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Il misterioso legame tra femminicidio e movimento No Tav

Da Militant-Blog:

Approfittando della calura estiva, che rende tutti un po’ più disattenti, giovedì scorso il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge – che, in quanto tale, è immediatamente attuativo, anche se dovrà essere approvato dal Parlamento entro 60 giorni – intitolato «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province». Tale decreto, il cui testo completo non è ancora stato reso noto (vedi) ma di cui è stata diffusa una sintesi, costituisce un vero e proprio «pacchetto sicurezza» che, come i suoi illustri predecessori, è stato presentato all’opinione pubblica sotto tutt’altra veste.

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Le principesse e le bambole cadute di Dina Goldstein

cenerentolaDa Incontri De-Generi:

E’ cosa nota, almeno a chi è cresciuta, e non solo anagraficamente, da un po’, che le favole rappresentano da sempre un mezzo efficace attraverso il quale trasmettere valori, forgiare desideri, costruire immaginari. Belle addormentate nel bosco in attesa di principi a svegliarle, lupi famelici in perenne agguato nelle foreste, fanciulle che fremono per la serata di gala che potrebbe essere risolutiva per la loro vita, una vita suggellata da un lieto fine immune da ogni possibile caduta. Le favole dal lieto fine  alimentano così la nostra infanzia e spesso la ingannano, orientadola alla ricerca spasmodica della felicità  di un calzino rigorosamente appaiato, di colore rosa o azzurro secondo i sessi, naturalmente.

Una vera e propria rabbia per lo stucchevole delle fiabe a lieto fine  ha ispirato la serie Fallen princesses della fotografa Dina Goldstein, che ha reinterpretato alcune celebri storie privandole della patina melensa che le rende immuni alla contaminazione con la vita reale: sogni infranti, il cancro, l’obesità, l’estinzione di culture indigene, l’inganno di un’eterna giovinezza.

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L’omofobia è oppressione: ciascun@ è liber@ se tutti sono liberi!

Da Abbatto i Muri:

Culturalmente parlando. Se dici che una donna è un po’ malata, che è patologicamente sbagliata, da aggiustare, da correggere e moralizzare, al massimo da tutelare come soggetto debole, la rendi oggetto di disegni che programmano per lei ruoli e funzioni, cambiamenti e collocazioni sociali.

Prevaricare l’autodeterminazione delle donne, qualunque sia la loro scelta, oggettivare un corpo e una persona è il modo più semplice per ritenerla una “cosa”, di proprietà, nella propria disponibilità, e dunque avere il diritto di legiferare per imporle loro una morale, una educazione precisa, una prospettiva di servizio in termini di ruoli di cura e di riproduzione.

Lo stesso vale per gay, lesbiche, trans. Se prima di vedere le persone tu vedi l’errore, se non riconosci la loro scelta se non come subordinata, collocabile, incastrabile nella tua cultura, se immagini che l’unico modo che essi hanno di r-esistere è nella patologia che tu gli assegni, affinché essi decidano, per forza di cose, se normalizzare e ridimensionare le proprie pretese e se invece non lo fanno sarà peggio per loro, quello che fai è immaginare che costoro siano oggetti prima che soggetti, offesi nella propria libertà di scelta, di quando tutelare tradizioni, convenzioni sociali, diventa più importante della stessa vita umana di chi ti sta di fronte e dice “io sono gay e voglio spazio, vita, respiro anche per me…“.

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