In quelle zone una di noi ci vive. Si gode il clima, il sole, il mare e la gente che è un incrocio di banalità trangugiate dalle trasmissioni mediaset e dai pomeriggi di rai uno e due e un insieme di tradizioni a volte vissute in maniera un po’ ingenua e a volte no.
Quella di noi che vive in quelle zone NON ha la televisione, per scelta. Vuole vedere il mondo con i suoi occhi e in effetti lo fa e ce lo racconta.
Per esempio ci dice dei morti che ogni tanto vengono trasportati a riva dalle onde. Ci dice delle donne migranti, le badanti, che sono spesso giovani e belle e che vengono guardate malissimo dalle altre donne del posto, quelle con il culo da africane che non sanno godersi la loro diversità.
Ci dice dei tanti migranti che arrivano a lavorare nelle serre, senza le quali l’economia del posto non andrebbe avanti, e la provincia di Ragusa questo lo sa bene perchè su quelle braccia conta. Ci sono tanti nordafricani costretti all’invisibilità, molti insediati da tempo che hanno portato con se’ moglie e figli e che riempiono le pagine di cronaca locale ne più e ne meno che tutti gli altri abitanti della zona.
Se prendi un marocchino che lavora alle serre e lo metti accanto ad uno sciclitano o un vittoriese che fa lo stesso lavoro non li puoi distinguere. Stessa stazza, stessi colori, stessi lineamenti, perchè il nordafrica è anche la sicilia, mettiamocelo bene in testa e la somatica non mente.
Da quando alcuni politici di destra hanno cominciato a parlare con insistenza della differenza tra bianchi e nordafricani la gente vive di un pregiudizio che si materializza nei suoi incubi più assurdi. Poi la gente esce e va al mercato e i mercatini sono strapieni di nordafricani che hanno preso il posto dei siciliani. La gente vede nordafricani ovunque e ci vive assieme perchè non ne può fare a meno e perchè se non ci fossero quelle braccia l’intera economia agricola della zona andrebbe a farsi benedire.
La sera i nordafricani non sanno dove andare perchè non hanno soldi da spendere e perchè ci sono posti nei quali non sono graditi. Se ne stanno appollaiati nelle piazzette, a passeggiare sulla spiaggia, a guardare il mare dal quale sono arrivati vivi, a fumare e bere birra fino a quando fa buio aspettando il giorno dopo.
Se guardano le donne? Se sono etero certo, come tutti. Ne più e ne meno che tutti gli altri. Se una ragazza o una donna è luminosa e bella abbassano gli occhi quasi si vergognassero di non esserne all’altezza e quando arrivano in gruppo in spiaggia scelgono un angolo in cui non stanno i "paesani" perchè anche un bagno alla domenica è difficile da condividere.
I padri padroni, i fratelli, i mariti e i fidanzati, persino gli amici del luogo non hanno bisogno di ronde per limitare gli sguardi dei "marocchini" alle "loro" donne. I marocchini non hanno occhi, non hanno orecchie, non hanno idee, non hanno testa, non hanno fantasia, non hanno speranza e futuro. I marocchini hanno solo la birra, un bagno isolato lontano dalle acque attraversate dai "bianchi" e ore ed ore di lavoro malpagato dentro le serre a bruciare dal sole che da quelle parti è 50° all’ombra già a giugno.
Di fatti di violenza contro le donne in quella zona ne avvengono tanti. Qualche volta arrivano sulle pagine di cronaca nazionale e altre invece no. La selezione delle notizie degne di nota evidentemente segue i soliti criteri utilitaristici dei quali abbiamo sempre parlato.
Per esempio: è arrivato sul nazionale il fatto di un’accusa di stupro ad un nordafricano che avrebbe violentato una donna di turno alla guardia medica.
Non è arrivato sul nazionale, se non in quattrorighequattro il femminicidio commesso da un signore del posto.
Se leggete le due notizie, che per noi sono altrettanto gravi, comprendete la differenza di impostazione e di lettura. Nel narrare la sequenza di fatti che avrebbe portato al femminicidio ci sono mille attenuanti e giustificazioni.
Un marito porta la moglie a fare un giro in macchina, lontano dai figli, per litigare da soli in tranquillità. Poi si usa più volte la parola "raptus", un raptus che dura dal momento in cui l’uomo conduce la donna in un posto isolato, la strangola, la trascina fuori dall’auto, la finisce con un masso sfondandole il cranio.
Poi l’articolo, corredato di foto della coppia insieme, come per dire che erano tanto ma tanto felici prima di quel momento, accenna al fatto che lei volesse lasciarlo, lui le aveva perfino regalato una bella auto per "risolvere" i loro problemi e lei invece, testarda, proprio non ne voleva sapere di essere comprata con una cosa a quattro ruote. Neanche a dirlo condiscono il racconto anche di elementi di gelosia e qui siamo al giallo degno del commissario montalbano.
Di violenze, stupri e delitti di questo tipo ne avvengono davvero tanti e non c’è mai nessuno che li descriva in modo diverso. La monotonia dei racconti corrisponde e legittima la monotonia dei delitti.
Sappiamo per certo che sullo sfondo di ognuno di questo tipo di articoli c’è interiorizzata una omissione culturale. Si parla delle conquiste fatte dalle donne come fossero concausa dei delitti. Si parla di "sentimenti" attenuanti al femminicidio come fossero la giustificazione a tutto.
Non smetteremo mai di ripetere che gli stupri nel matrimonio ancora non vengono presi nella giusta considerazione. Che fino a poco tempo fa un uomo poteva avvalersi del delitto d’onore per ammazzare comodamente qualunque donna della sua famiglia. Che fino a poco tempo fa esisteva la minaccia di denuncia per abbandono del tetto coniugale, che equivaleva alla sottrazione di figli e beni, per impedire alla donna di allontanarsi dal marito violento. Oggi esiste l’attenuante del "raptus" e l’affido condiviso che punisce le donne che hanno voluto la separazione togliendo loro figli, casa e diritto di difesa dalle violenze inflitte a loro e ai loro figli.
La verità è che viviamo ancora in una nazione incivile che vuole scaricare la responsabilità del proprio enorme livello di inciviltà sugli immigrati quando sono le stesse donne straniere a subire violenze da parte degli uomini italiani. Joy non è che una di queste.
—>>>foto da riot clit shave