Ne hanno stuprata un’altra. A Roma, un tizio in passamontagna con il solito coltello, che parlava in italiano, ha aggredito e stuprato
una ragazza mentre parcheggiava la macchina nel suo garage. Come già è
accaduto poco tempo fa ad un’altra donna a proposito della quale
avevamo parlato, non senza una ragione, di stupro di Stato.
La notizia proprio in questi giorni in cui si è votato il
pacchetto sicurezza con le sue ronde sponsorizzate per "salvare le nostre donne" e per perseguitare gli stranieri, ha l’effetto di una bomba.
Roma,
città governata da fascisti che tanto se la sono cantata e suonata
sulla sicurezza e che non hanno beccato quasi nessun stupratore, salvo
aver fatto passare le pene dell’inferno a qualche rumeno per fare
propaganda sulla pelle delle donne.
Roma,
capitale degli stupratori italiani che godono di totale impunità,
protetti dalla retorica che individua negli stranieri tutti i
criminali possibili.
Roma,
città nella quale le notizie sulle donne assassinate dai mariti passano
in ultima pagina perchè non rientrano nel programma politico della
maggioranza.
Valgono gli stessi motivi, la stessa analisi e gli stessi dati che abbiamo già descritto QUI.
Bisogna
fare qualcosa. Bisogna smetterla di offrire legittimazioni culturali a puttanieri
che costruiscono cultura dello stupro. Bisogna smetterla di fare
speculazioni sulla pelle delle donne.
Tutta la nostra solidarietà alla ragazza che ha subìto lo stupro!
Nota bene: la ministra carfagna, dopo aver appoggiato le ronde, aver tagliato fondi ai centri antiviolenza, aver fatto
dichiarazioni che legittimavano l’omofobia, aver parlato di "decoro" e
di prostitute trascurando di nominare gli "utilizzatori finali", aver
espresso opinioni contrarie a proposito di contraccezione, di difesa della 194, di corsi di educazione sessuale nelle scuole, aver trascurato i dati della violenza in famiglia a proposito della quale nulla è stato fatto (il numeretto di telefono non serve a niente, se non ad impiegare altre ragazze precarie in call center),
aver consigliato alle donne di essere pensionabili secondo il credo
della confindustria e flessibili e disoccupate per soddisfare gli
interessi di chi non ha il minimo rispetto per le donne, in qualunque
condizione esse siano, aver recitato a memoria il mantra
dio-patria-famiglia ora – dichiarando tutta l’impotenza di uno stato
che ha appena varato un pacchetto sicurezza basato sulla balla dello
straniero stupratore e cattivo, con tutto il carico di inutili ronde –
annuncia che promuoverà corsi di autodifesa per
donne. Come se servissero solo quelli, senza nessun investimento
culturale, mentre in giro c’e’ chi convince tutti che le donne possono essere trattate da "utensili".
Alla ministra bisognerebbe chiedere di leggere il decalogo per donne stuprate
e di ammettere di non saperne niente, di avere totalmente fallito, di
essersi assunta la responsabilità di tante vite di donne che ha
lasciato sole, senza una sola iniziativa politica utile a sostenerle. La ministra dovrebbe dimettersi.
Il sindaco Alemanno, che quando accusa un romeno chiama in causa
lo stupro etnico tanto caro ai suoi amici di cordata e quando si tratta
di un italiano gioca la carta dei problemi psichici, dovrebbe
vergognarsi (oltrechè dimettersi anche lui). Così come
dovrebbero vergognarsi le persone che parlano della ragazza stuprata
come di una che "non aveva mai ostentato la sua bellezza". Come se la
responsabilità degli stupri fosse di chi "ostenta la bellezza" e non
di chi ritiene le donne solo semplici oggetti di piacere.
—>>>L’immagine fa parte della campagna di comunicazione "Sicure che basti?"
Questa è la lettera che ho inviato agli Operatori di Repubblica.it e al Giornale stesso, inoltrando anche all’Assemblea permanente delle donne di Napoli per concordare eventuali azioni in merito:
Gent.mi Operatori dell’Informazione
non ho intenzione di farVi la predica sulla deontologia (ci mancherebbe), ma sento impellente, da lettrice, da insegnante e da cittadina, il bisogno di denunciare ancora una volta – perché ancora una volta, con sgomento e avvilimento indicibili, ho dovuto constatarne la pratica – il pestaggio mediatico della dignità e la criminalizzazione delle vittime di stupro, cui purtroppo anche Repubblica, a quanto vedo, indulge volentieri e senza resipiscenze.
Quale contributo alla chiarezza ed esaustività dell’informazione, quale prezioso apporto alla comprensione più profonda del drammatico evento è stato fornito, a vostro parere, dalle sciocche, violente e oltraggiose dichiarazioni dei vicini di casa dell’ultima ragazza violentata a Roma, relative alla sua “tenuta etica” e alla mancata “esibizione” della sua bellezza?
Siamo sempre lì! I giornalisti di Repubblica condividono, dunque, l’idea che la ragazza si sarebbe “meritata” lo stupro se avesse “esibito” la sua bellezza!!
