di Stefania Cantatore
A volte tornano ad uccidere, a volte tornano per uccidere.
Luigi Faccetti è tornato per uccidere Emiliana
Uomini che uccidono donne e sono liberi, uomini liberi dopo aver tentato di uccidere le vittime, mai sottoposti ad alcuna forma di vigilanza.
In questo paese è così: il medico che stupra torna a fare il medico, il violento torna a fare il violento, l’assassino torna a finire il lavoro.
Perché? Tutte ci diamo risposte, e tutte sono vere. Ma ce n’è una verità, che dura da millenni, lo Stato non sa essere uguale sul diritto alla vita delle donne “di”: le “sue” donne.
Le donne in questo paese, per lessico corrente e politicamente confermato, sarebbero di proprietà, nella disponibilità di chi le possiede, le trasporta, le consegna ed infine le difende dalle “grinfie del nemico”, quello di fuori, non quello uguale per consacrazione etnica, che non è considerato nemico “perché legittimo signore”.
Lo diciamo da tanto che finchè lo Stato minimizzerà la propria responsabilità di incuria e tolleranza verso i gesti assassini “dell’amore criminale”, non cambierà mai la disuguaglianza tra donne e uomini.
Tante virgolette, per dire che non è amore quello che uccide, per dire che la difesa non c’è né in famiglia né fuori, nè sui posti di lavoro.
La certezza della pena, tanto auspicata per altri reati non è mai nominata per il femminicidio quotidiano.
Confondere la pietà per l’assenza della tutela dei diritti in carcere con le scarcerazioni facili e le mancate riabilitazioni, su questi reati, è una forma di connivenza insopportabile. Da Izzo fino a Luigi Faccetti, che ha ucciso la “sua” Eliana Femiano, le mani assassine sono armate dall’infingardia di un sistema di pene irrilevanti per gli assassini di donne.
Le vittime che non costano: questo sono le donne. Costano meno del valore di qualsiasi refurtiva.
Noi pensiamo che Ali Agca abbia ben capito che la vita del Papa vale qualcosa, per il paese nel quale ha tentato di ucciderlo, per ciò che ha sentito, per ciò che ha scontato. Alì si trovò davanti un uomo e la forza del consenso che sentiva sul suo gesto, non deve essere stata molto differente dalla forza di quel consenso bimillenario che ha fatto abbattere ben trenta volte il coltello nel corpo di Emiliana. Gesti umanamente simili, conducono a destini diversi gli esecutori, per via dell’identità sessuale della vittima. Per via dell’irrisorio valore dato alla vita di una donna, che simbolicamente è meno persona, non solo di un Papa
Scarcerati, denunciati, non allontanati, condannati senza pagare neanche la pena che sconta un ladro di polli.
Lo Stato è simbolicamente orgoglioso di un arresto di mafia. Lo stato è simbolicamente appena burbero con gli assassini Italiani di donne. Forse per i patti tra gli stati, ognuno ha la sua forma di lapidazione.
Sia delle lapidate che delle uccise all’Italiana non abbiamo statistiche certe. Anche questo è simbolico.
Se le donne di Terracina ci sentono accendano una fiaccola per noi, che dagli Spalti del Maschio Angioino (Napoli) saremo a denunciare il 25 Novembre alle 16 l’istigazione e l’offesa nelle parole dei potenti. I potenti le cui parole irrobustiscono le braccia dei proprietari della vita delle donne.
Saremo lì anche per Emiliana
Stefania Cantatore
Napoli, 23/11/10