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Tutta la vita davanti (?)

http://www.youtube.com/watch?v=_2Mi7Dl5Yt0

Tutta la vita davanti è un film uscito nel 2008, ispirato al libro di Michela Murgia Il mondo deve sapere, che io mi sono vista per la prima volta questa sera. Me lo sono vista io, insieme ad un altro futuro precario, ed è stata un’esperienza travolgente.

E’ la storia di una ragazza laureata con centodieci e lode in Filosofia a Roma, fuorisede palermitana che finisce per lavorare come telefonista in uno di quei posti dove si cerca di truffare la gente, vendendo quegli elettrodomestici che sono uno, ma si dice che possano svolgere le funzioni di quattordici. Non è vero niente, ovviamente, un elettrodomestico può svolgere una funzione, la sua, e chi dice il contrario dice una stronzata.

La cosa che mi ha colpito è che io ho rischiato di lavorare in un’azienda come telefonista, esattamente come la protagonista del film, addetta a vendere un oggetto ugualmente improbabile e truffaldino come quello che doveva tentare di vendere lei.

La cosa innovativa del film di Virzì è che mostra il lavoro precario del ventunesimo secolo da un altro punto di vista: quello della logica aziendale che adotta la filosofia dell’ottimismo per mettertelo in quel posto e poterti spremere non solo la forza fisica e mentale, ma anche la vita e la tua autostima.

Sei considerata una perdente se sei arrabbiata, triste, o semplicemente non ti va di sorridere. Una filosofia che proviene dagli USA (magari condita con un po’ di sano buddhismo tamarro dei giorni nostri) e che abbiamo felicemente importato.

Nel frattempo loro si approfittano di te, guadagnano chilate di soldi sul tuo culo sfondato, e tu devi continuare a stare zitta, sorridere, cantare, e ballare.

Nel film, un bravissimo Valerio Mastandrea ricopre il ruolo del sindacalista che prova a far capire alle assolutamente non politicizzate e lasciate a se stesse telefoniste romane (romane della periferia estrema, però!) che sono sfruttate.

Il ruolo del super mega capo direttore è invece interpretato da Massimo Ghini, che fa capire all* spettatore/spettatrice che il padrone del ventunesimo secolo, per poterci lucrare meglio sulla forza lavoro altrui, deve farsi dare del tu dai propri dipendenti e confondere la vita privata con la vita pubblica (cosa che tra l’altro mette in luce benissimo chi parla di femminilizzazione del lavoro).

Se prima infatti c’era il padrone, ora c’è il manager, e il manager non ti comanda, ti gestisce (to manage=gestire), e da gestirti a dire che “in fondo siamo buoni amici”, non ci passa poi molto.

Ciliegina sulla torta, Tutta la vita davanti parla di donne, donne che lavorano, che vengono licenziate, donne che si ammazzano perché lo perdono, il lavoro, donne madri, donne che si amano, donne che sono anche figlie, donne che finiscono per prostituirsi perché il lavoro non lo trovano, e donne che a venticinque anni campano come possono, certe di avere tutta la vita davanti.

Forse.

——> Attenzione! Se non avete ancora visto il film, non leggete i commenti, perché si svela troppo sul film e sul finale in genere.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, Vedere.


10 Responses

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  1. ollyclito says

    Hai ragionissima Alfonso, ci sono anche gli uomini che vengono sfruttati.

  2. alfonso says

    Credevo che le scene fossero esagerate, una parodia della realtà. Credevo che il sindacalista che cerca di fare del bene, ma fa solo danni, i balletti e i canti fatti dai dipendenti, gli sms con scritto “NON SEI UNA PERSONA QUALUNQUE, PERCHE’ NON FAI UN LAVORO QUALUNQUE”, per gasarli e farli credere di fare un lavoro importante fossero irreali. Invece mi hanno detto che le aziende usano veramente questi metodi per i disgraziati centralinisti…no, scusate, si dice “operatori di call center. Una mia amica ha precisato orgogliosamente che lavorava come call center, ma inbound, mica outbound! Tradotto significa che riceveva le telefonate di lamentela dai clienti incazzati, mentre gli outbound fanno le telefonate per procacciare nuovi clienti. Ti convincono di fare una professione bellissima, come un soldato che crede di essere un eroe e va felice ad immolarsi per la patria!
    Comunque nel film non ci sono solo le donne sfruttate, ma anche gli uomini, che hanno il compito di andare a vendere di persona il prodotto alle persone contattate dalle centraliniste (scusate di nuovo, operatrici di call center outbound!). Uno di questi uomini ad un certo punto arriva ultimo dei colleghi nelle vendite mensili e deve pagare pegno, farsi scrivere “sfigato” in fronte con pennarello indelebile. A quel punto l’uomo capisce che l’azienda prende per il culo i suoi dipendenti, fugge inseguito dai colleghi che lo prendono in giro e si schianta contro un camion.

