Chiacchiere tra amiche di generazioni diverse. I sabato sera a Palermo sono cambiati. Prima c’era il cassero, l’avenida, i candelai, fuori orario, il malox. Adesso il cassero non c’è più, l’avenida è una pizzeria-pub in cui non si canta più "comandante che guevara", i candelai è solo uno tra i tantissimi locali, il più carino di sicuro, di via candelai, il fuori orario chissà dove è finito e il malox è diventato un pub con i tavoli in zona protetta.
Il luogo per tutti, proprio tutti, ora è la vucciria. Non il quartiere, bello, vivo, con una sua storia fatta di presenze alternative e di migranti, come quando c’erano le rom che lavavano i tappeti in piazza garraffello o gli artisti di tutto il mondo che la riempivano di installazioni artistiche, ma la piazza che ogni sabato si popola di decine di presenze umane un po’ frikkettone e un po’ no, tra canzoni reggae e successi antichi.
In quella piazza, tra taverne e birre a basso costo, sfilano tutti, anzi stanno compressi e l’amica più giovane dice che è già fortunata se riesce a trovare lo spazio per ballare senza che qualcuno le tocchi il culo e allora finisce che si sfoga e dopo aver detto che gli amici maschi se si mettono in mezzo combinano solo guai racconta delle volte in cui devono difendersi da sole, l’una difende l’altra, da individui che non reggono l’alcool o che lo reggono bene e sfruttano la piazza per cercare carne fresca da macellare.
Lo dice senza prendere fiato: "la vucciria è piena di gargioni e nordafricani che non ti lasciano vivere". La conosco, so che non è razzista e che non ghettizza gli esseri umani. So anche che non parlerebbe così se non fosse esasperata proprio lei che è apertissima a tutte le esperienze.
Racconta la sua Palermo e dice "non è come ai tuoi tempi" e già mi trafigge il cuore perchè i miei tempi non sono ancora finiti e io continuo ad attraversare piazze e luoghi promiscui senza avere nessun problema. Però approfondisce e sostiene che "ai miei tempi" forse bastava dire che dovevano smetterla e invece ora è più difficile. I "gargioni" sarebbero quelli che vengono dallo zen, dai quartieri bassi e che si mischiano agli studenti, alle universitarie e fondamentalmente cercano l’aggaddo, il litigio, che spesso avviene per via di una ragazza che non gliela da o che la da a quello sbagliato. Poi ci sono gli stranieri che, lo sappiamo, hanno tanti problemi "ma io che ci posso fare? Faccio le manifestazioni e provo a dare una mano. Non posso certo mettere la mia fica a disposizione per allietare il loro soggiorno, no?"
Sono nordafricani per lo più e fanno come fece il tizio alla fine della mayday milanese, ti si stirano addosso se sei ubriaca o ti si incollano al culo se stai ballando e non basta che tu gli dica di levarsi di torno perchè ridono e ti chiedono "che c’è? che ho fatto di male? non vuoi ballare?" e allora l’amica si fa due conti sulla sua cultura e sulla loro e pensa che il palermitano fa la stessa cosa e non capisce perchè può mandare a fare in culo il palermitano ma non può farlo con il nordafricano altrimenti la chiamano razzista.
"Dico che a palermo ci sono tanti posti in cui tutti sono compagni ma non sanno dove sta di casa l’antisessismo. Una volta l’ho detto ad un compagno e mi ha detto che dovevo coprirmi perchè avevo una bella scollatura. Personalmente sono orgogliosa del mio seno e lo mostro quanto mi pare ma questo non significa che chiunque ci può mettere le mani sopra. La stessa cosa vale per la mia amica che mette la minigonna. Gira e rigira i compagni ti dicono le stesse cose che ti direbbe qualunque maschilista.
Allora ti dici che compagno e compagno e compagno un cazzo se non puoi andare a ballare senza portarti i bracciali uncinati. E poi si sorprendono che le ragazze diventano punkettone con gli uncini e sfoggiano aggressività.
Gli amici maschi non gli puoi chiedere di essere virili e infatti non lo sono. Sono persone normali però qualche volta hanno il rigurgito del macho abortito e finiscono per ballare con il senegalese che ti toccava il culo e che a quel punto non se ne va più. Te lo porti dietro fino alla fine della serata stando bene attenta a te e alle amiche che se si ‘mbriacano e si buttano sullo scalino quello si fionda come fosse una piscina d’estate.
Così con il tizio non ci si può litigare perchè se gli urlo contro forse se ne va e il punto è che è il mio culo ad essere a rischio e non quello del mio amico."
La conversazione scorre senza intoppi e io cerco di ricordare se "ai miei tempi" l’uscita mi costava tanta sofferenza e mi dico che certo che si ed era anche più complicato perchè io litigavo anche con gli amici tendenzialmente virili che mi consideravano parte del branco e che intervenivano in mia difesa perchè "io so difendermi da sola". Così facevo e mi è capitato di tutto e anch’io a pensarci bene effettivamente qualche volta ero proprio esasperata. Anche "ai miei tempi" il sessismo nei luoghi di incontro era "un problema mio" e delle mie amiche e sorelle e non si riusciva a farlo diventare un problema politico e collettivo.
Così ci riprovo adesso che tanto lo so che palermo è piena di compagni e compagne fantastiche/ci. Lo so che si può trovare una soluzione per fare stare bene tutti e tutte, donne incluse, nei sabati sera palermitani, alla vucciria e dappertutto.
Un bel cartello con su scritto "SE UNA DONNA DICE NO E’ NO"? Qualche fischietto da consegnare alle ragazze e da usare in caso di molestia? Un volantino in cui si dice in modo semplice che in quel luogo tutti e tutte hanno diritto di diverstirsi e che non è un carnaio in cui i maschi possono trovare merce da raccattare?
Non c’è antifascismo e antirazzismo senza antisessismo.
L’antisessismo va praticato ovunque a partire dai luoghi che organizziamo e frequentiamo. E questo, ne sono sicura, era un concetto valido "ai miei tempi" e lo è ancora di più adesso.
Ps: Oltretutto se non si fa auto-sensibilizzazione autogestita, alla prima storia di molestia grave vi ritroverete o a criminalizzare la ragazza se vorrà denunciare e a subire la polizia che a quel punto assieme a tante speculazioni un po’ fasciste verrà a chiudere e a rastrellare la piazza.