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Un femminismo a puntate: stereotipi!

Come dicevo, scrivo e scriverò una serie di post che parlino di femminismo dal mio punto di vista. Una definizione generale sta scritta nel mio primo post sull’argomento. Potete leggerlo QUI. Proseguo, ora, sempre a partire da me, il personale che si fa politico, e buona lettura!

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Il femminismo degli esordi ci riguarda da bambine. A partire da una morale che ti viene imposta e da una serie di stereotipi che prepotentemente esigono di poterti definire, come bambina, persona.

Il primo dato è che non hai un pene, dunque sei femmina, dunque sei biologicamente impegnata a rispettare un copione che altri hano già scritto per te. Nessuno ha chiesto il tuo parere, eppure, tu sei stata educata a ricoprire ruoli ben precisi ed è anche semplice immaginare quali.

Per capire quanto sia violenta la imposizione di ruoli sin dalla nascita bisognerebbe sapere un po’ di più cosa succede in “medicina” ai nascituri o alle nasciture intersex, quell*, cioè, che nascono con due organi sessuali e che vengono costretti, fin da subito, ad una scelta imposta con una mutilazione che è aggressione al corpo e all’anima di persone che non vengono lasciate libere di decidere chi vorranno essere.

Per tutt* gli/le altr* l’imposizione la vedi da cose apparentemente poco significative.

Le bambine vengono immediatamente bucate alle orecchie perché bisogna distinguerle dai maschi e allora un orecchino, che di per se’ potrebbe portare delle infezioni, sembra il mezzo migliore per mettere un bollino “rosa” su quelle creature.

Ma ancora prima, ci sono tutti quegli esperimenti un po’ strani, quelle prove di magia, che indovinano il sesso di chi nasce e scommettono sul tuo futuro, che tu sia femmina o maschio, decidendo che se sarai femmina dovrai fare compagnia alla mamma e se sarai maschio dovrai andare a giocare a pallone col papà. Che accada totalmente il contrario non è previsto, anche perché tutti faranno in modo da rimettere a regime i figli non irregimentati punendo le femmine che non hanno alcuna voglia di smazzarsi le faccende con la madre e i maschietti che non hanno alcuna voglia di fornire prove di virilità nei campi di calcio.

Ad un certo punto nasci, e non mi soffermo sul parto, la maternità e tutto il resto perché ci tornerò in un altra puntata di questa narrazione sul femminismo, e quando nasci sei letteralmente sommersa da respiri rosa, fiocchetti rosa, confetti rosa, perline rosa, lenzuola ricamate in rosa, copertine rosa, tutine rosa, perfino pannolini rosa, ninnoli rosa, stronzate rosa di tutte le taglie, proporzioni, misure, in quantità industriale. I controllori e le controllore del sesso imposto sorvegliano che tutto vada bene, somiglia al papà, alla mamma, al nonno, alla nonna, al mondo intero meno che a se’ stessa, povera creatura, e quella somiglianza rappresenterà una costrizione grave a seconda di ciò di cui è portatrice.

Fai come tua sorella, sei come tua nonna, somigli a tuo nonno, precisa a tuo papà, tale madre tale figlia, non sei brava come quella, quello e quell’altr@ e via di questo passo in una definizione che obbliga a seguire linee ereditarie dalle quali sembra difficile discostarsi. Difficile distinguersi, essere altro rispetto a quello che hanno già deciso per te.

Mentre cresci, sopravvivendo al “rosa” (o l’azzurro) e illudendoti un giorno di poterti liberare di quegli abiti e di poter fare il cazzo che ti pare, i genitori ti sorvegliano perché tu sia fedele al manuale di istruzioni per l’uso con cui sei stat@ mandat@ sulla terra.

Non ti puoi toccare perché è peccato, non puoi fare questo e quello, non puoi stare sbracata a cosce larghe, non puoi giocare come ti pare e con quello che ti pare. La femminuccia deve essere affettuosa, sensibile, attaccata alle gonne di mamma, devotamente predisposta alla cura, viene educata al ruolo che ricoprirà in futuro con una montagna di giocattoli, bimbi belli, bimbi che piangono, bambolotti con la cacca artificiale a spruzzo e il vomito a tempesta, cucine e cucinine, forni a microonde in miniatura, asciugacapelli e smalti, trucchi e abitini, pellicce e strass da accludere al look (perché le bambine ovviamente devono averci un look!), e per le bimbe già vissute poi c’è la schiera di giochi rieducativi dal punto di vista estetico, le tante barbie, tettone e con i culi scolpiti, di proporzioni inverosimili, che hanno colonizzato la testa di tante creature di qualunque parte del mondo imponendo un modello estetico razzista che non è certo quello delle bambine senegalesi o cinesi, cubane, brasiliane, ma neppure di quelle siciliane o algerine.

