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#Roma: “Subiamo maltrattamenti dal Governo!” (cronaca di un presidio non autorizzato)

foto 1 copia 5Da Abbatto i Muri:

Vi ricordate della legge sul femminicidio? E’ stata utilissima per le parti che riguardano la repressione del dissenso, la militarizzazione dei cantieri della Tav, il furto del rame e chissà che altro. Invece per quel che riguarda la violenza sulle donne la legge non ha sortito alcun cambiamento. Legge interventista, paternalista e sovradeterminante, che già dai primi vagiti rimandava all’esclusione delle donne che si occupano di violenza non tenendo conto della loro esperienza né per la composizione della legge e neppure per quel che riguarda l’attuazione di un piano preventivo che non è mai arrivato. Poi c’erano quei fondi ereditati di governo in governo dei quali i centri non credo abbiano visto mai un euro, e allora si era detto che forse, almeno quella cosa lì, avrebbero potuto definirla. Invece ai centri pare spetti l’elemosina al punto che qualcun@ ha scritto che rimanderà indietro l’obolo senza batter ciglio. Dunque i centri del coordinamento D.i.re hanno battuto i pugni sul tavolo, hanno comunicato quel che dovevano comunicare, hanno chiesto lumi circa i criteri di distribuzione dei fondi e poi hanno indetto un presidio e una conferenza stampa per il 10 luglio a Roma.

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L’antiviolenza ministeriale in video: “Non aprite quella porta!”

metamorfosi

Da Abbatto i Muri:

Breve analisi della comunicazione contenuta nel video “Metamorfosi. Non mi devi chiamare amore“: è una colossale cagata!

Il cortometraggio è stato presentato dal ministero Angelino Alfano e dalla consigliera sulle problematiche legate al femminicidio Isabella Rauti in occasione del summit informale dei ministri dell’Interno europei.

Data la fonte non mi sorprende per niente. Produco un commento, il più possibile, pacato:

– il video si apre con la voce di un uomo, il paternalista, il soccorritore, il salvatore, che invita la donna, soggetto debole, con immancabile livido all’occhio e aria da sconfitta, a denunciare.

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Diritto e dovere, obiezione e aborto

Su InGenere ci sono tre interventi che parlano di aborto e obiezione di coscienza. Il primo è quello che ricopio sotto e poi c’è quello di Maria (Milli) Virgilio e l’intervento di Federica Grandi. Buona lettura!

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Vale più il diritto all’obiezione o quello alla salute? Quando si decide di lavorare per lo stato, prevale il diritto individuale o il dovere di fedeltà alla Repubblica? Queste sono solo alcune delle domande a cui cerca di dare risposta la giurista Federica Grandi nel libro “Doveri costituzionali e obiezione di coscienza”. L’autrice analizza la contraddizione creatasi tra la legge 194 e uno dei suoi articoli, il 9, che prevede l’obiezione di coscienza

di Angela Balzano

In questi ultimi anni il problema dello statuto giuridico dell’obiezione di coscienza è diventato d’interesse pubblico. Valicando i confini degli archivi e dei tribunali è divenuto oggetto di intensi dibattiti e confronti serrati.

Oggi l’epressione “obiezione di coscienza” fa subito pensare alla Legge 194/1978 e alla scandalosa percentuale di obiettori che ne vanifica l’applicazione, non garantendo l’accesso alle tecniche di interruzione volontaria di gravidanza (oltre il 70% la media nazionale, con picchi oltre 80% in molte regioni).

Bioeticisti, magistrati, medici, collettivi di donne e femministe, europarlamentari e presidenti di singole regioni, associazioni di professionisti e di pazienti hanno, con la loro attività e il loro impegno, contribuito a diffondere maggiore coscienza del fenomeno. E così, è diventata parte del nostro sapere comune la consapevolezza che tale drammatica situazione è causata dalla stessa L.194, la quale tutela all’art. 9 la possibilità per il personale sanitario, previa comunicazione al medico provinciale, di avvalersi dell’obiezione di coscienza in materia d’interruzione di gravidanza.

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