E, di grazia, chi è che stabilisce quando e in quali circostanze una donna “esibisce” la sua bellezza? Per un musulmano è “esibizione” anche mostrare i propri capelli: a quali parametri dobbiamo conformarci, dunque, quando usciamo di casa? A quale codice del buon costume dobbiamo obbedire per non far scattare la qualifica di “ragazza dai facili costumi che si “attira” lo stupro”?
Quanti centimetri di gonna ci fanno “puttane”, e dunque immeritevoli di pietà e giustizia? E poi.. dobbiamo tener presente che i vicini di casa possono essere musulmani e, nel caso, uscire col burka per non sentirci dire che “ce la siamo voluta”?
MA CHE RAGIONAMENTO E’?
Dico alle giornaliste, soprattutto (una delle quali stuprata proprio con le stesse modalità e probabilmente dallo stesso balordo), ma anche ai loro colleghi maschi: riuscite a capire le implicazioni ideologiche, l’avallo che offrono alla violenza e al pregiudizio sessista, l’inaccettabilità, a livello civico, culturale ed umano, delle affermazioni stolide che puntualmente ed ottusamente registrate, come fossero “dovute” e “necessarie” al fine di suscitare indignazione?
Qual è lo scopo di questo insistito, indecente atteggiamento della stampa, anche di quella qualitativamente migliore, come la Vostra?
Non vi rendete conto di sottoporre la vittima a un osceno giudizio preliminare, per indurre i lettori a scegliere se la stuprata abbia diritto alla compassione (se vergine o frequentatice della parrocchia) o se, invece, all’indifferenza e persino al disprezzo?
Questo è l’unico reato – ed è il più atroce, un omicidio senza morte! – che implichi lo spostamento della colpa dall’aggressore alla vittima, rea di non aver osservato, nonostante cittadina a tutti gli effetti, il coprifuoco tacitamente imposto dalla bestialità, ovvero di non aver obbedito ai criteri di “rispettabilità” che capricciosamente il maschilismo decide di fissare a seconda del caso, dell’ambiente, dell’estrazione socio-culturale della vittima e anche a seconda dello stupratore (abbiamo infatti di recente imparato, col caso dello stupro di Capodanno, praticamente rimasto impunito, che in Italia ci sono anche stupratori di “buona famiglia” cui tutto è consentito)…
Siamo ancora, dunque, all’anno zero, per quanto riguarda la sensibilità su questo orrore?
Quante volte le donne dovranno gridare, ancora, per rivendicare il diritto ad ESISTERE E AD ESSERE RISPETTATE SENZA CONDIZIONI?
Quante volte ancora farete il controprocesso alla vittima, già devastata a vita e sicuramente beffata da una giustizia sempre solidale con lo stupratore e sempre pronta a giustificarne le “debolezze” o la presunta fragilità psichica?
Chi pensa alla fragilità, alla permanente e suppurante ferita della vittima espropriata di sé per sempre?
BASTA! Certe affermazioni, sia pure rilasciate in perfetta buona fede (ma l’articolo che ho letto su Repubblica.it chiarisce che a rilasciarle è stato un architetto e non un analfabeta zotico, il che è ancora più preoccupante!), sono lesive dei diritti umani fondamentali!
Il giornalista ha l’obbligo di riportare tutto ciò che concorra a ricostruire il quadro di una vicenda; non ha affatto l’obbligo, invece, di scrivere ogni imbecillità pronunciata da persone estranee ai fatti e imbevute di squallidi pregiudizi!
A meno che (e questa è la cosa allarmante al massimo), il giornalista non le ritenga rilevanti e significative o, addirittura, ne solleciti l’esternazione, condividendo appieno la mentalità degli imbecilli…
Si impone un radicale cambiamento di “stile”, quando parlate di stupro, pena la Vostra credibilità, come professionisti e come individui. Non è possibile che supportiate un simile sconcio, sia pure per leggerezza e superficialità!
Prima di scrivere, chiudete gli occhi e mettetevi nei panni della Vostra collega stuprata. Non un attimo solo. Dall’inizio alla fine. Processo e contro-processo mediatico compresi. Sono certa che l’esercizio Vi aiuterà a progredire e a crescere, nella coscienza e nel mestiere.
Grazie.
Marcella Raiola (Napoli)
Marcella Raiola (Napoli)
rosa hai perfettamente ragione. quando ho linkato l’articolo ancora non avevano aggiunto le interviste 😐
Sono sconcertata leggendo le parole nella fine dell’articolo sul quotidiano dove hai preso la notizia.
“E’ una ragazza tranquillissima, l’ho vista crescere. Non è appariscente né l’ho vista mai ostentare la sua bellezza. Una cosa del genere in questa zona è la prima volta che succede. Finora tutti lo consideravamo un quartiere molto tranquillo”.
della serie se fosse appariscente lo stupro se o sarebbe cercata o meritata. Ma possibile che nel 2009 si metta in dubbio la moralità di una donna stuprata?
Vergognoso! ci sentiamo evoluti e poi siamo solo all’età della pietra.