Per i bambini non è mai diverso. Sono maschi e in quanto tali vengono educati ad essere aggressivi, a dominare, a controllare, a concepire il gioco o lo sport, che non è cosa cattiva in se’, come momento di scontro e competizione portata all’ennesima potenza, gara testosteronica e machista in cui chi perde è niente e chi piange è un frocio. Perché l’educazione dei maschietti è condita di omofobia alla radice. Tutto viene detto e fatto affinché questo maschietto abbia sempre una protezione sicura al deretano e non estenda le sue responsabilità o le sue predisposizioni ai ruoli di cura. Vengono congelati i suoi desideri di essere qualunque altra cosa rispetto a quanto gli impongono. Non è lui che dovrà mettere in ordine la stanza, niente bambolotti che sono cose da femmine, nessun gioco con bamboline all’ora del thé. Sei maschio e devi fare le cose da maschio. Ma chi ha deciso cosa sono le cose de maschio e quali no?

La violenza che subiscono i bambini e le bambine è senza eguali. E’ forse la forma di autoritarismo più atroce che si possa concepire. Una modalità militare che investe sugli esseri umani affinché essi sorveglino l’adesione ad una norma che non può e non deve essere trasgredita. Chi non resta in riga è un trasgressore, chi non compie i riti imposti è un’eretica. E costoro sono stati, sono e saranno perseguitati come i peggiori nemici dell’umanità.

Le bambine DEVONO essere sensibili, dedite alla cura, coccolose, amanti degli animali, gentili e soavi creature il cui unico obiettivo non può essere altro che di compiacere, soddisfare, alleviare, eccetera eccetera.

I bambini DEVONO essere degli stronzi, aggressivi, violenti, pelosi, virili, machisti, insensibili, con una visione delle relazioni sociali che non può essere fatta di carinerie, fisicità, coccole, pianti e tutta quella serie di umani scambi che non dovrebbero essere negati a nessuno.

Le bambine si possono abbracciare e i bambini, per toccarsi, si devono picchiare. I bambini si possono aggredire e le bambine per aggredirsi devono usare modalità indirette che siano più da “femmine”.

Tutto questo c’entra moltissimo anche con la sessualità, che viene imposta sin da piccoli, ma quello è un altro capitolo e perciò passiamo oltre.

Per ora voglio ricordare tutte le bambine che vengono definite “maschiacci” perché hanno fatto cose e si sono appassionate a situazioni che non avrebbero dovuto interessarle e voglio ricordare tutti i bambini che vengono descritti come “effeminati” perché hanno attitudini che tutti tentano di censurare. In entrambi i casi si assiste a riti sociali in cui bambine e bambini fedeli ai ruoli vengono celebrati e valorizzati mentre gli altri, tutt* gli/le altr*, vengono definiti sempre come difettosi, sbagliati, malati, fuori dal branco. La celebrazione insiste fino alla tarda età, quando vedrete celebrato il mito dell’eroe che si fa massacrare in guerra, non si capisce per quale ragione, e vedrete denigrare colui che diserta, che non è violento e non ha alcuna voglia di ammazzare altri esseri umani o di trattare male altre persone in generale (donne, gay, trans, migranti, anziani, poveri, etc etc).

La cosa ridicola è che, in effetti, almeno secondo la mia esperienza, bambine e bambini, mentre reagiscono a questa mole assurda di imposizioni, vengono messi l’uno contro l’altr@, quasi che loro stessi fossero i nemici e non quegli e quelle altre che agiscono le imposizioni.

Ad entrambi viene insegnato a odiare il proprio opposto e questo accade in mille circostanze. Quando si connota in negativo l’essere “femmina” come creatura debole, votata a cose frivole e poco interessanti. Quando si decide che l’essere “maschio” corrisponde ad una modalità rabbiosa e violenta. Femminuccia e maschiaccio, perché le parole hanno un significato e non possiamo non analizzarle per quello che rappresentano.

La femminuccia e il maschiaccio trascorreranno tutta la vita alla ricerca di quella parte di se’ che è stata censurata, amputata, e si vergogneranno di essere “femminucce” e “maschiacci” a seconda che essi siano donne o uomini, non trascurando il fatto che mille altri generi esistono e che in questa forzata dualità sembrano non avere spazio. In ogni caso questa è una questione che ci riguarda e vi riguarderà per tutta la vita e dunque è talmente importante essere innovativi nell’educazione dei bambini, combattere vere e proprie guerre contro preti, medici conservatori e insegnanti reazionari, tentare di fare strada affinché queste piccole creature siano libere di essere quello che vorranno essere, è talmente importante tutto ciò che non possiamo trascurare di dire che il femminismo, che notoriamente lotta contro tutta questa enorme mole di imposizioni e di stereotipi, è una cosa che riguarda tutti, inclusi i genitori, donne e uomini, che hanno a cuore la libertà di espressione dei propri figli e delle proprie figlie.

