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Dalla svezia la critica delle sexworkers alla politica in materia di prostituzione

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Grazie a Gilda, abbiamo la traduzione di questo articolo di Petra Östergren “Sexworkers Critique of Swedish Prostitution policy“.

Ringraziamo anche Petra per averci dato l’autorizzazione a tradurre e pubblicare questo articolo e di averci suggerito altro materiale che andremo via via traducendo.

Petra Östergren è una femminista, scrittrice e ricercatrice di antropologia sociale presso la Lund University. La sua tesi dottorale è stata proprio sulla Swedish Sex Purchase Act, la legge che rende illegale la vendita di prestazioni sessuali in Svezia e tra i vari libri che ha pubblicato tra i più recenti vi è “Porr, horor och feminister” (Porno, Puttane e Femministe) del 2006, dove analizza e critica le tre decadi del movimento antiporno e antiprostituzione in Svezia.

Se volete saperne di più su Petra vi consiglio di leggere questa intervista per il giornale della Lund University (in inglese) dove spiega la sua traiettoria come ricercatrice e come militante femminista.

Buona lettura!

SEXWORKER: CRITICA ALLA POLITICA SVEDESE IN MATERIA DI PROSTITUZIONE

In questo articolo non mi occuperò della complessa tematica per cui la prostituzione sia un elemento socialmente desiderabile o meno. Piuttosto intendo documentare alcune delle esperienze ed opinioni delle sexworker in Svezia. Mi sono preoccupata del fatto che molte donne al centro della politica sulla prostituzione sono raramente ascoltate e spesso si sentono discriminate. Se i diritti di uguaglianza delle donne sono importanti, allora l’esperienza delle sexworker deve sicuramente essere centrale nella nostra discussione, indipendentemente da quale posizione ognuno prenda in merito alla prostituzione stessa.

La legge contro lo sfruttamento della prostituzione (la promozione o i proventi ricavati da essa) e la recente legge, introdotta nel 1999, che proibisce l’“acquisto” di servizi sessuali sono le due principali modalità in cui lo stato svedese si propone di “combattere” la prostituzione. I politici svedesi e le femministe sono orgogliosi della politica dello stato in materia di prostituzione ed insistono sul fatto che abbia effetti positivi. Tuttavia, le sexworker hanno una visione differente: si sentono discriminate, percepiscono la loro sopravvivenza a rischio a causa delle leggi stesse che dovrebbero proteggerle e, di conseguenza, vivono in situazione di forte stress emotivo.

Il materiale in quest’articolo deriva dalle mie interviste, conversazioni informali e corrispondenze con circa 20 sexworker a partire dal 1996, e da interviste a sexworker pubblicate e trasmesse dai media svedesi. É anche basato su interviste a persone che lavorano con donne che vendono sesso per sostenere una dipendenza da droghe (molte delle quali sono anche senzatetto).

L’articolo contiene anche un riassunto di relazioni condotte dalle autorità svedesi dopo l’introduzione della nuova legislazione (che criminalizza i clienti).

Vendere prestazioni sessuali non è lavoro

La prostituzione non è ufficialmente riconosciuta come lavoro in Svezia. Piuttosto, la prostituzione è vista come una malattia sociale e una forma di violenza maschile contro le donne. Le sexworker sono considerate vittime che necessitano di protezione dallo stato, inoltre le categorie maschili e transgender sono raramente prese in considerazione. Nell’obiettivo di creare una società migliore e più equa, lo stato svedese ha stabilito che la prostituzione debba essere abolita. Opinione raramente messa in discussione.

