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Il sesso come lavoro ed il lavoro sessuale, di Laura Agustìn

institute-of-oral-loveDa Incroci De-Generi, traduzione di LaPantaFika:

Laura Agustìn è antropologa, autrice di  Sex at the margins – migration, labour markets and the rescue industry. Il suo lavoro  ha sollevato un acceso dibattito mettendo in discussione la narrazione dominante che vuole le sex workers migranti tutte indistintamente vittime di una cosiddetta tratta degli esseri umani, dunque soggetti passivi che spetterebbe alle istituzioni salvare. Agustìn, contestando e demisitificando il mito della tratta, ha così  analizzato quella che lei stessa ha definito the rescue industry, ovvero l’industria del salvataggio rappresentata da enti, organizzazioni, associazioni, ma anche singoli che traggono vantaggi e profitti proprio dalla missione salvifica di cui si sono auto-investiti, sovrapponendosi alle sex workers stesse e sovradeterminandole. Per approfondire il lavoro di Laura Agustìn, The Naked Anthropologist è il suo blog.

A seguire, la traduzione di un articolo pubblicato su Jacobin Magazine. Una variante di questo lavoro è stata pubblicata da The Commoner, n. 15, a cura di Silvia Federici

IL SESSO COME LAVORO ED IL LAVORO SESSUALE, di Laura Agustìn

Un colonnello dell’esercito sta per iniziare le istruzioni mattutine al suo staff. Mentre aspetta che gli venga preparato il caffè, il colonnello afferma di non aver dormito molto la notte precedente perchè sua moglie è stata un po’ irrequieta. Domanda ad ognuno: quanto del sesso è “lavoro” e quanto è “piacere”? Un maggiore vota 75-25%. Un capitano dice 50-50%. Un luogotenente risponde con un 25-75% a favore del piacere, sulla base di quanto ha dovuto bere. Non essendoci accordo, il colonnello si rivolge al soldato semplice incaricato di fare il caffè. Cosa pensa? senza esitare, il giovane soldato risponde: “Signore, deve essere il 100% di piacere”. Il colonnello meravigliato chiede perchè. “Be’, signore, se ci fosse stato del lavoro compreso,  gli ufficiali me l’avrebbero fatto fare”.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, otro mundo, R-esistenze, Scritti critici, Sex work.


Il manipolatore

Da Abbatto i Muri:

Sei un’idiota!” – mi dice a conclusione di una discussione in cui a lui piaceva farmi passare per matta.

Avete presente uno che tu dici le cose e ti risponde con una falsa quiete “secondo me bisognerebbe ti calmassi… sei un po’ sovraeccitata… forse dovresti calibrare la dose di parole… tirarle fuori tutte in fila“.

L’attimo dopo quel che ti riesce bene fare è un urlo.

E dunque lui ti guarda con tanta compassione come fossi un mollusco di cui avere pietà e ti riduce a quella che ha bisogno quantomeno di un buon Tso.

Quel che stavo dicendo è che lui non ascolta, non sente, empatia zero. E’ talmente concentrato su se stesso, supponente, presuntuoso, con l’idea fissa che io debba essere aggiustata – per il mio bene, ovvio – che diventa complicato anche solo dirgli vaffanculo.

Davvero non sapete com’è uno che vuole convincerti che sà tutto lui, ché lui solo pensa di sapere cosa sia bene per te, e che ti manipola girando e rigirando i discorsi affinché sia piegata la tua psiche? E’ autoritarismo puro. E’ violenza psicologica di quella che non te la scordi. E individuarla non è semplice. Ci vuole tempo. Bisogna capirla bene. Bisogna soprattutto essere preparate a intercettarla e a non cadere nei tranelli che lui prepara per te.

E’ tutto pre-determinato. Tipico di chi tesse una tela attorno a una persona che non potrà uscirne proprio mai più. A meno che tu non capisca e non interrompa subito. A meno che tu non colga come la morsa che vuole stritolarti, possederti o distruggerti, ciclicamente attenti alla tua libertà seguendo prassi ben precise.

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Sputiamo sul femminismo borghese e autoritario!

UntitledDa Abbatto i Muri:

L’indole autoritaria di un certo femminismo sta stretta a tante persone libertarie. E’ il femminismo tutto galera e tutori per risolvere i problemi delle donne. Quello che legittima neoliberismi e repressione e perciò coadiuva il finanziamento dell’industria del salvataggio che si traduce in polizie schierate nelle piazze contro chi manifesta. Quello che sollecita un nuovo patriarcato (buono) e un cavalierato che dovrebbe sostituire l’uomo cattivo. E’ quello che evoca la censura per “sparare” (virtualmente) in bocca alle donne che non recitano lo stesso verbo. E stabilisce cosa dovrai leggere e cosa no, con tanto di lista nera di autori/autrici, libri e blog che giammai dovranno essere letti pena la gogna e l’infamia eterna. E’ quello che dice anche cosa dovrà essere pubblicato e cosa no.

E’ il femminismo che alla consapevolezza collettiva preferisce l’indottrinamento, spalla a spalla con governi paternalisti che ti impongono come far coincidere il sesso con l’amore, cosa considerare violenza e cosa no, come relazionarti con l’altro sesso o quale genere indossare la mattina per essere accettata dalla società.

Il loro modo di intendere l’autodeterminazione coincide unicamente con la loro idea di Bene e dunque tutte dovremmo somigliarci, essere identiche, pensare, respirare alla stessa maniera. E’, ancora, il femminismo che ama presentare le donne sempre e solo come vittime, senza considerare la nostra forza, esperienza, le nostre singole rivendicazioni. Cancellano le mille voci differenti e le mischiano in un unico e grande lamento rappresentato istituzionalmente da quelle aree politiche che oggi meglio di altre tendono a autorappresentarsi come contenitori di alti valori morali.

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