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I black che non son bloc

“Cresce la tensione in vista della manifestazione di oggi pomeriggio degli attivisti di xxx. I carabinieri in via don Bosco hanno fermato un furgone di xxx con striscioni e bastoni, i militanti di xxx hanno reagito, sono partite cariche e i militari hanno chiamato rinforzi. E’ sopraggiunto un reparto della Celere in assetto antisommossa, un attivista è stato fermato.”
Se vi capitasse di leggere una cronaca del genere, cosa pensereste?
Cui segue ampio spazio dedicato alla ricostruzione delle dinamiche da parte degli “attivisti” in cui si denuncia il sequestro di un furgone da parte della polizia e cariche immotivate.

Questo è lo spazio di movimento che Repubblica dedica ai neofascisti, ribattezzandoli senza alcuna ironia attivisti di destra (molto attivi nella cinghiamattanza, probabilmente), lasciando che giustifichino i loro bastoni e le loro spranghe come innocue. E’ che forse i bastoni di Napoli di CasaPound sono di gomma e non fanno male, mentre quelli dei NoTav o dei manifestanti del 15 ottobre, devono essere costruiti in altro materiale, con una segreta ricetta che si tramandano generazioni di bleccheblocche addestrat* allo scontro.
Se nel corso di una manifestazione romana, la polizia avesse trovato un pacchetto di stuzzicadenti e un limone nello zaino di un* manifestante, sarebbe stata altrettanto benevola la stampa?
No, perché forse mi sbaglio, ma mi sembrava di aver letto che, un esempio tra i tanti, il 15 ottobre Roma fosse invasa dai Black Bloc, mi pare di ricordare che ci fosse una campagna mediatica contro i cappucci e le sciarpe, contro le bandiere, le aste, i ramoscelli, le pietre e i sassolini e pagine intere dedicate a rivelazioni pruriginose sulle armi più trendy da indossare per andare ai cortei senza farsi mancare nulla, senza possibilità di replica sulle questioni legate a quanto la polizia avesse agito legittimamente.
Non mi pare di aver mai visto la parola attivisti di sinistra, se mai estremisti o black bloc, indistintamente, con un’insistenza estrema sulla retorica della violenza e senza un’analisi sulle ragioni di piazza o uno spazio di smentita o denuncia degli abusi.
Sarà che sono distratta.
E questo è solo il primo aspetto controverso dell’articolo che leggo.

Parlare di tensione alta, nonostante i centri sociali siano stati tenuti a distanza, in un altro presidio, sposta il significato della manifestazione su un piano di accettabilità, come se il problema fosse la sicurezza della città nel momenti in cui si fronteggiano parti radicali, ali estreme legittime e prima di tutto paritetiche -sono così distratta che credevo che ci fosse una legge che parla di apologia di reato per il fascismo e che avesse un suo risvolto attuale-, senza sottolineare che il soggetto in questione è casapound.
Descrivere i neofascisti come attivisti di destra fa parte di un uso della comunicazione strumentale, che tende ad edulcorare, minimizzare e arriva sdoganare una destra estrema che propugna -tra l’altro in modo violento e squadrista, ma forse anche questo per Repubblica non è paragonabile all’ombra oscura del blocco nero- una cultura sessista, machista, omofoba, xenofoba.
I fascisti attivisti e le ed i compagn* black bloc. Ai primi una parola ben connotata, con un significato positivo ed in generale pacifico, ben accettata e trasversale perché priva di significato politico (per quella che è la politica intesa in senso comune) in un panorama in cui parlare di politica fa paura, ai secondi un termine equivoco, con una connotazione generalmente negativa, un termine abusato e poco indagato, semanticamente incerto, che però rimanda ad immagini di violenza, alla guerriglia, al ferro e fuoco.
Questa modalità comunicativa sdogana di fatto i picchiatori, come sta facendo da un po’ di tempo a questa parte anche la sinistra, per il discorso che è necessario parlare con tutt* e che tutt* devono avere uguali possibilità, e, nel nome di una cultura libertaria che comunque non esiste per il giornalismo mainstream, si comporta come se difendesse chi, come caspound, la libertà la toglie a chi cerca con fatica di viverla quotidianamente.

Mi sembra un’operazione di audace revisionismo storico.

Mi dispiace, sono distratta e questo è un limite mio, ma io fascisti continuerò a chiamarli fascisti, la parola attivista la riservo a ben altre persone.

P.S. da ieri sera ad oggi, nel tempo in cui il post è stato scritto, l’articolo in questione è misteriosamente scomparso (qui lo screenshot dell’originale tratto da fb), rimpiazzato da questo.  In compenso Repubblica ci tiene a sottolineare che, nuova pratica, i fascisti hanno fatto un pacifico girotondo. Questo mentre i facinorosi antifascisti venivano tenuti a bada nel lancio di bottiglie. Meno male che le forze dell’ordine sanno proteggere noi distratt* dal reato di antifascismo.

Posted in Anticlero/Antifa, R-esistenze.


One Response

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  1. porno says

    pure ad adnkronos hanno fatto enormi porcate, tanto più che hanno affidato la gestione della cronaca di questa vicenda a Mia Grassi (https://www.facebook.com/mia.grassi) simpatizzante di destra e fan di librerie non conformi e gruppi musicali neofascisti…