  3. Natla says

    Ah ok, ho capito. Si, il lavoro impostato così è schiavitù e oggi ci sono i mezzi per lavorare da casa (o fuori casa), per lavorare meno e solo per l’essenziale. Anche se dalla schiavitù del lavoro non ci si libererà mai perchè pure in un mondo perfetto ci saranno sempre incombenze che a nessuno farà piacere svolgere, o troppo specialistiche per poterle condividere con chiunque (assistenti personali, necrofori, chirurghi, ecc…).
    Quindi un minimo di “lavoro obbligatorio” esisterà e in qualche modo dovrà essere adeguatamente retribuito e tutelato.
    In realtà c’eravamo già arrivati. Avevamo i contratti nazionali, bastava capirne l’importanza, tenerceli cari, difenderli e migliorarli. Invece ce li siamo fatti fregare: è bastato stare a guardare mentre li svuotavano di significato dall’interno, senza abolirli.
    Proprio come si sta facendo con ogni altro diritto conquistato in questo paese.

  4. Elena says

    Ci sono lavori e lavori. Io non penso che il lavoro debba essere schiavitù ma un modo di realizzare se stessi, mettendo a frutto le proprie competenze e conoscenze. Fare la casalinga è una delle cose peggiori che una donna possa fare a se stessa. Detto questo fare la precaria, soprattutto in quegli immondi posti chiamati call center dove sei una truffatrice (o un truffatore) e basta è una cosa ignobile.
    Da anni sto portando avanti una battaglia contro le agenzie per il lavoro e queste attività del menga che stanno fregando la gente, donne soprattutto ma non solo, e il film di Virzì, anche se con difetti e limiti, ha portato non poca acqua al mulino di chi come me fa queste cose. Ho sentito una stronza di un’agenzia per il lavoro dirmi, testuale: “Da quando è uscito quel film non avete più voglia di andare a lavorare in un call center, siete diventati tutti pelandroni”. Grazie Paolo, comunque.

  5. ollyclito says

    Ohibò, Claudio, io sono d’accordo con te. Ma il film m’è piaciuto lo stesso :=D

  6. Claudio says

    Sì, questo è vero, ma credo ci sia nella questione il vecchio equivoco sul lavoro visto come qualcosa di buono. Mentre il lavoro è schiavitù, nient’altro.
    Come non sceglie di fare la escort, non sceglie, non scegliamo, di lavorare. In regime di gerarchia e proprietà privata, non abbiamo scelta: veniamo sfruttati. Sia che usiamo la fica od il cazzo o le mani o le gambe od il cervello, è sempre il nostro corpo, siamo sempre noi (poiché “noi siamo corpo e nient’altro che corpo”), a subire la sottomissione del lavoro da parte della classe dominante.
    Ecco il perché della mia critica (tenue, peraltro) a quell’aspetto del film: è certamente vergognoso che una persona sia costretta a fare la escort senza coscienza ed autodeterminazione; ma non è altrettanto vergognoso che una persona sia costretta, per sopravvivere, a fare la telefonista, l’impiegata, l’operaia, ma anche la professoressa, la dirigente, l’avvocato? Insomma, a faticare per una paga che le consenta di avere cibo e riparo? E credo che coscienza della decisione ed autodeterminazione difettino anche in quelle scelte. Invece il film sembra dire: “Sarebbe bello che una ragazza potesse fare un altro bel lavoro invece che la mignotta”. Mentre il lavoro fa schifo in quanto tale ed è sempre prostituzione priva di dignità a cui siamo tutti sottoposti, facenti parte di questo sistema socio-politico-culturale.
    Insomma la mia è una posizione radicale contro il concetto stesso di lavoro (affine alle idee di, che so, Alexandre Jacob o Silvano Agosti, tanto per citare due grandi antiproduttivisti), poiché secondo me il lavoro esclude la libertà. E dunque non c’è mai libertà nel lavoro, qualsiasi sia la scelta del lavoro.
    D’altronde se la scritta “Il lavoro rende liberi” campeggiava sui lager, un motivo ci sarà.

  7. olly says

    Claudio, non so. A me è parso che la critica non fosse alle escort, ma al fatto che non avessero coscienza della loro decisione, perchè ne erano costrette, ossia, era una scelta non autodeterminata, era una scelta obbligata, ecco.

  8. Natla says

    Parla anche del ruolo dei sindacalisti che si riempono la bocca dei fasti del passato ma non sono stati in grado di impedire che si arrivasse a questo.
    La solitudine di queste ragazze è totale proprio perché chi dovrebbe aiutarle non ha fatto nulla prima, agisce da inetto durante, e le abbandona dopo.
    Mastrandrea agisce da maschilista (che blatera “di dignità” alle ragazze e intanto tradisce la moglie con l’amante e l’amante con l’amica più gnocca) e da inetto.
    Il risultato infatti è che l’azienda chiude e le precarie finiscono in mezzo a una strada, perché nessuno è stato capace di tessere per loro una rete di ammortizzatori sociali, prima di smantellare la gabbia sospesa nel vuoto in cui erano rinchiuse…
    Solo le due protagoniste, la bambina e l’anziana truffata riescono a comportarsi da sorelle.

    Claudio lei non ha “scelto” di fare la escort. Finisce a fare la escort perchè non ha scelta.
    E’ un po’ diverso…

  9. Claudio says

    Quello che però non mi è piaciuto del film (benché sia abbastanza contrario alle critiche ideologiche dei prodotti artistici) è che fa vedere la scelta di fare la escort come una deriva degradante, una cosa sporca, un’umiliazione, e questa è un’ottica quantomai maschilistico-patriarcale,

  10. Margherita says

    E’ vero, è un film bellissimo! E in molte ditte dove si fa telemarketing è proprio così (o quasi). Il personaggio più bello però per me resta sempre quello interpretato dalla Ferilli…