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Sulle politiche d’identità di genere con le loro alleanze interclassiste

Da Abbatto i Muri:

Me lo segnala Frantic e vale la pena che io lo riproponga perché dice in sintesi cose che io non saprei dire altrimenti. Ma tutto quel che è scritto vale senza dubbio anche per le politiche dell’identità di genere (le donne…) quando, per l’appunto, promuovono, alleanze interclassiste “offrendo quindi a coloro con più potere gli strumenti per silenziare i segmenti più marginalizzati all’interno di dette alleanze” – ovverosia noi precarie che non saremo mai in grado di dettare l’agenda politica che ci viene perennemente imposta dall’alto. Il tema dunque torna anche se qui è ragionato sulle identità glbtqi.

Da Contronatura:

Tesi sulle politiche dell’identità

Le politiche dell’identità sono sempre basate sull’appiattimento dell’esperienza, rendendo la critica alla società più astratta che vissuta.

Le politiche dell’identità promuovono alleanze interclassiste, offrendo quindi a coloro con più potere (e quindi un interesse nella proliferazione della società di classe) gli strumenti per silenziare i segmenti più marginalizzati all’interno di dette alleanze.

Le politiche dell’identità hanno le proprie radici nell’ideologia della vittimizzazione, e quindi celebrano e rinforzano le norme attorno a quali attività le persone possono possono partecipare. Questo si verifica rafforzando certe mitologie circa la lotta (ad esempio “solo gli uomini-cisgender-bianchi partecipano ai black bloc” oppure “le persone oppresse sono incapaci di attuare certe strategie di rivolta”).

Le politiche dell’identità sono sempre basate sulla fallacia delle comunità coerenti. Qualche francese una volta disse che “ci sono differenze etiche più grosse tra coloro all’interno delle comunità, che tra comunità.” C’è da dire che quell* intrappolat* presso certe “comunità” o confini identitari spesso hanno meno in comune tra di loro che con coloro a cui sarebbero teoricamente “opposti”. Una frocia/trans/intersex in prigione ha più aspetti in comune con il/la su@ compagn@ di cella eterosessuale e cisgender, che con qualche stronzo senatore gay, e tuttavia la mitologia della “comunità queer” serve a soffocare i nemici della società e a soggiorarli ai loro autonominati rappresentanti.

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#MichelaMurgia: “Quella non è una legge contro il femminicidio”

Michela Murgia oggi su Vanity Fair commenta il pacchetto sicurezza approvato la scorsa settimana dal consiglio dei Ministri e promosso sui media come “legge contro la violenza e il femminicidio”.

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C’è poco da cantar vittoria: il decreto legge approvato dal consiglio dei ministri non è una legge contro il femminicidio. Si tratta infatti di un pacchetto di norme dove la violenza alle donne viene genericamente affiancata a fenomeni di natura assai diversa, come la violenza negli stadi e i crimini informatici, ma anche contro situazioni tutt’altro che criminali, come le proteste civiche contro decisioni imposte dallo Stato, stile Val di Susa. Perchè dunque stupirsi se questo pacchetto contiene solo inasprimenti di pena e procedure giudiziarie di emergenza? Se si considera la violenza di genere come un imprecisato problema di sicurezza nazionale, non si può immaginare molto altro che questo. Eppure sarebbe bastato ascoltare le associazioni delle donne che da anni ripetono che il femminicidio – inteso nel suo significato ampio di pratica di morte e mortificazione di una donna in quanto tale – prima di essere un dato criminale è un fenomeno culturale. Nel decreto, così come è stato presentato, di norme per affrontarne le matrici sociali non sembrano esserne state previste. Si parla ripetutamente di nuovi poteri alle forze dell’ordine, mentre non ci sono riferimenti al potenziamento dei centri anti-violenza, primo vero argine contro il femminicidio. Non si parla di investimento nei programmi scolastici, mentre invece sarebbe fondamentale avere percorsi di istruzione appositi di educazione al genere e all’affettività, le uniche azioni che possono contribuire a cambiare la cultura del possesso sin dalle scuole elementari.

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#StigmaKills: dal Pdl chiedono provvedimenti “urgenti” per #sexworkers “riaffiorate” a Roma!

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Da Abbatto i Muri:

A Roma qualcuno invoca l’emergenza prostitute. Dice che “stanno riaffiorando” come se il sindaco che c’era prima le avesse spinte giù a forza per farle annegare (in quale zona del Tevere erano state seppellite?). Come si trattasse di immondizia che bisogna far sparire (un bell’inceneritore?). Come non si trattasse di persone.

Un piddiellino invoca “provvedimenti urgenti” da parte del sindaco di Roma e da quel che dice parrebbe che il suo problema sia di morale e di decoro. Lo chiama “abbruttimento” e dice di incontrarne dappertutto. E’ letteralmente circondato. C’è un’orda di prostitute che ha invaso la città, così come gli immigrati avrebbero invaso l’Italia. Lo stesso piglio emergenziale e le stesse richieste che si fanno per chiedere che non si lascino “riaffiorare” quegli zombies dei migranti.

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