Le persone arrestate per fare la cernita tra buoni e cattivi delle proteste #NoTav, per criminalizzare il movimento e legittimare le violenze della polizia, sono state sottoposte ad un regime carcerario punitivo che ha suscitato proteste tra coloro che tra l’altro sono ancora in attesa di giudizio. Le proteste sono state oggetto di ritorsioni con ulteriori provvedimenti vendicativi primo tra tutti il trasferimento dei detenuti in carceri diverse e l’isolamento (come nel 41bis) per impedirne la socialità. Si teme che si parlino, che respirino, che vivano, e si rinchiudono le lotte in stanze minuscole, in zone buie, senza possibilità di parlare con nessuno, a imprigionare le idee più che le persone. La prigione per le idee, quella che lede il diritto alla libertà di opinione, esiste dunque ed è fatta di violazioni di diritti umani e di terrore nei confronti di chi vuole continuare ad esistere e rivendicare i propri diritti nonostante tutto.
Ecco il tema della campagna avviata dai compagni e dalle compagne su Infoaut [pagina facebook QUI]. Leggete di che si tratta e in basso leggete copia della lettera inviata dai 12 detenuti in isolamento a Saluzzo.
Con gli arrestati e le arrestate NoTav, tutta la nostra solidarietà!
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Da Infoaut:
Noi e i compagni in carcere. Presentazione di una campagna di lotta
La determinazione dei detenuti No Tav presso il carcere delle Vallette, che hanno organizzato delle proteste e proposto delle rivendicazioni in quell’istituto, ha portato alla loro dispersione, e questa dispersione ha oggi dei preoccupanti sviluppi. Se già gli arresti sono stati una forma scandalosa di intimidazione e violenza nei confronti del movimento, il trattamento che i compagni stanno subendo in carcere chiama alla nostra mobilitazione e al nostro sostegno attraverso campagne di solidarietà che raccolgano gli inviti alla solidarietà che arrivano direttamente da dentro le carceri. Nel testo che segue vogliamo spiegare, in sintesi, quale situazione si trova a vivere Giorgio, detenuto nel carcere di Saluzzo, e proporre una campagna di denuncia del trattamento cui sono sottoposti i 12 detenuti della sezione “ISOL”. Pubblichiamo oggi su Infoaut, inoltre, un documento importante. Si tratta di un comunicato scritto e firmato da tutti i detenuti della sua sezione. I prigionieri chiedono ai movimenti di prendere parola sulle disumane condizioni di vita nelle carceri e su alcune aberrazioni disciplinari che riguardano il carcere dove sono rinchiusi.
La lotta dei compagni alle Vallette
Cinque detenuti No Tav avevano iniziato, a fine gennaio, una serie di proteste all’interno della prigione torinese. Queste proteste erano relative ad una serie di abusi, scandalosi e non ammessi sul piano giuridico, operati dalle guardie carcerarie nei loro confronti e nei confronti di tutti i detenuti (annullamento dell’ora d’aria, restrizioni delle ore di socialità e di altri spazi di agibilità). La protesta era consistita nel semplice rifiuto passivo a rientrare nella propria cella al termine dell’ora di socialità, ed era stata protratta più volte, anche in concomitanza con il concerto di Militant A fuori dal carcere.
Immediatamente il sindacato delle guardie carcerarie aveva chiesto il trasferimento dei compagni, e il direttore Buffa (d’accordo con il Procuratore Caselli) aveva disposto la dispersione dei prigionieri No Tav nelle carceri piemontesi. Ad oggi, visto che Jacopo e Tobia sono ai domiciliari, restano reclusi Giorgo a Saluzzo, Mambo ad Alessandria e Luca ad Ivrea. Particolare attenzione merita la situazione di Giorgio, accusato dal direttore delle Vallette, e poi da quello del carcere di Saluzzo, di essere l’“ispiratore” delle proteste di queste settimane. Arrivato a Saluzzo è stato qualificato come “detenuto pericoloso” e condotto nella sezione “ISOL” della prigione. Dopo pochi giorni la direzione del carcere lo ha convocato e, nel giro di venti minuti, sottoposto a un ridicolo procedimento disciplinare, al termine del quale è stato condannato a quindici giorni di isolamento totale.
