Skip to content


Mostrare la violenza sessuale in Marocco: intervista a Nadir Bouhmouch

Questo articolo, apparso sulla rivista online jadaliyya.com il 17 febbraio scorso, presenta un’intervista con il regista e attivista marocchino Nadir Bouhmouch. La traduzione è di Gilda del gruppo traduzioni militanti, la revisione di lafra.

Buona lettura!

<<<—–>>>

“Lo stupro di donne povere, appoggiato dallo stato, ha minato la solidarietà di classe che era si era raggiunta nella lotta antifeudale. Non a caso, le autorità hanno visto i disturbi causati da tale politica … come un piccolo prezzo da pagare in diminuzione delle tensioni sociali, ossessionate com’erano dalla paura di insurrezioni urbane … la legalizzazione dello stupro ha creato un clima di intensa misoginia che ha degradato tutte le donne indipendentemente dalla classe”. – Silvia Federici, “Caliban and the witch”.

La violenza sessuale non è affatto un fenomeno nuovo: in “Caliban and the witch”, Silvia Federici ripercorre la violenza sessuale come fenomeno sociale al suo emergere nella fase post-feudale in Europa. In quel momento, l’alleanza emergente tra Stato e borghesia depenalizzò i violenti stupri di gruppo e le umiliazioni contro le donne di classe povere e lavoratrici. Questa deplorevole tolleranza servì a uno scopo preciso: rompere la solidarietà di classe e dare sfogo alle frustrazioni di una nuova classe di poveri lavoratori senza bisogno di ricorrere alla politica – meglio la violenza contro le donne che la violenza contro lo stato.

Quasi 700 anni dopo, il clima di violenza sessuale è ancora diffuso nella società contemporanea, attraversando i confini dello stato, religiosi e culturali. Il recente stupro di gruppo e la morte di una giovane donna su un autobus in India, l’uso persistente dello stupro come arma di guerra, il filmato di uno stupro di gruppo di una giovane donna in Sud Africa, la violenza sessuale in piazza Tahrir: la frequenza, l’intensità e anche solo il numero delle violenze sessuali contemporanee è sconcertante. Il film “475” indaga il caso di Amina Filali, una ragazza marocchina di sedici anni il cui pubblico suicidio ha dominato i media marocchini ed internazionali. Filali aveva accusato un giovane nel suo villaggio di stupro. Quando le autorità hanno fallito nell’indagare correttamente le sue accuse, Amina si è sposata con il suo stupratore in riferimento alla citazione dell’articolo 475 del codice penale che solleva uno stupratore dalle proprie responsabilità se sposa la sua vittima. Non molto tempo dopo, la ragazza mangiò veleno per topi, entrò nel mercato del villaggio, e lì vi morì.

Sottolineando la pervasività di questo problema, nel girare “475” il team delle riprese ha scoperto che il caso di Amina era solo uno dei quattro simili episodi accaduti nella storia recente del suo piccolo villaggio. La troupe ha scoperto inoltre che il racconto dell’esperienza di Amina non era così semplice come era stato dipinto. Nel mettere in evidenza la difficoltà di determinare la colpevolezza, il film mette anche abilmente in mostra la natura endemica del problema della violenza sessuale in Marocco. Il punto non è assegnare la colpa eventualmente al marito di Amina, ma condannare la disponibilità della società ad accettare la situazione.

Perché le autorità si astengono dall’intervenire nel caso di Amina? Perché hanno fallito, in così tanti casi, nel perseguire i colpevoli di violenza sessuale? Perché il Primo Ministro Abdelilah Benkirane e il Ministro delle Famiglie e dello Sviluppo (l’unico di sesso femminile in Marocco) Bassima Hakkaoui sono così intenti a sminuire le segnalazioni di violenza contro le donne? Proprio come nell’Europa del XIV secolo, la violenza sessuale è tollerata, anche legittimata dall’autorità. Inoltre, proprio come nell’Europa del XIV secolo, la solidarietà di classe fornisce una minaccia tangibile per l’egemonia del regime marocchino, il Makhzen. La resistenza al Makhzen è stata sistematicamente e violentemente repressa: la tolleranza (e talvolta l’uso diretto) della violenza sessuale e la degradazione delle donne deve essere intesa in questo clima.

Attraverso filmati di interviste con Benkirane e Hakkaoui, Khadija Riyadi, Presidente dell’Associazione marocchina per i diritti umani (AMDH), Omar Benjelloun, avvocato dei diritti umani, le famiglie di Amina Filali e il suo ex marito Mustapha, “475” racconta la storia non solo di Amina, ma anche del rapporto tra violenza sessuale e repressione di stato. Questo legame ha un peso non solo in Marocco, ma per gli uomini e le donne di tutto il mondo.

