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8 marzo a Pisa: (s)mascherando chi ci opprime

Ieri è stata una bellissima giornata, se non avessi forato la ruota della bici sarebbe stata proprio perfetta! A Pisa non faceva caldo ma il sole, in questa città piovosa, è stato proprio gradito.

È stato faticoso costruire questo 8 marzo così articolato e pieno di contenuti, ma ne è valsa decisamente la pena. Confrontarci, discutere, agire tra tante e tanti così differenti tra loro è stato un bel momento anche per rimettere in discussione se stess* e per scoprire nuove cattive compagnie.

Insomma bilancio positivo, ho visto tante persone soddisfatte e tanta voglia di lottare, con le nostre pratiche e le nostre parole d’ordine, pront* a dare voce ai nostri desideri!

Ecco un report di questa giornata di lotta:

L’8 marzo a Pisa ha disseminato nelle sue piazze tante idee, rivendicazioni, proposte che speriamo siano state in grado di risvegliare la consapevolezza della necessità di continuare a lottare, unit*. Il corteo del 13 febbraio, che ha visto sfilare per le vie cittadine quasi diecimila persone, aveva saputo distinguersi tra le piazze del resto del paese per la sua capacità di trovare dei punti in comune che evidenziassero che le lotte portate in campo, dalle donne, dalle/dai sex workers, dai/dalle migranti, dagli studenti, dalle studentesse dai ricercator* precar*, dai/dalle lavoratori/trici, devono essere lotte trasversali, allargate, includenti e partecipate.

Nelle molte manifestazioni, cortei e movimenti che hanno attraversato e risvegliato questa città non era mai successo che il tema agglutinante fossero proprio le questioni di genere e la critica al sistema patriarcale, il quale si intreccia all’economia capitalista, attraverso il meccanismo della divisione sessuale del lavoro e la mercificazione dei corpi funzionale all’economia di mercato, e al sistema di neo-colonialismo, con lo sfruttamento del lavoro dei/delle migranti, privati/e di diritti e vessati/e dalle violenze di uno stato razzista e sessista.

E sono veramente tante le lotte da fare; iniziare a farle includendo nell’interpretazione della realtà e nelle rivendicazioni messe in campo una riflessione che sappia anche andare “dalla cintura in giù” (cit.), ossia che sappia cogliere la dimensione di genere delle relazioni individuali e politiche, aggiungerebbe quell’elemento di riflessione che non è un semplice valore aggiunto, ma un’analisi su un pilastro fondamentale su cui è costruita la nostra società e le relazioni di potere che la determinano. Il percorso cominciato il 13 febbraio ha coinvolto anche la giornata dell’8 marzo. Il comitato di donne (e uomini) raccoglie anime molto diverse dell’associazionismo e della politica di questa città. Nell’ottica di collaborare trovando punti comuni nel rispetto delle reciproche differenze quella che è stata realizzata è indubbiamente una giornata molto densa e ricca di contenuti e idee, anche per avviare un percorso di riflessione e di lotta guardando al futuro.

La conclusione della giornata, organizzata dai gruppi che hanno partecipato allo spezzone critico degli ombrelli rossi del 13 febbraio, ha avuto inizio in piazza delle vettovaglie con un flash mob all’insegna del “Noi vogliamo tutto”. Sparpagliate tra le molte persone presenti in piazza, voci libere hanno gridato i loro desideri: “Io voglio un mondo in cui se lascio un uomo non vengo presa a coltellate”, “Io voglio un mondo in cui ai colloqui di lavoro non mi chiedano se voglio far figli prima di assumermi”, “Io voglio un mondo in cui le bambine non vengano vestite di rosa e i bambini di azzurro”, “Io voglio un mondo in cui non ci siano donne perbene e donne permale”. Desideri di libertà, resistenza e autodeterminazione messi in maschera nel clima festoso della street parade che da piazza delle vettovaglie ha attraversato le vie del centro fino a raggiungere piazza Garibaldi, l’ultima piazza “disseminata” da questo 8 marzo.

Tanti e tante hanno aderito all’appello della Street, accompagnata e animata dai Sambalordi, marching band di percussioni afro-brasiliane, e si sono (s)mascherati da chi ci opprime, quotidianamente, cogliendo lo spirito del carnevale e creando un mondo alla rovescia tra preti che regalano preservativi (e pure di marca), medici che obiettano gli obiettori, donne incinte che decidono sul proprio corpo, datori di lavoro che regalano contratti a tempo indeterminato. Riconoscere chi e cosa ci opprime e portarlo in piazza è condividere i propri bisogni, le proprie paure, le violenze che subiamo per mettere così in rete le nostre lotte.

da Aut Aut Pisa

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