Saluzzo: un regime anomalo di isolamento
La sezione “ISOL” del carcere di Saluzzo non è considerata dalla direzione un luogo di punizione. È il luogo dove sono condotti tutti coloro che non hanno una pena definitiva e sono, anzi, semplicemente indagati o in attesa di giudizio. Eppure questa sezione presenta tutti i caratteri dell’isolamento: non esiste un cortile per l’ora d’aria collettiva, e per ogni cella c’è un cortile di 8 m. per 2 m. circondato da alte mura, che lo separano da quelli delle celle limitrofe: nelle rare occasioni in cui l’aria è concessa (circa una volta al mese) i prigionieri sono separati e obbligati a sostare immobili in spazi senza luce, senza poter vedere gli altri detenuti. L’unica occasione, per loro, di vedere qualcuno è la Messa della domenica. Nella sezione “ISOL”, inoltre, avvengono intimidazioni continue. Perquisizioni delle celle, battiture delle guardie sulle porte, pestaggi di detenuti.
Risulta evidente che la sezione “ISOL” di Saluzzo, non essendo pensata per detenuti sottoposti al regime 41bis (cosiddetto “carcere duro”) ed essendo anzi popolata da cittadini in attesa di essere giudicati, è uno strumento di punizione preventiva ed intimidazione verso detenuti che, per ragioni da chiarire, sono sottoposti a un trattamento peggiore di chi deve scontare pene altissime, compreso l’ergastolo. Il fatto che Giorgio, che era stato velatamente minacciato dal direttore delle Vallette, ed è stato indicato dai suoi rapporti come l’ideatore delle proteste in quell’istituto, sia stato trasferito proprio in questo carcere e in questa sezione, conferma che la sezione saluzzese “ISOL” rappresenta un’anomalia giuridica nel regime carcerario, ossia uno strumento per infliggere sofferenze aggiuntive a chi, pur innocente perché non ancora processato, è considerato socialmente o politicamente “pericoloso”. Non considerando questa condizione punitiva sufficiente, la direzione del carcere infliggerà i 15 giorni aggiuntivi di isolamento totale a Giorgio, unico a ricevere questo trattamento tra i prigionieri della sezione: appena sarà disponibile una cella (il carcere è sovraffollato, ciò che lo rende ancora più invivibile) dovrà restare chiuso senza uscire per due settimane.
La persecuzione dei compagni in carcere rappresenta un’emergenza politica
In questo contesto, chiediamo a tutte le persone sensibili alla tematica carceraria, alle compagne e ai compagni dei movimenti, alle associazioni culturali e politiche che hanno a cuore i diritti sanciti per legge, di appoggiare una mobilitazione in favore di tutti i carcerati in lotta, di tutti i detenuti No Tav, e in particolare di chi si trova sotto attacco ed è sottoposto ad isolamento per aver chiesto pacificamente, assieme ad altri compagni, dignità e rispetto dei diritti per i detenuti torinesi. Non ci interessa sollecitare forme di pietismo o di compassione. Giorgio stesso nella sua lettera, e i detenuti della sezione “ISOL” nel comunicato, che hanno firmato collettivamente, chiariscono che non è questo l’atteggiamento che loro interessa. Semmai, occorre rilevare alcune circostanze di fatto:
(1) Giorgio è in regime di isolamento ed è in attesa di essere sottoposto a un regime di isolamento ulteriore e più duro, per una sola ragione: aver contestato una disciplina carceraria disumana, e illegittima dal punto di vista legale, in una delle carceri più sovraffollate d’Italia, quella torinese. Si tratta a tutti gli effetti di una forma di persecuzione politica, che mira a mostrare come chi si oppone all’ingiustizia, mettendo in primo piano l’interesse collettivo rispetto a quello individuale, rischia di andare incontro a sofferenze maggiori di quelle ordinarie. Giorgio non intende piegarsi a queste ritorsioni ed affronterà serenamente le punizioni che gli verranno inflitte, ma è nostro compito aprire un caso e una campagna su questa vera e propria infamità, che ancora una volta mostra nel migliore dei modi quale sia il clima politico e il rispetto del dissenso del nostro paese.
