Da AteneCalling:
Qualche tempo fa, non le conosceva nessuno. Andavano tutte le mattine a lavoro e tornavano di pomeriggio dalle loro famiglie. Non si occupavano più di tanto della politica, né andavano alle manifestazioni. Neanche si conoscevano tra di loro, la maggior parte di esse. In questi ultimi 7 mesi, tutto il paese le ha conosciute. Campeggiano tutti i giorni al Ministero delle Finanze. Partecipano a tutte le mobilitazioni. Si schierano di fronte ai MAT. Si beccano tutti i gas e qualche volta le botte. Non portano pietre o bastoni. Nelle mani portano quello che fino a qualche tempo fa era lo strumento fondamentale del loro lavoro… il mocio! Sono le 595 bidelle del Ministero delle Finanze. Qualche mese fa la loro vita è stata messa in mobilitazione. Il 25 settembre hanno preso in mano mani gli atti che equivalevano ad un preannuncio di disoccupazione e di miseria. Ma non si sono arrese. Al contrario, hanno messo la città a soqquadro.
“Adesso arrestate gli evasori e lasciate alle bidelle i mocio” gridano tutti i giorni. Forse non hanno imparato la politica attraverso i manuali di Marx e di Lenin, ma la mettono in atto attraverso l’esperienza di una lotta per il diritto al lavoro. La maggior parte hanno pulito per anni le scale e i corridoi delle Agenzie delle Entrate e degli uffici. Oggi, hanno più di 40 anni per cui non possono nè andare in pensione, né trovare un altro lavoro nel completamente arido ambiente lavorativo del paese. Al loro posto, in molti casi, ci sono gruppi di pulizia privati. Degli appaltatori, cioè, che vengono pagati dallo stato e occupano delle lavoratrici spesso in condizioni lavorative misere con arbitrarietà e minacce. Sono state ignorate da deputati e ministri, sono state derise dai TG delle 8. Sono state prese in giro dai passanti. Al contempo, migliaia di donne che lottano in continuazione contro la disoccupazione, la precarietà e soprattutto la depressione si sono commosse per la loro tenacia e la loro unità. Nei loro volti, hanno visto rinascere un femminismo spontaneo e popolare. L’unica cosa certa è che queste donne sanno “pulire”, letteralmente e simbolicamente.
[Evaghelìa Alexàki]
Ho 57 anni, sono sposata e ho due figli. Ho lavorato per 19 anni presso l’Agenzia delle Entrate a Chaidàri e dopo presso l’Agenzia per i reati economici delle isole ionie. Non posso andare in pensione. Non posso fare niente se ci licenziano (..). All’appuntamento dell’8 di aprile con Stournàras [ministro delle finanze, ndt], lui ha riconosciuto che tutto questo è ingiusto ma ha sostenuto che il paese deve andare avanti. Non si è impegnato, ha detto solo che è in contatto con il ministro delle Riforme per trovare alcuni posti di lavoro. Questo appuntamento lo chiedevamo da 6 mesi e mezzo. E’ stato un grande fallo da parte del ministro, non accettare di incontrarsi con le donne che hanno pulito i suoi uffici per tanti anni. Non hanno capito, però, quanta forza nascondiamo dentro di noi. Mi ricordo che in un presidio davanti al ministero, i poliziotti ci tiravano per i capelli. Non accetto che nessuno mi metta le mani addosso. Quel giorno, quando sono tornata a casa mia e ho visto le mie braccia piene di lividi, mi sono sentita male. Mi vergognavo di portare le maniche corte. Una cara amica di Corfu mi ha detto: “Evaghelìa, ti invidio. Come hai fatto a superare così la paura?”. Le ho risposto che tutti dobbiamo superare la paura perché è su di essa che contano e fanno quel che vogliono.
