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Accusato di stupro in quanto uomo

Quando dico che è sbagliato legittimare, in nome della difesa delle donne, logiche interventiste e soprattutto la delazione anonima, autorizzata ora con l’orribile decreto legge sul femminicidio, mi riferisco anche a situazioni come questa [altre fonti della notizia qui e qui].

Un ventenne dopo una partita di beach volley in spiaggia si scrolla di dosso la sabbia che gli è entrata fin dentro il costume. Per una tizia che passa sarebbe stato intento a toccarsi le parti intime e dunque avrebbe avuto cattive intenzioni. Lo riferisce ai carabinieri i quali lo arrestano (per tre settimane) e lui va sotto processo per violenza sessuale. Infine: la signora dice che lui si toccava ma non stava toccando lei; del fatto che fosse reo di atti osceni in luogo pubblico non c’è dimostrazione e dunque il ragazzo viene prosciolto da ogni accusa. Per arrivare a questo, però, il ragazzo ha dovuto vivere quasi un mese tra galera, giudici, interrogatori, accuse e tutto perché voleva togliersi un po’ di sabbia dalle chiappe.

A mare vado anch’io e se, come succede, mi ritrovo il costume pieno di sabbia mi capita di spostarlo, a volte perfino toglierlo, cambiarlo, mi è anche capitato di prendere il sole in spiaggia in topless o nuda, e di certo non mi metto ad osservare in modo morboso quel che altri toccano del proprio corpo. Perché la questione, per l’appunto, è andata come è andata ma anche fosse che il tizio, messo in un angolo, avesse deciso di far festa autoctona, a meno che non sei un vecchio bavoso che si tocca davanti ad una scuola frequentata da ragazzine, io non capisco che ci sia di male.

La questione della violenza sessuale non può essere trattata come un problema di morale pubblica perché lo stupro con la morale pubblica e il decoro non c’entra proprio nulla. Anzi sono proprio quelle le premesse che finiscono per criminalizzare anche me nel momento in cui la mia eventuale nudità giustificherebbe qualcuno che vuole violentarmi. C’è una grande differenza tra lotta contro la violenza sulle donne e bacchettonaggine acuta. Il moralismo non ci serve affatto. Né ci serve questa criminalizzazione di tutto quello che è maschile, incluso il fatto che un uomo non può neppure toccarsi ché altrimenti sembrerebbe già uno stupratore.

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#Padova: Il Movimento per la Vita potrà entrare nell’ospedale pubblico!

Il video è a cura del Collettivo VengoPrima che è stato ed è protagonista di una r-esistenza che in Veneto ha visto tante donne tentare di opporsi all’ingresso dei volontari del Movimento per La Vita nelle corsie degli ospedali. Da quel che leggo a proposito della convenzione stipulata tra l’associazione e la Asl padovana sembrerebbe però che il MpV sia riuscito nel suo intento.

Quel che succede a Padova ha comunque radici più lontane. Nel 2010 il neogovernatore Zaia legittimava a livello istituzionale le istanze no-choice e giusto a partire da Padova ricordiamo una assemblea di donne  e una manifestazione a Venezia per difendere autodeterminazione e diritti acquisiti.

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Stupri in Salento: ripristino della morale e contenimento della sessualità!

Una volta lo stupro era un reato contro la morale. Poi divenne reato contro la persona. In termini culturali questo è un passaggio non da poco che evidentemente, però, non è stato ancora recepito in senso culturale.

Leggo che nel Salento, a seguito di un tot di stupri, il Prefetto ha posto il divieto su alcolici ed happy hour. Un procuratore aggiunto parla di violenza sessuale come sintomo di “disfacimento di costumi”. La soluzione dunque starebbe nel riportare ordine (pubblico) in quella zona ed esigere un ripristino della morale in senso tradizionale.

Quando un tutore viene chiamato a occuparsi del diritto all’autodeterminazione delle donne, inclusa quella sessuale, non sa fare altro che stabilire norme che ne moralizzano e stigmatizzano il comportamento. Solitamente si dice che sono loro quelle dai costumi disfatti, discinti, con troppa carne esposta, fuori a fare cose improprie durante ore in cui le femmine dovrebbero stare già a cuccia. Stavolta si parla di “disfacimento dei costumi” in senso ampio. Anzi si dice che i litri d’alcool libererebbero i freni inibitori e che lo stupratore che è in te alla fine si fa vivo.

Il punto chiave della faccenda però è che qualunque situazione è pensata a seguito di ipotetico “allarme stupri” con relativa emergenzialità che legittima la repressione. Mi chiedo dunque se tolto di mezzo l’alcool il problema è risolto perché mi pare che di immaginare soluzioni culturali con sensibilizzazioni sulle questioni di genere non ci sia proprio voglia.

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