Non so se ve ne siete accorti ma in questo governo non c’e’ il ministero della sanità. Che significa? Che lo hanno accorpato al Welfare e che la sanità diventa di competenza delle singole regioni, proseguendo per la linea di applicazione del federalismo.
La questione parte da lontano, con la realizzazione delle aziende sanitarie e finisce con lo smantellamento quasi totale del servizio sanitario nazionale – grazie ad un passaggio dell’ultima legge finanziaria (votata dal centrosinistra) – e la sempre maggiore spinta al sistema delle assicurazioni private (per cui avrai il servizio che potrai permetterti di pagare). In termini economici questo significa più sprechi, più corruzione (e lo vedete dalle tante inchieste proprio legate alla sanità in sicilia, in calabria, in campania, nel lazio), vuol dire che il cittadino siciliano avrà una sanità che è pari alle possibilità economiche di quella regione o alle proprie personali "conoscenze" e capacità finanziarie di ciascun individuo. In termini pratici significa che ogni regione potrà avere voce in capitolo su temi delicati come, per esempio, la legge 194 (sull’interruzione volontaria di gravidanza).
Non è un caso se la lombardia sta procedendo in una direzione, immediatamente seguita dalla sicilia, chiaramente antiabortista, il veneto sta considerando la proposta di legge che parla della introduzione del movimento per la vita nei consultori e in liguria vorrebbero ampliare la possibilità di obiezione persino ai farmacisti.
Le regioni diventano quindi il nostro interlocutore forzato che spesso, come in questo caso, è sorretto da un governo che non si farà pregare quando sarà richiesto di cambiare le linee guida della legge 40 (sulla procreasione assistita), piuttosto che di svuotare la 194 con provvedimenti e aggiustamenti fatti qua e la’. Stiamo attente dunque a quello che succede e teniamo d’occhio le proposte delle regioni in cui viviamo. Anche se non c’e’ nessun deputato o consigliere che può darci delle dritte. Ciascuno di noi ha il diritto di consultare ogni atto amministrativo che viene prodotto dentro il parlamento regionale siciliano così come dentro i consigli regionali di altre regioni. Sarebbe imperdonabile lasciarci sfuggire una legge, una modifica, un regolamento approvato per disattenzione.
Per capire qual’e’ la direzione che stiamo seguendo vi consiglio di vedere il documentario di Michael Moore "Sicko". Per chiarire meglio vi passo un pezzo interessante pubblicato questa mattina sul Manifesto.
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Sparisce «la sanità», siamo i soli al mondo
di Maurizio Galvani
Siamo l’unico paese al mondo che con la
costituzione del nuovo governo non avrà il ministero della Salute,
prima chiamato della Sanità. Sarà accorpato nel dicastero del
superministro Maurizio Sacconi, che ha anche la competenza sulle
politiche sociali e del lavoro (ovvero il welfare). Tutto normale?
Assolutamente no; è la politica del «calderone». Anche se, purtroppo,
esiste una norma legata alla legge finanziaria 2008 (art. 1, c. 376, l.
244/2007) che di fatto ha smantellato questo ministero che
esemplificava finora anche simbolicamente un diritto eguale per tutti.
Tutta
la difesa della salute del cittadino viene delegata al decentramento
regionale, che potrebbe a questo punto rendere differenziali
l’assistenza e le cure, secondo un orientamento guidato solo dal
prelievo fiscale. Secondo il principio tanto caro ai «federalisti»:
tanto paghi e tanto ti sarà ridato. Addio servizio universale.
30
anni dopo l’approvazione e l’entrata in vigore della Riforma sanitaria
(legge 883 del 1978), si fa passare una norma che è la semplice
abolizione del Sistema sanitario nazionale. Si torna anacronisticamente
a un’organizzazione per enti (Aziende sanitarie) o ai barracconi
assicurativi – che si spacciano per mutue private – sul modello di
quanto già fatto negli Usa.
Con la Riforma del sistema sanitario, la
costituzione della Conferenza Stato-Regioni e la realizzazione delle
Aziende territoriali si è tentato comunque di mantenere un Fondo
sanitario nazionale (garantito dal ministero), che doveva riequilibrare
l’intervento tra le diverse realtà locali e la realtà centrale. Non è
stato tutto «rose e fiori», tuttavia c’è sempre stata un’istituzione
che doveva garantire il principio universale della salute per tutti,
possibilmente gratuita (persino per il figlio di Montezemolo, si è
verficato). Nel corso degli anni – con la legge 92 del 1993 e la 229 del
’99 – si è intervenuti a favore di un maggiore un decentramento, con
l’obiettivo di migliorare l’organizzazione dei servizi e
dell’assistenza, secondo criteri imprenditoriali. Basti pensare che
l’Unità Sanitarie sono diventate nel tempo delle «aziende» organizzate
sulla base di normative attente più alla «cassetta» che alle
prestazioni. E’ questa, se si vuole, la vera «malasanità».
Silvio
Berlusconi ha già deciso chi riceverà la delega (ripeto: alla Salute):
un «tecnico» come Ferruccio Fazio, ordinario di diagnostica per
immagini e radioterapia presso l’università di Milano. Fin qui nulla da
obiettare. Semmai è legittimo chiedersi se, con l’abolizione del
ministero della salute, sia prevista anche la subalternità di alcune
materie specifiche (tipo: quale rapporto esiste tra scienza e etica».
Ad esempio: la legge 194 (sull’aborto), la legge 40 (procreazione
assistita), la 180 (soppressione delle istituzioni manicomiali), di cui
tra in questi giorni cade il ventennale. Tutta questa «materia» rischia
di essere trattata come casistica marginale, mentre rappresenta la
parte costitutiva di una moderna società civile.
Come è stato
denunciato dall’Anaoo-Assomed (Associazione dei medici dirigenti) si
mette in discussione un dicastero che comunque «si è fatto sempre
carico delle realtà specifiche – l’adeguato finanziamento del Ssn e dei
contratti di lavoro – della sicurezza e della qualità delle cure.
insieme alla salvaguardia dei livelli minimi organizzativi e
strutturali su tutto il territorio nazionale». La Cgil Medici insiste
invece sul ridimensionamento della contrattazione nazionale – bloccata
ormai da due anni – che deve preservare l’equilibro del servizio.
In
Italia, vige (è inutile negarlo) un «federalismo sanitario» di fatto;
quindi è indispensabile mantenere un baricentro per garantire la
corretta programmazione dell’assitenza e della prevenzione. Il nuovo
governo parte, anche qui, col piede sbagliato.
Tragico. La tendenza è quella di legittimare le differenze regionali in uno stato che non è federale. Il cittadino italiano deve essere trattato allo stesso modo da Aosta a Lampedusa. E cosa fanno? Invece di remar contro assecondano la tendenza. E perchè non spaccare l’Italia in due? Come? Dite che la Lega già ci aveva fatto un pensierino? Ecco, appunto.