Da Abbatto i Muri:
Quando si parla di sex workers si dimentica che molte transessuali fanno quel mestiere e sono vittime di violenze. Sono persone perennemente ignorate come d’altronde, spesso, anche altre sex workers. Il fatto che in Italia si sia delineato un copione che parla di violenze in maniera escludente considerando le vittime in senso biologico, le femmine, meglio se madri, significa che quelle transessuali violentate, ferite, morte ammazzate per questioni di genere, vengono rimosse, fatte fuori dal conteggio delle vittime, perché su di esse non puoi infarcire storielle fatte di cliché stereotipati, la madre di famiglia uccisa da uno che non la rispetta in quanto madre, in quanto donna, in quanto che non considererebbe il lavoro di cura di cui lei si fa portatrice.
Le transessuali sex workers sono escluse dal dibattito due volte: in quanto vittime di violenza e in quanto trans. Come se il loro non fosse lavoro (di cura), come se non fossero neppure donne, come se la donnità risultasse essere artifizio connaturato in termini biologici invece che costrutto culturale di genere per quel che in effetti è. Come se non fossero più spesso migranti, costrette a vivere in clandestinità, in una dimensione personale, lavorativa, affettiva nascosta agli occhi del mondo perché in Italia è reato essere clandestine (molte tra loro finiscono dentro i Cie), stigmatizzata e criminalizzata la prostituzione e poi c’è lo stigma della colpa implicito nella transessualità.
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