Ho avuto l’opportunità d’intervistare Nadir Bouhmouch, regista del film. Bouhmouch è nato e cresciuto a Rabat e attualmente sta studiando alla San Diego State University (SDSU) dove dirige il Capitolo SDSU di Amnesty International e sta scrivendo la sua tesi sulla violenza sessuale in Marocco. “475” è il secondo film di Bouhmouch; il suo primo, “My Makhzen and Me”, ripercorre le proteste del 20 febbraio 2011 ed ha debuttato al “Féstival de la Résistance et d’Alternatives” che si terrà anche quest’anno a Rabat. Io e Bouhmouch abbiamo avuto la possibilità di discutere del processo di elaborazione di “475”, realizzato con l’aiuto della cooperativa cinematografica Cinema Guerrilla, così come del rapporto tra violenza sessuale e resistenza popolare in Marocco.

 Allison L. McManus (AM): Il tuo primo film “My Makhzen and Me” (MMAM) é dedicato al movimento di protesta del 20 febbraio. In che modo queste proteste hanno influenzato le espressioni di resistenza in Marocco? (Se lo hanno fatto?)

 Nadir Bouhmouch (NB): Queste proteste hanno influenzato in modo significativo le espressioni di resistenza in Marocco. Anche se in molti possono sostenere che il movimento di protesta del 20 febbraio sia stato un fallimento, devo dissentire fortemente. Quello che stiamo vedendo in Marocco è simile a ciò che abbiamo visto in Egitto dopo il movimento del 6 aprile. Il movimento è stato inizialmente un successo, ma è stato ben presto schiacciato dalla repressione e la manipolazione politica. Per questo alcuni potrebbero dire che il movimento del 6 aprile è stato un fallimento. Ma guardate l’Egitto oggi: sta esplodendo la dissidenza e la resistenza. Questo perché dal movimento del 6 aprile si sono formate organizzazioni contestatrici della società civile, proprio come dal movimento del 20 febbraio: si tratta di forme di associazione che hanno una causa più specifica ma che continuano a minare l’autorità del Makhzen. Queste organizzazioni sono molto diverse da quelle che esistevano in precedenza, in quanto lo stato ha già cooptato le organizzazioni più vecchie, anche quelle che si sono costituite inizialmente per resistere al Makhzen. Quindi, quello che stiamo vedendo oggi è una società civile più ricca (​​non finanziariamente ovviamente) con una crescente cultura di dissidenza. Come successo in Egitto, credo che importanti eventi scuoteranno la nuova società civile del Marocco e vedremo una reazione di tutta forza contro il Makhzen.

 AM: L’uscita del tuo prossimo film “475” è prevista per il 18 febbraio. Come/dove possiamo aspettarci di vedere il film?

 NB: Varie località in tutto il mondo proietteranno il film. Sarà inoltre disponibile gratuitamente online il 21 febbraio in memoria di Fadua Laaroui, una madre single che si è data fuoco per protestare contro la discriminazione che ha affrontato da parte della società marocchina e delle autorità.

 AM: Com’è cambiato il processo di ripresa – sia internamente che esternamente – dal primo al secondo film?

NB: Il processo di realizzazione è cambiato significativamente. In primo luogo, la prima volta non ho lavorato con una troupe, l’ultima volta sì. Ciò ha reso alcune cose più facili, ma anche complicato un sacco di altre. Il processo decisionale è diventato più difficile perché altre opinioni dovevano essere considerate, ma allo stesso tempo questo ha contribuito a sviluppare meglio le idee che abbiamo cercato di trasmettere attraverso il film. Con una squadra, tutto è diventato molto più facile. Sono molto grato per tutto il loro duro lavoro, questo film non sarebbe stato possibile senza di loro.

Un altro cambiamento è stato la quantità di filmati. Considerando solo il filmato girato da noi, senza contare glii stock footage, per “MMAM” ho registrato circa 100 GB di filmati e per “475” abbiamo registrato 500 GB. Quindi, in termini di post-produzione, c’era molto più lavoro da fare. C’è voluto un sacco di tempo per scandagliare le immagini e trovare le parti giuste prima di poterle organizzare, riassumendo ogni clip in poche righe scritte su post-it attaccati alla parete in modo coerente e ordinato secondo la storia. A seguito di tale operazione c’è stato un sacco di movimento prima che trovassi finalmente una buona struttura del film. Ad ogni modo, questo è solo un riassunto di qualcosa che è stato più complesso di così. Un altro cambiamento importante ha riguardato il budget. Ho girato “My Makhzen and Me” con non più di 200 USD. Per questo film abbiamo raccolto oltre 7.000 USD attraverso Kickstarter.com. In termini di prodotti tecnici, studi di pagamento, produzione di DVD, futura distribuzione e candidatura ai festival, è stato un grande passo al di là di quello che ero in grado di fare durante MMAM.