[Georgia Oikonòmou]
Ho 48 anni. Ho lavorato per oltre 11 anni presso la V Agenzia delle Entrate del Pireo e il 18 maggio scade il periodo di 8 mesi della mia mobilità. Non sono sposata. Vivo da sola e quei 9.000 euro annui, erano gli unici che avevo. Se hai 25-30 anni è difficile, ma ci sono delle possibilità. Per noi, a quest’età, non c’è posto nel mercato di lavoro. Ad esempio, io ho fatto molte richieste. Il telefono non ha squillato, neppure per vedere come sono, non per assumermi. La mia vita si è capovolta. Perdere il salario è come perdere la mia dignità. Il peso è troppo grande. Vedo gratuitamente uno psicologo, per sostegno. Sono un po’ fortunata, perché ho la mia casa e non pago l’affitto. Ma temo di perderla. Se mi licenziano non potrò pagare le tasse e le bollette. Stournàras ci ha fatto un piacere, però, perché con tutto questo siamo dimagrite. Due cose ricordo intensamente del mio lavoro, un momento bello ed un momento brutto. Il primo agente che mi ha assunto era una persona molto brava, di pomeriggio veniva e mi chiedeva se stavo bene e se mi serviva qualcosa. Una volta, però, seguii dei seminari al Ministero delle Finanze nel 2004. Mi vide il segretario generale del ministero di allora e mi disse “Cosa stai facendo tu qui?”. Era la prima offesa in pubblico. Ma voglio essere ottimista. Fino al 18 maggio almeno, voglio credere che tornerò al mio lavoro.
[Fotinì Dimitriou]
Ho 52 anni. Ho due figli, di 30 e 25 anni. Grazie a Dio entrambi lavorano. Mio marito è pensionato. Ho lavorato per 18 anni presso l’Agenzia delle Entrate a Neàpoli, vicino Salonicco. Adesso prendiamo il 75% del nostro salario. Avevamo progettato la nostra vita e adesso tutto è saltato in aria. Con mio marito abbiamo un mutuo per la casa e ormai abbiamo delle difficoltà. Sono un po’ disperata. Penso che scadrà il termine di 8 mesi e non avremo altre possibilità. L’unica soluzione che rimane è la punizione alle elezioni. Non avevo problemi sul lavoro. Ero soddisfatta. I miei colleghi e i miei superiori ci trattavano con gentilezza. Nell’Agenzia delle Entrate adesso c’è una ditta privata. Hanno proposto ad alcune di noi di andare a lavorare. Nessuna ha accettato. Siamo unite e vogliamo i nostri posti di lavoro indietro. Le ore che in passato andavo a lavorare, adesso le passo per strada (a protestare). Per fortuna che ci aiuta l’Unione del personale delle agenzie delle entrate. Copre le spese di trasferimento. Speriamo di farcela! Mi manca tutto del mio lavoro.
[Dimitra Manòli]
Ho 52 anni, sono sposata e ho due figli grandi disoccupati. Ho lavorato per 18 anni presso l’Agenzia delle Entrate di Volos. Quando ho saputo che avrei perso il lavoro, ho sentito la terra perdersi sotto i piedi. Vedi, quando fai la bidella, non lo fai per scelta ma per necessità. Anch’io avrei voluto studiare ma sono cresciuta in una famiglia povera e non ho potuto. Dopo la prima scossa ho deciso di lottare per ritornare al mio lavoro. Conosco una collega che quando ha trovato questo lavoro, si è separata per salvarsi dal pestaggio e per far crescere suo figlio. Adesso cosa farà? Ci sono donne che mangiano alle mense [dei poveri, ndt] e famiglie che non hanno pagato le bollette. Noi per tanti anni non ci siamo conosciute tra di noi. Non avevamo mai scioperato. Adesso ci siamo affezionate e nessuno può minare la nostra unità. Le mie colleghe sono forti e non le cambierei per nulla.
[Fotinì Nikitarà]
Ho 45 anni, tre figlie e un nipote. Mi sono sposata quando avevo 16 anni. Ho divorziato alcuni anni fa. HO fatto questo lavoro per 17 anni. Era il 10 di agosto quando l’ho saputo. Sono salita al sesto piano del ministero. Ho incontrato Theochàris [segretario generale delle entrate, ndt]. “E’ vero?” gli ho chiesto. “Purtroppo” mi ha risposto. Gli ho spiegato che ero disperata. “Mi dispiace molto. Non posso fare niente” mi ha detto. “Anch’io non potrò pagare il mio affitto con la sua risposta”. La gente inizialmente era sospettosa nei nostri confronti. Pensavano che prendevamo 3000 al mese. Abbiamo spiegato alla gente che è in gioco la nostra vita. Che siamo obbligate a uscire in strada. Stiamo imparando a farlo proprio adesso. La mia vita si è capovolta a 360°. Mi ricordo la volta che ho pianto tanto, era l’ultima volta che ci hanno picchiate davanti al ministero. Dopodichè abbiamo fissato un appuntamento con Stournàras. Gliel’ho detto anche da vicino: “MInistro, dovevamo essere picchiate per incontrarla?”
Di Maria Loukà – foto Alexandros Katsìs
Fonte: vice
Traduzione di AteneCalling.org