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Se la violenza machista è di Stato

942429_611430688890459_70131137_nLettera aperta a Laura Boldrini e alla ministra Kyenge sul caso di Marta Camposana, militante NoTav picchiata, “toccata” e insultata da poliziotti.

di Laura Corradi, Simonetta Crisci

Alla Presidente della Camera Laura Boldrini, alla ministra per l’Integrazione Cecile Kyenge.

Ci rivolgiamo a voi come donne delle istituzioni che hanno mostrato attenzione ai temi della discriminazione, della violenza e del sessismo, e sensibilità alle questioni della giustizia. Marta Camposana è una giovane che ha accolto l’invito del movimento No Tav in Val di Susa e il 19 luglio scorso ha dato voce alla sua protesta. Dal suo racconto apprendiamo che ha subito cariche della indiscriminate e violente operate dalla Polizia contro i/le manifestanti, di notte e in mezzo ai boschi; ha respirato lacrimogeni caricati con gas venefici; è stata fermata e picchiata violentemente; e mentre due poliziotti la stavano già portando via un terzo le ha tirato una manganellata in viso rompendole il labbro (sei punti esterni e due interni). Inoltre gli agenti le hanno palpeggiato il seno e l’hanno toccata in mezzo alle gambe. L’hanno insultata e le hanno sputato addosso. “Ho avuto paura di essere stuprata – ci ha dichiarato Marta al telefono – perché gli agenti erano tanti e intorno non vedevo altre persone che potessero sentirmi”. Questo non è avvenuto, ma la paura le è rimasta addosso. Più tardi, mentre il labbro le sanguinava, l’incontro con le poliziotte – che inizialmente le hanno fatto pensare di essere al sicuro – invece è stato umiliante: una ha sputato nella sua direzione e le ha detto “Sei una puttana lo sai vero che sei una puttana, ora con quella bocca lì non la fai più la puttana”. Frasi da maschi violenti pronunciate da donne che accettano di giocare il potere dato loro dalla divisa, riproducendo linguaggi da caserma e regole non scritte di dominazione, che sono illegali e illegittime ma profondamente radicate in una cultura machista della forza e della prepotenza, che non ha visto finora tentativi istituzionali mirati allo sradicamento.

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Posted in AntiAutoritarismi, Corpi/Poteri, Fem/Activism, Iniziative, NoTav, Omicidi sociali, R-esistenze.


Con Marta, donna No Tav

martaL’appello che le Donne NoTav stanno facendo girare per raccogliere firme. Lo abbiamo condiviso. Lo ricondividiamo ancora. Firmate e fate passaparola. Grazie!

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Nella notte di venerdì 19 luglio, centinaia di uomini e donne No Tav cercano di avvicinarsi alle recinzioni che espropriano una parte della Val Susa: terra di boschi e lavande, terra che dovrebbe dare frutti, terra che uomini e donne hanno vissuto e rispettato. Terra di lotte partigiane, sentieri che hanno visto combattere, e vincere, contro i nazisti. Ma quella terra ora è deserto, ruspe che scavano e abbattono, recinti e check point, gas che avvelenano, con le popolazioni civili, i loro campi e le loro vigne.

Una terra strappata al presente in nome di un “progresso” che avvelena le vite delle donne e degli uomini, impegnato a distruggere i valori e la dignità delle comunità. Un salto indietro nella storia.

Venerdì 19 luglio uomini e donne No Tav si avvicinano nel buio per battere sulle reti e gridare: “mia nonna partigiana me l’ha insegnato, tagliare le reti non è reato”.

Qualcosa è accaduto, venerdì notte, in Val Susa. Centinaia di agenti, esercito armato e attrezzato per la guerra, hanno assalito quegli uomini e quelle donne armati di torce e limoni e bottiglie d’acqua. Hanno chiuso loro ogni via d’uscita e, novella Diaz, hanno operato una mattanza. I più giovani, come testimoniano gli anziani della valle, hanno cercato di proteggere una via d’uscita ai più deboli, consentendoli di arrampicarsi sulla montagna, fuori dai sentieri chiusi dalle “forze dell’ordine”. Hanno pagato un prezzo altissimo, 63 feriti, 2 fermati, 7 arrestati.

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#Yamamay, #Zanardo, campagne antiviolenza

Da Abbatto i Muri:

Grazie a questo post della Lipperini arrivo ad un post della Zanardo che mi lascia veramente basita. Se la prende con un post che io condivido molto, avendo scritto anch’io sulla campagna Yamamay e avendone tratto pressappoco le stesse conclusioni.

Lorella Zanardo insiste in particolare su un punto, che è poi lo stesso sul quale ci confrontammo molti mesi, oramai, fa, avendo parere totalmente opposto. Fu quando c’era da decidere se era da giudicare una gran cosa partecipare ai mega appelli di Se Non Ora Quando che andava distribuendo magliette in rosa, griffate Snoq, per diffondere il termine femminicidio, facendole indossare a testimonial di ogni tipo, incluso qualche calciatore sessista, omofobo, razzista e fascista. Si disse allora che la questione del fare diventare un #brand mediaticamente appetibile una denuncia sociale, significava svuotarla di contenuto, restituirla in pezzi alla cultura nazional/popolare, farla diventare una bella pappa proto/fascista sulla quale si potevano accomodare tutte quante, fasciste incluse, al punto che quel brand è diventato lo strumento attraverso il quale alcune politicanti hanno fatto campagna elettorale, sulla pelle delle donne uccise, e sul quale altre si sono riciclate come rispettose dei diritti umani anche se sono omofobe, fasciste, totalmente in opposizione a tutto quello che riguarda la autodeterminazione delle donne.

Quando Zanardo parla del fatto che va bene qualunque cosa pur di innalzare la consapevolezza rispetto ad un problema mi chiedo dunque di che consapevolezza stia parlando. A me interessa, per esempio, che le ragazze, le donne, le persone tutte, abbiano gli strumenti per distinguere e capire e quel che Snoq ha fatto non ha offerto strumenti ad altri che al brand stesso, utilizzando la storia del femminicidio non per le donne ma per sostenere governi, partiti, situazioni altre delle quali alle vittime di violenza non importa assolutamente niente.

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