 AM: “My Makhzen and Me” riporta una scena in cui gli attivisti che organizzano le manifestazioni ricevono l’avviso dalla polizia che le proteste sono illegittime – un momento ironico che illustra la natura soggettiva della libertà d’espressione in Marocco. Hai sperimentato qualche genere di resistenza durante le riprese di “475”? Puoi approfondire tutte le questioni giuridiche riguardanti le riprese cinematografiche in Marocco?

 NB: Per quanto riguarda eventuali problemi con le autorità, siamo stati fortunati e non abbiamo incontrato grossi problemi. Ci sono state alcune censure però. Siamo stati costretti a cancellare alcune riprese di un caid (autorità locale) di una regione non nominata per il suo proprio anonimato. Alla fine ci ha lasciati andare senza confiscare alcuna apparecchiatura. Sul momento è stata una sorpresa per noi, ma col senno di poi ha senso in quanto si trattava di una regione rurale in cui una troupe cinematografica è percepita come una stranezza.

Per quanto riguarda le questioni legali, ci sono molti ostacoli istituzionali sulla strada di qualsiasi regista in Marocco, tutti progettati per censurare i film. Il Centro Cinématographique Marocain (CCM) è l’istituzione che si occupa di tutti i film in Marocco. L’esistenza di questo istituto è iniziata negli “Anni di piombo”, quando il re Hassan II ha affrontato l’opposizione della sinistra e la crescente dissidenza artistica. Lo scopo del CCM è di convogliare tutto il cinema in un istituto per “minimizzare la superficie” di dissidenza che lo stato deve affrontare. É un po’ come un cerchio … più piccolo è il cerchio, più è difficile far passare una palla. Il CCM è come un piccolo cerchio, e il suo piccolo telaio è costituito da diverse regole:

1. Rilascio di un permesso da regista (che si può ottenere solo dopo aver effettuato un certo numero di film – un sistema intrinsecamente difettoso perché questo significa che si deve infrangere la legge al fine di lavorare al suo interno);

2. Obbligo di appartenere a una società di produzione per chiedere il permesso;

3. Necessità di rientrare in uno script (o un progetto nel caso di documentari) che un comitato poi controlla. Questo ultimo punto è il più diretto quando si arriva alla censura.

AM: Recentemente, è stata proposta una legge per l’abolizione dell’articolo 475. Tuttavia, nella stessa settimana, il deputato Hassan Arif è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale nonostante le convincenti prove del DNA. Come vede l’abolizione dell’articolo 475 in un contesto più ampio di lotta contro la violenza sessuale nel paese?

NB: Penso che l’abolizione dell’articolo 475 non avrà alcun effetto sulla violenza sessuale nel paese. É stata solouna via di fuga per le famiglie le cui figlie sono state violentate e non erano in grado di sposarle con lo il violentatore a causa del rifiuto della famiglia dello stesso. Nella maggior parte dei casi, il processo legale non è coinvolto nel matrimonio forzato delle ragazze. E qui sto solo parlando dello stupro nel mondo delle giovani ragazze. Se diamo uno sguardo ad altre circostanze, per esempio lo stupro all’interno del matrimonio, lo stato non lo riconosce come un reato. E un altro punto che devo aggiungere è che c’è stata un sacco di speculazione sul fatto che Amina avesse una relazione con il suo presunto stupratore. Beh, possiamo concludere qui la speculazione perché effettivamente lei era davvero coinvolta in un rapporto con l’uomo che l’ha violentata. Ma ciò che molti marocchini non sembrano comprendere è il fatto che lo stupro si verifica anche tra le coppie. Sono molto scettico, quindi, in merito a questa proposta. Credo che lo stupro continuerà ad accadere e la cultura della violenza sessuale continuerà ad esistere. Il caso di Arif Hassan lo dimostra molto chiaramente, in particolare per il fatto che il caso coincide con la proposta di abolire la legge. In generale, la violenza sessuale va oltre il semplice stupro. Quindi, anche se dovessimo assumere che non c’era alcuno stupro, abbiamo ancora donne che affrontano violenza domestica e quotidiane molestie sessuali.

AM: Come considera l’idea della lotta per i diritti delle donne in Marocco – legalmente o socialmente – come parte della lotta per una maggiore equità politica e socio-economica al centro delle proteste del 20 febbraio?