Noi non viviamo più a Sparta e il sacro romano impero è finito. Non esiste più il ruolo della madre tutrice che tiene a bada i figli per mandarli in guerra e quella del pater familias, padre padrone, che i nostalgici vogliono ripristinare, in qualità di aguzzino delle sfide di libertà dei componenti della famiglia.

Viviamo però in un mondo in cui ancora oggi l’influenza di certe religioni è nefasta e ci obbliga a schermarci, difenderci e difendere i nostri figli e le nostre figlie affinché essi abbiano la possibilità di crescere un po’ più liberi di quanto non sia stato possibile per noi. Viviamo in un mondo in cui ancora oggi dobbiamo giustificare al mondo le nostre scelte di vita, quelle sessuali, quelle genitoriali, e subiamo ancora costrizioni e divieti e certo tutto questo non si supera con regolamenti, leggi o burocrazie che dovrebbero essere la conclusione di un percorso a contrassegnare un cambiamento sociale e culturale quando esso è avvenuto ed esige di essere rappresentato.

Tutto ciò si supera ogni giorno con lotte personal/politiche che attraversano la nostra pelle e che bisogna analizzare alla luce di consapevolezze che, lo so bene, arrivano più tardi. Ma che “femminismo” sia il nome che attribuiamo alle battaglie che abbiamo fatto fin da piccol* o meno non ha importanza, l’importante è che sappiamo di aver fatto quelle battaglie e di continuare a farle.

Io rivendico di aver combattuto per essere sessualmente libera, per non dover adempiere a ruoli di cura a meno che non ne abbia voglia o non ne senta l’urgenza, per non dover partorire ed essere madre a meno che non sia una mia libera scelta, per essere quello che voglio essere, con chi voglio essere.

Io, che sono stata cresciuta ad essere donna etero e normata, madre e moglie, con il corredo predisposto fin dall’età di 7 anni, con la nonna che mi insegnava a fare centrini all’uncinetto, la madre che mi istruiva su come passare la cera a otto anni o su come lavare i piatti da bambina, il padre che mi insegnava a essere “femminile” e quieta “perché le femmine non devono rispondere mai!”. Io che indossavo le camicie di mio padre o le giacche di mio fratello per anticipare con l’abbigliamento che i miei abiti non erano quelli che mi avevano costretto ad indossare. Io che ho accudito madre, padre, sorelle, fratelli, nonne, mariti e figlie, che ho perfino cercato, tra mille sensi di colpa, di restare fedele ad un ruolo che non fosse il mio, giusto io, oggi, a fronte delle conquiste fatte nella mia vita, delle battaglie private e pubbliche che mi hanno restituito un minimo di libertà, nelle relazioni, in famiglia, nelle mie scelte personali e collettive, giusto io, dicevo, oggi, non posso che dirmi femminista e mi pronuncio tale con orgoglio. Così dovreste fare anche voi.

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Un femminismo a puntate

Posted in Critica femminista, Fem/Activism, Pensatoio, Personale/Politico, Scritti critici.


2 Responses

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  1. Mary says

    Per non parlare delle pistole giocattolo nei cataloghi: ai maschi viene richiesto di essere violenti…

  2. Mary says

    Una cosa terribile. Sfogliavo il catalogo natalizio dei giocattoli. Quelli delle femmine erano tutti rosa ed erano bambole, barbie, cucine in miniatura, lavatrici e roba simile e addirittura trucchi e cose per farsi belle! Per i maschietti c’erano macchinine, robottini, computerini portatili e Sapientino (come se le femmine fossero talmente stupide da non ptoer giovare col Sapientino). E una cosa incredibile: i giocattoli dei maschi non sono azzurri ma hanno diversi colori: rosso, blu, verde, nero, giallo, tranne il rosa pechè quello è destinato alle bambine. Pe rle bambine infatti c’ernao giocattoli omologati tutti dello stesso colore come se gli altri colori fossero poco femminili. Questo mi ha fatto pensare ad una cosa: che le femmine sin da piccole vengono educate ad essere schiave e a pochi ruoli stereotipati. Scegiere un solo colore è simbolo di poca libertà per non parlare dei soliti ruoli richiesti: essere belle, curate, mammine e donne di casa e comportarsi da grandi! Ai maschi invece è consentito giocare e fare i bambini con macchinine, pokemon e robottini vari. Da qui a mio parere nasce la cultura della pedofilia, perchè le bambine vengono viste già come piccole donne.