(2) La sezione “ISOL” del carcere di Saluzzo è di per sé un’aberrazione: detenuti in attesa di giudizio, e dunque innocenti per il codice penale italiano, sono rinchiusi mesi e talvolta anni secondo un regime punitivo che, se è inaccettabile in assoluto dal punto di vista morale (come scrivono i prigionieri nel comunicato, chiunque si indignerebbe se ad essere rinchiusi in quella forma, e in quelle condizioni, fossero degli animali), è anche del tutto incompatibile con l’ordinamento vigente in materia di detenzione carceraria. Occorre dunque diffondere l’appello dei detenuti di Saluzzo in rete e attraverso i canali sociali e politici che abbiamo, stimolando una presa di posizione pubblica da parte di realtà associative, politiche e culturali su questa vicenda.
Tutto questo – persecuzioni politiche ai No Tav in carcere e aberrazioni giuridiche, specifiche e diffuse – è possibile perché il carcere è, oggi, in Italia, un luogo completamente separato da tutto il resto. Normalmente, una volta che il detenuto entra in sezione si rompe qualsiasi legame sociale e politico con l’esterno, così che le direzioni degli istituti di pena possono agire in piena libertà contro i prigionieri e contro le scarse garanzie giuridiche che li dovrebbero proteggere. Il rapporto tra detenuto e direzione carceraria (per non parlare di quello tra detenuto e guardie carcerarie) è brutale e arbitrario, e chi vive in carcere si abitua ben presto a far propria una considerazione cinica e fatalista degli eventi, in cui le limitazioni giuridiche all’autorità dello stato sul prigioniero sono tranquillamente ignorate (nello stile più tipico di una società capitalista) a causa della certezza dell’impunità da parte dell’istituzione reclusiva e del silenzio che continua ad avvolgere i misfatti del personale carcerario.
La mobilitazione delle prossime settimane
Occorre spezzare questo isolamento e questa situazione di abuso. Il comunicato che giunge a tutte e tutti noi dai detenuti di Saluzzo deve essere occasione per una mobilitazione reale che, pur partendo dall’imprigionamento di un compagno, vada al di là di questo, ponendo una questione che riguarda quella sezione di isolamento, quel carcere, e la situazione generale delle carceri nel nostro paese. Le lotte efficaci nelle prigioni sono quelle che iniziano dall’interno, come in questo caso. Per dare speranza ai detenuti, tuttavia, per permettere alle lotte di crescere, e per segnalare la possibilità della costruzione di comportamenti collettivi contro questa situazione (e non meramente individuali: autolesionismo, suicidi), occorre una lotta ampia e coordinata chi è dentro e chi è fuori. Per questo non è sufficiente continuare con i presidi sotto le carceri, che pure sono importantissimi: è urgente creare un caso politico sull’attuale condizione detentiva dei No Tav e di tutti i detenuti e le detenute, che sappia conciliare la denuncia della persecuzione collettiva e individuale contro i No Tav arrestati con un discorso complessivo sull’insostenibilità di una situazione carceraria che è di abuso sistematico e terribile sovraffollamento.
Comunicato 12 detenuti della sezione “isolamento” del carcere di Saluzzo
Questo comunicato è frutto del dibattito fra tutti i 12 detenuti della sezione isolamento. E’ il risultato di un percorso fatto di tanti piccoli passi. C’è da superare un certo modo di essere auto-castrante che si racchiude in alcuni modi di dire: “saper fare la galera”, che può anche essere salutare se si riferisce alla capacità fisica e mentale per affrontarla, ma diventa estremamente negativa se è intesa nel “fatti la galera” come accettazione e passività figlia di una disaffezione ai comportamenti collettivi e alla possibilità di conquistarsi le proprie istanze e bisogni. Perfino il semplice gesto di apporre una piccola firma ad un appello non era cosa scontata, perché qui tutto ruota intorno alla individualizzazione della pena e ad un misto di benefici, punizione e burocrazia. A questo si aggiunge la difficoltà di rapporto fra etnie diverse.