La legge contro lo sfruttamento della prostituzione

La legge contro lo sfruttamento della prostituzione rende illegale il lavoro al chiuso, il lavoro con altre persone, di ricavare profitti dal lavoro sessuale altrui e di fare promozione pubblicitaria. Alcune donne intervistate hanno espresso soddisfazione per gli effetti che la legge ha avuto nei confronti dei protettori che sfruttano le prostitute, visto che negli ultimi due decenni sono diminuiti in Svezia. Altre sexworker, invece, trovano discriminatoria la legge. Ritengono, infatti, che, come ogni altro lavoratore o imprenditore, una sexworker debba avere il diritto a disporre di un ambiente lavorativo decente, a lavorare collettivamente, ad usare i mezzi pubblicitari, ad aprire un’attività, etc.

A causa di questa legge le sexworker sono costrette a mentire per ottenere l’affitto di un locale perché diversamente dovrebbero pagare prezzi esorbitanti e, di conseguenza, sono continuamente preoccupate di essere scoperte. Riferiscono anche di essere costrette spesso a traslocare (quando scoperte) e ad essere trattate male dai proprietari e dai “papponi degli affitti”. Alcune donne preferiscono entrare in contatto con i loro clienti per strada, mentre altre lavoratrici lo trovano troppo umiliante.

La maggior parte delle donne con cui ho parlato spera di poter lavorare in cooperazione con altre, cosa che servirebbe a rafforzare la sicurezza e a supportarsi l’un l’altra. Trovano ingiusto non poterlo fare e si sentono spaventate quando devono lavorare da sole.

La legge rende difficile anche convivere con il proprio partner dal momento che è illegale percepire introiti da una sexworker. É difficile per una sexworker avere una famiglia da quando è stata considerata inadeguata ad essere genitore e pertanto può perdere la custodia dei propri figli qualora emergesse che venda prestazioni sessuali.

La legge contro l’ “acquisto” di servizi sessuali

La nuova legge che proibisce l’atto di comprare servizi sessuali è severamente criticata dalle lavoratrici del sesso. Trovano che sia paradossale, illogica e discriminatoria, che ostruisca il loro lavoro e che le esponga a stress e pericolo.
Le donne con cui ho parlato sostengono che la motivazione che sta dietro alla legge non conferisce senso alla sua esistenza. Come possono i politici dichiarare che solamente i clienti vengono puniti e che loro sono protette? Gli effetti della legge sono soprattutto negativi. Tra le sexworker c’è chi fa notare che anche se alcuni uomini vengono multati, la maggior parte continuerà come sempre a pagare per ottenere servizi sessuali e, come sempre a risentirne maggiormente in maniera negativa saranno le sexworker stesse.

Come conseguenza della nuova legislazione, le sexworker dichiarano che adesso è più difficile valutare i clienti. I clienti sono molto più preoccupati e spaventati e le negoziazioni per strada devono essere fatte rapidamente. La possibilità di finire con un cliente pericoloso è cresciuta notevolmente.

A causa della legge, le sexworker si sentono ricercate dalla polizia, dagli assistenti sociali, dai media e a volte anche dagli/lle attivisti/e anti-prostituzione per le strade. Lo trovano inaccettabile. Una sexworker ha commentato che nessun altro gruppo professionale accetterebbe che la polizia “pattugliasse il proprio posto di lavoro”.

Un’altra conseguenza è che le sexworker sono ora molto più nervose nel cercare aiuto dalla polizia qualora abbiano problemi con clienti che commettono abusi. Non vogliono essere costrette a segnalare il cliente.

Dal momento che il numero di prostitute di strada è diminuito, e sono molto più spaventate, le precedenti reti informali tra sexworker si sono indebolite. Il risultato è che non sono più capaci di allertarsi a vicenda sui clienti pericolosi o di darsi supporto vicendevolmente.

Le donne riportano anche come altra conseguenza della legge l’abbassamento dei prezzi sulle strade visto che ci sono meno clienti e maggiore competizione. Ciò significa che le donne che sono in situazioni economiche più disperate corrono maggiormente il rischio di rapporti non protetti e si rendono disponibili per atti sessuali che normalmente non compierebbero. In ritorno, tutto ciò porta a una minore autostima e all’esposizione a infezioni. Altre donne che si sono rivolte a Internet per pubblicizzarsi, riportano un effetto positivo essendo riuscite ad aumentare i prezzi. Ma bisogna evidenziare che di questo ne beneficiano solo alcune sexworker. Le lavoratrici più vulnerabili sembrano essere quelle che risentono di più degli effettivi negativi della legge.

