I linciaggi virtuali cominciano così. C’è chi innesca l’ordigno, e chi contrabbanda livore incontrollato e aggressività per legittime critiche e dissenso.
Metti la foto, offri la ricostruzione di quello che questa bruttissima persona avrebbe fatto, manca che accanto alla foto metti la scritta wanted o che ci sia anche un numero di telefono e via e numero civico presso cui trovarl@, o un indirizzo mail affinché gli insulti possano arrivarle direttamente a domicilio, ed ecco che ci troviamo nelle atmosfere inquisitorie modello web 2.0 anno 2014.
Lo fanno anche sedicenti compagn*. C’è gente che ha foga di “smascherare“, in violazione della mia privacy, anche me con quella modalità da identificazione e schedatura usata da chi poi si dice antifascista. Con le foto si mettono in fila le persone da piazzare in uno speciale libro nero. Generalmente è quella che si definisce opposizione. Coloro i/le quali non la pensano come te.
Una brutta cosa, oggettivamente.
E brutta è l’idea lanciata sul blog di Grillo che ahimè ricalca un metodo che ho visto, appunto, usato anche da presunto compagn*, da donne, uomini, madri, padri, gente di destra e di sinistra. Metti la foto, piazzi lì nome e cognome e si dà il via al dileggio, lo sfottò, l’insulto, il linciaggio.
Io vedo un post con una foto segnaletica di una giornalista e a seguire un botto di commenti, alcuni dei quali non propriamente eleganti (che tuttavia nella pagina di Grillo non trovo più e forse saranno stati cancellati). Al solito se la fotografia è di una donna non mancano, da parte di uomini e donne, valutazioni estetico/fisiche o attribuzioni di competenze professionali (per così dire) che ad un uomo non verrebbero mai riconosciute.