Le visite dei consiglieri regionali (Eleonora Artesio e Fabrizio Biole che ringrazio) sono servite per far capire che ci può essere attenzione fuori. Servono soprattutto per portare alla luce le contraddizioni esistenti.
Ultima nota: due perquisizioni in una settimana. La prima martedì 28 febbraio ore 07.30 viene perquisita la mia cella. Venerdì 2 marzo ore 7.30 perquisita la sezione, 30 guardie, 5 per cella, metaldetector. 15 minuti. Io vengo chiuso nella doccia (la prossimo volta porto accappatoio e sapone), tutti gli altri nel corridoio che porta all’aria.
Forza Luca, spero in una rapida guarigione.
Un abbraccio, Giorgio
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Alla gentile attenzione degli Organi di Informazione
Siamo i detenuti della sezione “isolamento” del carcere di Saluzzo e vorremmo portarvi a conoscenza della situazione in cui siamo costretti a vivere.
Siamo tutti imputati in attesa di giudizio (quindi solamente indagati) e nonostante questo siamo rinchiusi in una sezione di isolamento.
La direzione del carcere sostiene che noi (siamo 12 detenuti) non siamo in regime di isolamento dal momento che in cella siamo in due (alcune volte anche tre). La stessa direzione si dimentica tuttavia di dire che questa situazione è dovuta solo al sovraffollamento.
Ogni cella dispone di un proprio cortile per la permanenza all’aria. Un cortile grande 6 metri x 2 metri e 80 centimetri, con un muro di 5/6 metri di altezza, che in autunno, inverno e in buona parte della primavera, non vede nemmeno il passaggio di un raggio di sole.
Ci sono 6 celle per 6 cortili. Chi scende all’aria viene segnato sul registro (ora di uscita/ora di rientro) e può solo andare all’aria che corrisponde alla sua cella. Strano paradosso: facciamo socialità dalle ore 17 alle ore 19 stando insieme in un piccolo corridoio, ma all’aria no. In cortile dobbiamo stare divisi ognuno nella sua gabbia. Le gabbie degli animali hanno almeno le reti e le sbarre, mentre qui c’è solo un alto muro di cemento. Se in uno spazio simile ci fosse in animale con un peso superiore ai 15 kg, si arrabbierebbe persino la Protezione Animale.
Uno di noi ha visto decine di arie in giro per l’Italia, ma mai nessuna così. Questi “cortili” sono solitamente usati per i detenuti soggetti al 41bis. In una sezione vicina alla nostra, ci sono 6 detenuti in regime di isolamento speciale che hanno gli stessi spazi e cortili.
La Direzione si giustifica dicendo che questa è una casa di reclusione (penale) e non una casa circondariale. Per salire nelle 6 sezioni del carcere bisogna essere “definitivi”. Lì ci sono laboratori, le attività in comune, la palestra, l’area per giocare a pallone.
Per noi no. Eppure alcuni di noi indagati stanno qui anche un anno in carcerazione preventiva in attesa del processo. L’unica concessione che ci viene fatta è di andare a messa con una sezione di alta sorveglianza.
Nessuno di noi è qui per aver subito una sanzione disciplinare, eppure siamo esclusi da tutte le attività ricreative e sportive che l’ordinamento penitenziario prevede.
Non ci lamentiamo per le nostre questioni personali ma riteniamo che si stiano violando i diritti e la dignità di noi detenuti.
Ci chiediamo chi sia e cosa faccia il garante dei detenuti.
Concludendo, consegneremo questa lettera ai nostri avvocati con cui intendiamo fare un esposto alla Procura e invitiamo le forze politiche e sociali a denunciare questa insostenibile situazione.
Vi ringraziamo anticipatamente.
Firme dei 12 detenuti
Fabio G.
Daniele G.
Giorgio R.
Gianpietro F.
Younos O.
Illi E.
Giuseppe M.
Andrei V.
Reoouanne G.
Beppe M.
Giacomo C.
Miraie N.