Le donne che lavorano per strada in alcune grandi città dichiarano che ora c’è una percentuale maggiore di clienti “pervertiti” e che i clienti “carini e gentili” sono spariti. Un cliente “pervertito” è qualcuno che fa richiesta di forme di sesso più violente, sesso con feci e urine e che è più propenso ad umiliare, degradare e violentare le prostitute. Spesso si rifiuta anche di usare i profilattici. Da quando ci sono meno clienti per le strade, le donne che vendono prestazioni sessuali per finanziare l’uso di droga non possono rifiutare a lungo questi clienti, come riuscivano a fare prima. Tali donne dicono che i clienti “gentili” sono passati a Internet per cercare prestazioni sessuali oppure sono stati arrestati dalla polizia. Al contrario, i clienti “pervertiti” sanno cosa fare per non essere arrestati e multati: devono soltanto negare dal momento che raramente ci sono chiare evidenze del fatto.

Il trattamento sociale

Un’altra rimostranza spesso riportata è relativa a come le sexworker si sentono trattate dalle autorità e dalla società in senso lato. Tutte le lavoratrici con cui ho parlato fanno riferimento alla stigmatizzazione legata alla prostituzione per la quale la prostituta è vista come debole, sporca, mentalmente malata, dipendente dalla droga e dall’alcool: una vittima. Insieme alla difficile situazione legale, a causa dello stigma sociale le sexworker si preoccupano del fatto che la loro attività possa essere portata all’attenzione pubblica, per tanto fanno tutto il possibile per assicurare il loro anonimato. Ciò include, per alcune donne, mentire agli amici, la famiglia e i vicini.

Le sexworker dicono che si sentono inabilitate dallo stato e non rispettate. Affermano che i loro diritti di cittadine sono violati. Molte di loro sostengono di non essere una parte importante della società e che, anche se vi contribuiscono, ne sono attivamente escluse. Pensano anche che alle prostitute siano negati i vantaggi del welfare state, qualcosa che invece è garantito a tutti gli altri cittadini svedesi.

Diverse sexworker dichiarano di sentirsi usate dai politici, dalle femministe e dai media. Ritengono di essere ascoltate o che gli venga prestata attenzione solo se dicono le cose giuste, come per esempio che trovano che la prostituzione sia spaventosa, che loro sono vittime, che hanno smesso di vendere prestazioni sessuali e che non lo faranno mai più, e che sono grate all’attuale politica e ai politici.

Le sexworker si sentono prevaricate nei processi decisionali riguardanti i cambiamenti giuridici ecc, fatto che non reputano democratico. Si chiedono se qualsiasi altro gruppo sociale avrebbe potuto essere così consistentemente escluso dai processi di decisione politica che li riguarda.

Le sexworker riportano di aver avuto poco o nessun aiuto da parte delle autorità e piuttosto di essere state abbandonate da queste. Alcuni ritengono che le donne che desiderano lasciare la prostituzione possono in alcuni casi usufruire di un adeguato aiuto da parte delle autorità sociali.

La maggior parte delle sexworker che ho intervistato rigetta l’idea che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella loro professione o che dovrebbero essere soggette a terapia o rieducate per fare un altro tipo di lavoro. Ritengono inoltre che sia un trattamento che non sarebbe imposto a nessun altro gruppo professionale. Le sexworker affermano che, contrariamente alla credenza ufficiale, non sono vittime dei loro clienti, bensì vittime dello stato. Non solo perché non sono ascoltate o perché lo stato le mette in situazioni di pericolo e forza alcune di loro ad affiliarsi al mondo criminale, ma anche perché la situazione nel suo complesso gli rende impossibile di parlare apertamente del proprio lavoro, pronunciarsi contro le ingiustizie e organizzarsi tra di loro.

