista di genere molto politicizzato e per nulla istituzionalizzato. Chiede un contatto con le persone che si sono raccontate (e chiunque altr@ voglia) per condurre una serie di interviste e farne una tesi sul tema. Questo è la sua nota che vi giriamo molto volentieri chiedendo a chi vorrà di condividere e socializzare anche con noi qualunque cosa venga fuori da questo confronto. 🙂

Buona lettura!

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Ciao a tutt*, mi chiamo Irene, e sto scrivendo, presso il corso di “Scienze  Sociali” della facoltà di Scienze Politiche dell’Università Statale di Milano, una tesi di laurea che ha al centro lo studio sociologico delle cause, dei significati, delle interpretazioni e dei trattamenti dei Disturbi del Comportamento Alimentare.

Avrei bisogno per la mia ricerca di condurre alcune brevi interviste semi-strutturate a persone che abbiano avuto esperienza di DCA. Le interviste sarebbero brevi ma improntate all’ascolto, seguirebbero dunque i tempi dell’intervistat* e verterebbero attorno ad alcuni centrali argomenti di conversazione: porrei alcune semplici domande, e lascerei poi la conversazione tendenzialmente aperta.

Tali argomenti sarebbero:

–        le auto-interpretazioni di AN/BN/etc
–        le definizioni e i significati attribuiti al disturbo/al
problema/alla malattia/etc
–        le interpretazioni sul ruolo dell’intorno sociale
–        alcuni aspetti della cura

L’anonimato sarebbe garantito. Ci sarebbe eventualmente anche la possibilità di condurre le interviste via skype.

I miei contatti sono:

indirizzo e-mail: cavalieri.irene[at]libero.it

Scrivo a femminismoasud perchè le “storie di dipendenza” sono simili alle autonarrazioni che mi interesserebbero per il mio lavoro. E poi perchè c’è grande bisogno di compagne che si facciano intervistare, perchè mi mancano le interpretazioni di chi pensa in termini di genere e di resistenza tutti i giorni.

Vi ringrazio moltissimo,

a presto,

Irene

Posted in Fem/Activism, Iniziative, R-esistenze.


#Femminicidio #Palermo: inutile sventolare manette. Le cause sono sociali e culturali!

Contro il femminicidio (3)-2

Una iniziativa del Collettivo Anillo de Fuego che ieri sera ha tappezzato le vie del centro di Palermo con manifesti per raccontare quel che è successo a Rosy Bonanno, #44esimo femminicidio dall’inizio del 2013. Ecco il loro comunicato stampa:

Ieri sera, le militanti del Collettivo femminista Anillo de Fuego hanno tappezzato le vie del centro di Palermo con degli striscioni, a seguito dell’ennesimo femminicidio avvenuto la mattina stessa a Villagrazia che ha visto la ventiseienne Rosy Bonanno uccisa brutalmente dal suo ex convivente.

Rosy Bonanno è il nome che si aggiunge alla lunga lista di vittime di violenza di genere, spesso perpetuata sino al femminicidio. Un episodio che riporta alla mente non solo quei fatti avvenuti nella medesima città lo scorso Ottobre con il femminicidio di Carmela Petrucci, ma anche la violenza quotidiana a cui tantissime donne sono sottoposte, nei posti di lavoro, tra le mura domestiche, nelle scuole e nelle università.

Ancora una volta assistiamo ad un atto di violenza perpetuato da chi pensa alle donne come a soggetti subalterni e incapaci di autodeterminarsi. La narrazione del mainstream ci parla di una donna che già più volte aveva denunciato invano il suo assassino per stalking, descrivendo l’episodio come l’effetto del malfunzionamento dell’apparato giudiziario statale e creando così l’occasione per becere chiacchiere da salotto tv e per tutti coloro che inneggiano al giustizialismo di esigere maggiore repressione e certezza della pena.

Piuttosto che sventolare manette, è evidente che le cause della violenza di genere sono ben più radicate nel tessuto sociale e culturale in cui viviamo. Una violenza sistemica e strutturale a cui rispondiamo ogni giorno con l’emancipazione e l’autodeterminazione che passano per le lotte. Non contate sul nostro silenzio ma solo sulla nostra rabbia. Rosy vive nelle nostre lotte!

Leggi anche:

#44 femminicidi nel 2013: Rosy (dell’uso politico delle vittime di violenza)

Posted in Fem/Activism, Iniziative, R-esistenze.

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#44 femminicidi nel 2013: Rosy (dell’uso politico delle vittime di violenza)

Da Abbatto i Muri:

A Palermo Rosy, a volte, è il diminuitivo di Rosalia. Non so se questo è il caso. Quello che so è che la morte di una Rosy riecheggia negli spazi di chi si nutre di orrori, dove ad un assassinio più che premeditato si aggiungono tesi preconfezionate, letture di una realtà che neppure si conosce, richieste che con lei, Rosy, così come le altre vittime dello stesso tipo, non c’entrano niente.

Giovane e con un figlio piccolo. Tante denunce, nulla che potesse fermare l’assassino, e c’è chi si illude, pensate un po’, che più galera, più Stato, più sorveglianza potessero prevenire quel delitto, come se il delitto si prevenisse chiudendo in galera un uomo per un tempo infinito per liberarlo, poi, quando sotto ipnosi si convincerà a non pensare che sia stata lei a rovinargli la vita.

E’ l’occasione ghiotta per giustizialist* che non fanno altro che esigere repressione e “certezza della pena”, la stessa gente che non ha la più pallida idea di cosa sia la reale prevenzione e di come la cultura possa incidere in simili contesti. E’ l’occasione ghiotta per le tante D’Urso, le tante Mussolini, quelle che avuta per le mani una dichiarazione della madre della vittima la accompagnano con dichiarazioni stracolme di enfasi per guadagnare audience assieme all’altrettanta ovvia, rituale, idiota fiera delle banalità sciorinate per queste occasioni.

Per prima cosa ci si incazza, e giustamente, non lo nego, con chi ti dice che devi denunciare e poi però ti lascia sola a gestirti una situazione che diventa la premessa di un femminicidio. Allora, giacché lo Stato non può dirti che una denuncia serve solo a fare inferocire di più il denunciato, giacché lo stesso Stato non può dirti che non ha strumenti preventivi o di protezione da offrirti perché logica vuole che punisci un assassinio quando ci sarà stato e non prima di quel tempo, si celebra il lamento di chi dice che c’è stata  sottovalutazione.

Per non sottovalutare la questione, le voci d’ursiane che si infiammano sull’argomento, immaginano un’Italia in cui il garantismo è carta straccia, metti in galera per vent’anni qualcuno perché t’ha picchiato o ti ha stalkerizzato, e queste cose è anche comprensibile che le pensi o le dichiari una persona che ha subìto una perdita e sta piangendo una figlia morta ammazzata, ma quel che non è comprensibile è che ci siano attorno alla questione della violenza sulle donne delle madonne addolorate che sulla faccenda costruiscono il solito repertorio di strumentali affermazioni.

Continued…

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio.

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