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The hours, la vita delle donne

http://www.youtube.com/watch?v=JGUGkSiGGV4

The hours
è un vecchio film del 2002. Se non l’avete visto vi sarà facile
trovarlo in circolazione. Ha un ritmo minimalista come d’altronde è la
musica di Philip Glass che l’accompagna. Una descrizione che ti resta
attaccata alla pelle su tre donne le cui vite in un modo o nell’altro
finiscono per essere legate tra loro.

Tante
le critiche che si potrebbero fare, dalla visualizzazione di un
contesto in cui le donne sembrano avere troppo tempo per pensare,
all’agio di vite economicamente tranquille senonchè queste donne vivono
dimensioni complesse che valeva la pena fossero raccontate.

La prima
è virginia woolf, una scrittrice che probabilmente molte tra voi
conosceranno. Vissuta a Londra a cavallo tra il vittoriano fine
ottocento e gli inizi del novecento. Cresce e vive in una famiglia di
intellettuali e lei non può fare a meno di scrivere. Nel giro di pochi
anni perde madre, fratello, padre e da lì in poi vive una depressione
progressiva che la porta ad un paio di tentativi di suicidio. Nel
frattempo partecipa ad una dimensione culturale attivissima, scrive
articoli, romanzi e fonda assieme al marito una casa editrice. Muore al
terzo tentativo di suicidio dopo aver vissuto svariate vicissitudini ed
essere stata in mano a medici che l’hanno sottoposta a decine di
terapie.

Il film ruota
attorno ad uno dei suoi romanzi, la signora dalloway, racconto di una
perfetta padrona di casa, ottima nel dare feste e nell’adempiere al suo
ruolo sociale, però profondamente infelice.

C’è dunque
la storia di virginia woolf che scrive il libro, combatte contro i
pregiudizi di quell’epoca, ha un brutto rapporto con la servitù che le
rimprovera di non essere una ottima governante, un rapporto
conflittuale con la sorella, moglie e madre come si conveniva a quel tempo, e una complicità sofferta con il marito, suo unico amico
ma anche tutore che la obbliga ad allontanarsi dalla vita in città e ad
affidarsi ai medici per farla guarire. Non si può guarire dalla vita
sfuggendo alla vita, gli dice virginia, e chiede di non essere
considerata una malata, una strana, che è autorizzata a scrivere per
via della malattia quando invece l’avrebbero vista meglio a fare la
madre di famiglia. Poi rivela una sete di vita che lei immagina
sollecitata da una morte, perchè la morte di qualcuno o di qualcosa fa
sempre apprezzare la vita. E quella morte per lei doveva essere quella
della parte esistenziale, il poeta, la contraddizione, la dipendenza. 

Virginia appare come
una donna intensa, sensualissima e passionale, stretta in una vita
grigia con accanto un uomo buono ma privo di slanci. Frequenti nei
romanzi della woolf sono i riferimenti a relazioni tra donne e anche
per questo la sua inquietudine e la sua ricerca di carnalità nelle
relazioni diventa quanto mai attuale.

L’altra
protagonista del film è Laura Brown, moglie e madre di un bambino,
incinta di un altro, la scopriamo intenta nella lettura del libro della
woolf ed è grazie a quel libro che prima decide di morire e poi invece
sceglie di andarsene senza rimpianti optando per la vita "perchè in
quella casa tutto era morte".

Quella stessa morte accompagna il figlio della Brown, Richard, che è un poeta al quale resta poco tempo da vivere a causa dell’aids conclamato. 

Terza protagonista
è Clarissa Vaughan, ex amante e amica di Richard, impegnata nella
preparazione di una festa in suo onore che lui non ha mai richiesto.
Richard si suicida, Clarissa torna a vivere e libera la passione
custodita negli anni di assistenza all’amico riscoprendo sensualità e
amore con la donna con la quale vive da dieci anni.

Le due donne,
la Brown e la Vaughan, sono l’una la sostituta dell’altra. La prima era
intrappolata in un matrimonio con abitazione tra villette a schiera di
periferia e marito privo di fantasia; mediocrità e ipocrisia nel marito
che non è in grado di vedere altra vita che quella banale farsa da
coppia americana nel dopoguerra, vicine di casa prive di capacità di
guardarsi l’un l’altra negli occhi per svelare i sentimenti veri che
riguardavano ciascuna di loro. Tutto finto, tutto falso.

La seconda viveva
una dimensione totalmente differente e tuttavia si era lasciata
intrappolare da Richard in una situazione fatta di cura e dipendenza
reciproca dalla quale solo la morte dell’amico l’ha liberata.

Lo so che
detta così potrebbe sembrare un film da spararsi sulle ovaie ma vi
assicuro che invece è come fosse un esercizio in apnea. Un lungo
momento di gestazione e infine c’è la vita, piena, forte, coraggiosa e
intensa, come solo le donne sanno viverla.

Persino
Virginia Woolf alla fine ha fatto l’unica scelta di libertà che in quegli anni le era consentita. Donne notevoli. Donne che risiedono
dentro ciascuna di noi.

Posted in Omicidi sociali, Vedere.


4 Responses

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  1. Natla says

    Ho adorato questo film!

    Uhmm… domani danno pioggia…
    The, biscottini, dvd, cani sul divano…

    Tu non lo sai, ma mi hai appena regalato uno splendido sabato pomeriggio 🙂

  2. amy says

    Amo questo blog e amo voi..siete la mia fonte d’informazione principale da un anno e mezzo (da quando me ne sono andata in “esilio volontario” a barcellona).

    Comunque, sono d’accordo, il film è davvero bello…Io consiglierei anche il libro da cui è tratto…a me è piaciuto molto..l’autore (uomo..!) è Michael Cunningham e il libro si chiama come il film..

    Ah..e parlando di Virginia Woolf, quest’estate mi hanno regalato un libro che mi ha divertito parecchio, una storia parallela a “Una stanza tutta per sé”..è in spagnolo e si chiama “Una habitación ajena” di Alicia Giménez Barlett in cui l’autrice s’immagina che la domestica di Virginia scrivesse pure lei un diario…in questo modo si rovescia il punto di vista e si racconta una relazione tormentata e contraddittoria tra Virginia e la sua domestica..super interresante!!! (non so se l’hanno già tradotto in italiano..)..baci

  3. S. says

    Reginella, lo volevo scrivere anch’io…
    terribile questa cosa.

  4. Rginella says

    Care Femministe a Sud,
    Leggo volentieri e con molta partecipazione il vostro blog da un mese ormai, ma fino a d ora sono sempre stata una lettrice silente.
    mi permetto di aggiungere una cosa al già esaurientissimo post. La causa principale della depressione che accompagnerà Virginia woolf per tutta la vita risiede non solo nella morte prematura dei suoi familiari, quanto piuttosto nelle numerose violenze che insieme alla sorella Vanessa subì nell’infanzia da parte di uno dei cugini.

    concordo sulla bellezza del film, e propongo a chiunque non l’abbia ancora fatto di leggere almeno un libro della Woolf: non solo Mrs Dalloway, ma anche Gita al Faro (altro meraviglioso ritratto di donna), o ancora il saggio-testamento femminista “una stanza tutta per sè”.