Questioni di salute

Tutte le donne con cui ho parlato riportano sentimenti di stress emotivo a causa della situazione giuridica e il modo in cui vengono trattate socialmente. Devono nascondersi, mentire e avere una doppia identità. Temono molestie e ostracismo sia verso loro stesse che i loro figli e partner.

Lo stress emotivo deriva anche da una situazione finanziaria vulnerabile e poco chiara. Visto che la maggior parte delle donne non paga le tasse ha paura di ciò che gli accadrà una volta che andranno in pensione. Le pensioni saranno basse e appena sufficienti per vivere. Quando si ammalano devono lavorare o fare affidamento su ciò che possono aver risparmiato, invece che affidarsi al diritto di indennità dei lavoratori. La situazione giuridica in materia di tassazione non è chiara e varia da città a città. Alcune autorità fiscali lasceranno le sexworker da sole, altre le cercheranno per tassarle secondo una stima arbitraria. Alcune di loro sono state sottoposte a questa procedura con disastrose conseguenze finanziarie, e coloro che ne hanno soltanto sentito parlare sono preoccupate che accada anche a loro.

Le sexworker riportano un aumento del loro stress emotivo a seguito dell’introduzione della nuova legge. Si sentono più preoccupate di essere scoperte e per il loro reddito futuro. Molte riferiscono che ora hanno più ansia, disturbi del sonno, problemi di concentrazione e problemi legati ai disturbi alimentari, alcool e droghe.

Le sexworker che ho intervistato rivelano maggiori sentimenti di impotenza e di rassegnazione rispetto a prima dell’introduzione della nuova normativa. Si sentono come se fosse inutile tentare di cambiare il sistema (o i diretti effetti sulla loro vita) e che nessuno le sostiene o parla a nome loro.

Ciò che vogliono

Le sexworker esprimono rabbia nei confronti dei politici svedesi che, a loro parere, si vantano e mentono circa l’effetto della nuova legge a confronto con altri paesi. Sperano invece che gli altri stati scoprano “la verità” nascosta dietro gli effetti della legge, e sconsigliano vivamente agli altri paesi di adottare una normativa simile.

Anche se alcune delle sexworker con cui ho parlato dichiarano di conoscere i dettagli della nuova normativa riguardante la prostituzione nei Paesi Bassi e in Germania, ne parlano tutte positivamente. Vorrebbero che la prostituzione in Svezia fosse legalizzata (o almeno depenalizzata), che ci fossero sindacati e organizzazioni delle prostitute, che lo stigma intorno a loro fosse abolito e che gli fossero concessi gli stessi diritti e doveri delle altre donne e cittadine.

Le donne che vendono sesso per sostenere una dipendenza da droghe sembrano essere meno propense a considerare la prostituzione come un’esperienza positiva o un lavoro. Tuttavia, sono ugualmente critiche nei riguardi della legislazione e politica svedese. Vorrebbero usufruire di un migliore accesso al programma di metadone o Subutex, attualmente qualcosa di cui beneficia solo un numero ristretto di persone.

Rapporti ufficiali

Critiche simili a quelle fatte dalle mie intervistate sono state espresse nei tre rapporti ufficiali fatti dopo l’introduzione della legge contro l’acquisto di servizi sessuali. Un anno dopo l’approvazione della legge, il Consiglio nazionale per la prevenzione della criminalità (Brottsförebyggande Radet) ha condotto un sondaggio sulla pratica della nuova legge e su quali problemi sono stati riscontrati. Il Consiglio Nazionale della Sanità e del Welfare (Socialstyrelsen) ha pubblicato un rapporto, un anno dopo che la legge è stata introdotta, con lo scopo di documentare le conoscenze esistenti sulla diffusione della prostituzione. Il Consiglio nazionale della polizia (Rikspolisstyrelsen) ha pubblicato un rapporto sulla base delle informazioni dei primi due anni di pratica della nuova legge per dare suggerimenti su nuovi metodi di lavoro della polizia contro la prostituzione.

