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Il #Pd ha votato il #DlFemminicidio. Vergogna!

Ed è un titolo che replica al commento fatto da un parlamentare del Pd che così ha apostrofato quelli dell’M5S per non aver votato una legge, a suo dire, sul femminicidio. Repubblica mostra il suo parterre di commenti di regime che annunciano la fine della violenza sulle donne, la messa in sicurezza di tutte e la viceministra Guerra tira fuori la questione dei 10 milioni trovati per chiudere la bocca ai centri antiviolenza di modo che nessuno più avrebbe ragione di parlare.

Quell’intruglio atroce che mette assieme norme securitarie e repressive, autoritarismi e mancato rispetto per l’autodeterminazione delle donne (a proposito della irrevocabilità della querela), che mischia violenza di genere a norme sulle province, a repressione per i “ladri di rame”, a finanziamenti per le polizie, a assegnazione compiti di militarizzazione dei cantieri (tipo Tav) all’esercito, è passato alla Camera con il voto di Pd, Pdl, Lista Civica. SeL non ha votato. Astenuti M5S e Lega, sicuramente per motivi molto diversi.

Non è bastata la protesta delle donne, delle stesse vittime di violenza, delle femministe, intente ancora adesso a raccogliere firme per dire che tutto questo è stato fatto non in nostro nome. Del lavoro di giuriste e avvocate e parlamentari che hanno tentato di  mediare, quanto più possibile, per riparare almeno alle parti più terribili. Non è bastato che gli stessi Centri Antiviolenza avessero espresso moltissime perplessità, un po’ in ritardo e in maniera non decisamente unanime, mentre c’era un pezzo grosso del Pd e le donne che fanno capo a Snoq, perfettamente affini alla linea della consulente Rauti sulle linee di contrasto alla violenza di genere presso il ministero dell’interno, del ministro Alfano e della ministra Cancellieri, separate da Snoq Factory che all’audizione si era detta contraria per una serie di ottimi motivi.

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Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, R-esistenze.


Under the dome of facebook (sotto la cupola di faccialibro)

Psicodrammi su facebook. Lei e lei. Una fa un commento politico su una vicenda, l’altra pronuncia una frase tipo “ahah, t’ho beccata, allora stai dalla loro parte” e ti toglie “l’amicizia”.

Togliere l’amicizia su facebook è diventato l’atto politico più forte di questa epoca. Una volta si facevano le grandi e belle manifestazioni, pro, contro, boh. Ora si toglie l’amicizia. Dopodiché, per completare il cerchio, si rivendica perfino l’azione politica e si scrive uno status criptico al cui contenuto si pensa anche per discreto tempo.

Non sopporto quelle che dicono A e poi fanno B!” e tu dovresti anche capire. Seguono solitamente commenti tipo: “?” o “uh?” ed ella risponde “chi sa… capisce…“. Ma capisce che? Tre quarti dell’umanità, per non dire TUTTI, dicono A e poi fanno B.

Tipo: sai, non vesto mai con i colori scuri. Il giorno dopo la vedi con un cappottone nero. O: sai, non farei mai una cosa del genere… e il giorno dopo gliela vedi puntualmente fare. Dopodiché, non è per infierire, ma se hai tolto l’amicizia della persona che dovrebbe “capire” come fa a leggerti?

E qui avvengono le operazioni strategiche degne di Macchiavelli. Cambi l’opzione privacy della bacheca per consentire all’altra di leggere quello che dici, perché si sa che il toglimento d’amicizia ti scatena quel non so che dentro che  ti fa diventare peggio che una stalker. M’hai tolto l’amicizia? E allora, anche se prima t’avevo lì a disposizione e manco ti cagavo, perché si sa che le “cose” è bene avercele in dispensa giusto per accorgerti che esistono quando mancano, da quel momento in poi mi sento privata della possibilità di accesso ai tuoi reconditi pensieri.

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#Milano: manifesti sessisti, tribunali inquisitori e autodeterminazione!

relishmerde

[Era la pubblicità di un marchio di capi di abbigliamento, doverosamente sovvertita da un collettivo femminista]

da Abbatto i Muri:

Tribunali dell’inquisizione. Quelli in cui qualcun@ decide cosa sia indecente e offensivo per le donne e cosa no. Parlo di apposite commissioni elette nei vari comuni e tra questa quella meno libertaria di tutte che è a Milano.

Bisogna avere davvero tanta stima di se’ per poter pensare di essere in grado di decidere per il bene di tutte, interpretare le immagini in nome di tutte e addirittura stabilire cosa potrebbe offenderci oppure no.

Cosa è indecente? Cosa è offensivo per le donne? Da quando io ho bisogno di un tribunale dell’inquisizione e della congrega delle madri superiore per essere protetta da un manifesto?

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Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, R-esistenze.