NB: Le donne costituiscono la metà della società, quindi la lotta per le donne coincide con la metà della battaglia più ampia per una maggiore equità politica e socio-economica. Come Khadija Riyadi ci ha detto nella sua intervista per il film, i diritti delle donne e la democrazia sono mano nella mano. Le donne non devono solo combattere per i diritti delle donne, ma devono farsi coinvolgere in tutti gli aspetti della società e soprattutto nella lotta per la democrazia. Ma non dobbiamo cadere nella trappola di lottare solo per la democrazia, perché dobbiamo anche lottare per i diritti delle donne, affinché le donne godano di diritti specifici per loro. Sto parafrasando, ma è abbastanza vicino a quello che ha detto. Penso anche che, in generale, le donne siano fondamentali per lo sviluppo di qualsiasi società. Sono titubante nel dire questo perché sembra che l’unica ragione per cui si vuole che le donne lottino è perché servirà alla società, ma alla fine una società migliore si tradurrà in una situazione migliore per le donne. Devo sottolineare che una delle mie critiche al movimento 20 febbraio è la mancanza di enfasi sui diritti delle donne, credo che questo sia dovuto alla loro collaborazione con Al Adl wal Ihsane (AWI).

AM: Come artista e attivista, che ruolo svolge il cinema nella tua esperienza di attivista?

NB: Il cinema gioca un ruolo centrale nella mia esperienza di attivista, e lo fa in due modi. In primo luogo, esso svolge un ruolo importante nella mia crescita come attivista. Fare un film mi permette di scoprire cose che non si incontrano quotidianamente. É attraverso il cinema che ho incontrato attivisti per la democrazia, femministe, ex-detenuti della CIA, vittime di stupro e stupratori. Normalmente non si incontrano questi tipi di persone. Il cinema così mi ha spinto fuori dalla mia vita di privilegiato per vedere il nostro paese in una luce migliore. Per dimostrare la misura in cui un film ha impatto su di me, prima di girare “My Makhzen and Me” non mi consideravo parte del movimento del 20 febbraio, ma dopo sì. Ed inoltre, prima di “475” non mi consideravo femminista e in realtà rifiutavo il termine come un marchio che potesse essere applicato a me. Ora sono orgoglioso di dire che sono femminista. É davvero difficile spiegare in che misura questi film abbiano avuto un impatto su di me. Tutto quello che so è che tutti i film che farò d’ora in avanti incorporeranno i principi di democrazia e femminismo. Sono diventato molto più conscio nel notare pregiudizi o rappresentazioni patriarcali delle donne in tutto il mondo che mi circonda, e questo è qualcosa che mi preme esporre in tutti i ritratti di donne nei miei film futuri.

Il secondo ruolo che il cinema gioca nella mia esperienza come attivista è molto meno personale. Credo che il cinema e l’arte in generale giochino un ruolo cruciale nel contribuire alla crescita e al progresso di una società, sfidando lo status quo e ponendo domande sul come le cose potrebbero essere migliori. Quando l’arte non contesta qualcosa, non ritengo sia arte. “Die Hard” per me non è arte, per esempio, ma solo un prodotto di consumo, o di intrattenimento. Questo è il problema che abbiamo con il cinema marocchino. C’è una mancanza di voci di sfida rivolta a qualcosa, soprattutto perché tutti i mezzi per creare sono controllati dallo stato. Ma ciò sta cambiando, perché il cinema non è più la forma d’arte del ricco. Ogni anno le telecamere ad alta definizione diventano sempre meno costose e più piccole. I media digitali stanno equalizzando il campo delle opportunità artistiche. Così i mezzi sono in crescita. Quello che serve ora è una generazione di giovani artisti che colga tale rivoluzione tecnologica, e io spero che i film che faccio spostino l’ago della bilancia giusto un pochino: quel tanto che basta per indirizzare il cinema marocchino in questa direzione così diversa.

Link ai film di Nadir Bouhmouch:

My Makhzen & Me

Mi Makhzen y Yo – Español

475

 

Posted in fasintranslation, Vedere.

Tagged with , , , , , .


One Response

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. elvira celotto says

    Come di consueto, mi colpisce il fatto che le reazioni più forti al sessismo si manifestino laddove esso si pratichi con tutta evidenza , ossia nel cosiddetto Terzo mondo, mentre nel nostro, e intendo dire in Italia, l’ottusa quanto diffusa convinzione che “ormai c’è la parità” costituisce un tale, denso, efficacissimo schermo alla verità effettuale della cosa che ce ne vuole,e quanto, per cercare di far “vedere”, “toccare” alle donne quale sia, davvero, la condizione della loro vita . La gran maggioranza di loro “non vuole” entrare in contatto con la realtà quotidiana, fatta troppo spesso di una misoginia divenuta sottile, talvolta impalpabile e quindi efficacemente ingannevole.
    Le donne non vogliono essere disilluse,e io dolorosamente le comprendo, ma credo necessario per la costruzione del proprio sè che facciano i conti con il loro dolore ,segreto spesso anche per loro.