Tutte queste relazioni rivelano che la prostituzione di strada è diminuita subito dopo l’introduzione della legge e, inoltre, riportano che il reclutamento è diventato più basso, anche se il Consiglio nazionale per la prevenzione della criminalità ritiene che il numero esatto di sexworker, per esempio a Stoccolma, è stato difficile da stimare poiché la prostituzione di strada si è trasferita in altre strade e si svolge in una zona più ampia di prima. Tutte le autorità dicono che non ci sono prove per cui si possa garantire che la prostituzione nel complesso sia diminuita, mentre si può più probabilmente assumere che la prostituzione invisibile sia aumentata.

Tutte le relazioni affrontano i problemi che emergono dopo che la nuova legge è stata introdotta. Il Consiglio nazionale della polizia scrive che le lavoratrici del sesso che sono ancora nel giro della prostituzione di strada stanno passando un momento difficile. Questo, spiegano, è perché i clienti sono meno, i prezzi più bassi e la concorrenza più difficile per le donne. Ciò porta le sexworker a vendere sesso senza protezione ad una percentuale di volte più elevata, e a dover accettare più clienti rispetto a prima (in quanto i prezzi sono più bassi). Gli intervistati dello studio condotto dal Consiglio Nazionale di Salute e del Welfare (di cui nessuno è un lavoratore del sesso) ritengono che le sexworker oggi incontrano maggiori difficoltà e sono più esposte di prima. Gli acquirenti sono “peggiori” e più pericolosi, e le donne che non riescono a smettere o spostare la loro attività dipendono da questi uomini dal momento che non possono permettersi di rifiutarli come prima. Anche gli acquirenti che sono stati intervistati ritengono che la legge colpisca di più le donne già socialmente emarginate. Secondo il Consiglio nazionale della polizia, il sistema sanitario ha preoccupazioni per il peggioramento della salute dei/lle sexworker e per la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili.

Il Consiglio nazionale della polizia ha anche scoperto che la legge costituisce un ostacolo al perseguimento degli sfruttatori della prostituzione. Precedenti casi legali contro gli sfruttatori potevano essere sostenuti dalle testimonianze degli acquirenti delle prestazioni sessuali, ma questi non sono più disposti ad aiutare in quanto essi stessi sono ora colpevoli di aver commesso un crimine. Il rapporto del Consiglio di polizia sottolinea inoltre che i/le sexworker sono cadute in una posizione difficile, costruita ed intermedia per quanto riguarda la nuova legge. La sexworker vende sesso, ma questo non è un atto criminale. Tuttavia, poiché l’acquisto di servizi sessuali è un crimine, la sexworker può essere fatta comparire come testimone in un processo. In questo modo, la sexworker non beneficia né dei diritti dell’imputato né della vittima. La relazione del Consiglio di polizia riporta anche il fatto che le sexworker sono soggette a ricerche e domande invasive in modo che le prove contro i clienti possano essere ottenute in flagrante.

Official reports
RPS (Rikspolisstyrelsen) 2001. Rapport. “Lag (1998:408) om förbund mot köp av sexuella tjänster. Metodutveckling avseende åtgärder mot prostitution.” Av Nord, Anders och Rosenberg, Tomas. Polismyndigheten i Skåne. ALM 429-14044/99. 2001. POB -429-4616/99
SoS (Socialstyrelsen) 2000. “Kännedom om prostitution 1998-1999.” SoS rapport 2000:5.
BRÅ (Brottsförebyggande Rådet) 2000. Brå rapport 2000:4. “Förbud mot köp av sexuella tjänster. Tillämpningen av lagen under första året.” Brottsförebyggande rådet. Stockholm.

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3 Responses

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  1. riccardo says

    se non ci foste bisognerebbe inventarvi. grazie

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