Da Abbatto i Muri:
Sono sicura che in tanti/e ne state discutendo, più che altro perché quando c’è un po’ di #pornomostruosità in giro, per #pornoindignazione, gli squadrismi in procinto di linciaggio partono all’assalto. Una foto con una goccia di sangue che dovrebbe dimostrare l’efferata crudeltà di un divo scatena voglia di tutela, odio forcaiolo, ansia giustizialista, e prendetelo, massacratelo, fatelo a pezzi, finché la folla con i forconi non è sazia e giustizia è fatta.
Chissà cosa è mai successo, se è vero oppure no. Lei dice che lui è violento, che non lo vuole denunciare ma mette le foto su facebook. Lui dice “un’esperta in comunicazione come lei come non poteva prevedere tutto questo?“, poi aggiunge che lei non ha preso bene il fatto di essere stata lasciata e forse la denuncerà per diffamazione. La polizia ha aperto una inchiesta per verificare l’autenticità delle foto. Però il processo sui media si è già realizzato, lui non ha diritto ad una difesa, ed è stato già condannato. Ora dovrà essere lui a dimostrare che non è vero, se non è vero, mentre lei dice “Massimo deve capire che non è più un compagno, ma è ancora un padre. Vorrei che vedesse nostra figlia, che la seguisse anche dal punto di vista economico, ma soprattutto che si prendesse la responsabilità di una bimba che ancora non parla a due anni e tre mesi. Era nella stanza accanto alla nostra con la tata quando lui mi ha aggredita 20 giorni fa. Ora la saluto, vado a prendere la bimba da mia madre, al mare. Ho paura che lui ci vada prima di me. Ma lo scriva, lui non è un violento, è uno uomo gentile. Gli parte la testa, ma solo con me…“.
Ora, a parte suggerire di modificare le opzioni della privacy a chi non vuole che i giornali prendano roba dai profili per farne del gossip, quel che mi sconvolge è la modalità attraverso la quale simili cose si realizzano. Di loro, chi lo sa, facciano quel che preferiscono, sapendo che lei potrebbe essere invitata in esclusiva a canale 5 e lui il giorno dopo pure, sapendo che i media ci tritureranno le ovaie con queste storie e un processo che si celebrerà sui media, ma di tutte le persone ridotte a tifoseria, che hanno dimenticato il buon senso, il garantismo, hanno dimenticato il fatto che dare una persona in pasto alla folla, in barba alla privacy di accusa e accusat@, equivale a farlo sbranare (pensate fosse stato uno straniero… povero…) e questa gente che sbrana, che esige la catarsi mentre non riesce a risolversi la propria frustrazione, nella cui mente si agitano mostri in cerca di capriespiatori, meglio se migranti o anche famosi, ché poi è la rivincità dell’anonim@ alla ricerca del senso oscuro di una qualunque fiction in stile “anche i ricchi piangono”, di questa gente cosa mai si potrà pensare di buono?
Sarebbe la gente così che poi dovrebbe difendere le donne dalla violenza? Gente in preda a isterismi collettivi la cui ansia sarebbe compito delle vittime placarla? Non si può ragionare serenamente di antiviolenza a questi livelli. Perché una denuncia senza un equo processo in cui sia garantita una difesa non corrisponde ad una condanna e perché la questione della violenza sulle donne non ha bisogno di tifoserie ma di analisi sensate, di buon senso, di capacità di guardare la questione senza vedere mostri ma guardando agli umani immaginando che è di prevenzione che abbiamo bisogno e non di folle lincianti.
Non c’è soggetto più violento e autoritario di chi pratica fanatismi, avanza a seminare odio e, non so voi, ma è quell’odio che mi fa più paura di qualunque cosa…
Ps: so di azioni autodeterminate di donne che decidono di praticare come forma di autodifesa una denuncia sociale, prima che presso le istituzioni, quella che passa per reti di solidarietà attive, che si inserisce in un’ottica antiautoritaria, ma nessuna di esse è mai avvenuta su facebook… cioè… su facebook. Mah!
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