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Stupri in famiglia: Il mio corpo NON è la tua casa!

Oggi ho letto questa notizia: http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=160293&sez=NAPOLI

Due fratelli cercano di violentare la madre. Nell’articolo si fa riferimento al fatto che fossero “drogati”. Forse sono io che la interpreto male, ma si cerca di dare la colpa alla droga? Al loro essere “già noti alla giustizia”?
Capisco che sia prassi dei giornalisti provare, in casi di violenza, a trovare una giustificazione, una qualunque, pur di non affrontare la radice del problema. E in questo caso, dato che non si può dare la colpa alla donna stessa, in quanto madre dei due ragazzi, allora si trova l’agente esterno: la droga, la corruzione, la società che porta questi nostri figli allo sbando etc…

Quante menzogne. E quanta ipocrisia. Questa notizia, proprio perchè riguarda una figura come quella della madre, che almeno dalle mie parti è l’unica donna che si salva, in quanto madre e non donna, fa scattare l’indignazione anche da chi non ci pensa due secondi a definirti zoccola, a urlarti contro che sei una stronza e a metterti le mani addosso. Perchè succede? Perchè la gente non collega le due cose, perchè per le persone un figlio che cerca di violentare la madre non ha nulla a che fare con un uomo che picchia una donna. Nel primo caso c’è un motivo esterno (la droga, la società) o interno (la pazzia del ragazzo) mentre nell’altro, scavando scavando, si riesce sempre a ricondurre la “colpa” alla donna stessa. Eppure noi sappiamo che non è così, che le cose sono collegate e che è la cultura a portare nell’uno e nell’altro caso a considerare le donne come proprietà private, come oggetti con cui ci si può fare ciò che si vuole.

Oggi sfogliavo il nuovo catalogo di Yamamay, che compie 10 anni di attività. Mentre sfogliavo continuavo a chiedermi: ma perchè le foto sono accompagnate da frasi tipo “il mio corpo è la tua casa, l’unico posto dove troverai la felicità” o “il mio candore è fatto di malizia, la mia innocenza di seduzione” etc? Scusate ma io donna cosa mai posso fregarmene della tua malizia o seduzione? Perchè, un intimo indirizzato a delle donne, sembra essere creato per degli uomini? Se togliete il marchio e i prezzi degli indumenti, questo catalogo mi ricorda tanto quelle riviste per uomini, anni 50/60 (?), dove stavano donne in posizioni soft hard, vestite nei ruoli tipici femminili. Mia sorella si è impressionata per il primo set di foto dove, non a torto, ha notato che la modella ha sempre la stessa espressione, manco avesse una maschera in volto.

Vi racconto questa cosa perchè è legata alla violenza, perchè scrivere che “il mio corpo è la tua casa” vuol dire che ci puoi fare tutto ciò che vuoi, dato che a casa proprio lo si fa. Ma non è così. Il corpo delle donne non è alla mercè di nessuno, e non è una casa dove si entra e si esce a piacimento. Sono io a darti il permesso e a stabilire quanto durerà la tua visita e come si svolgerà… l’unica padrona qui sono io.

Perchè questi cataloghi non scrivono frasi così? Perchè invece di indurci a guardarci come gli uomini ci vedono o ci vorrebbero (e anche qui ci sarebbe da farne di discussioni), non parlano di noi, di come noi vorremmo essere davvero?

Questo sarebbe già un bel passo in avanti, piccolo, ma secondo me, efficace… inizieremmo almeno a disintossicarci. E mi ci metto anch’io, perché a volte, anzi diciamo spesso, ho la sensazione di non sapere se, quando mi guardo, mi vedo e mi giudico attraverso i miei occhi o quelli degli altri, e questo è molto frustrante.

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


20 Responses

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  1. Mary says

    Condivido in piano il vostro articolo è centrato su tutti i punti…Non si pu segnalare il catalogo allo iap o comunque farlo ritirare…? non si possono veicolare stereotipi così pericolosi contro le donne che legittimano così tante violenze di cui ne sono piene le cronache e che l’opinione pubblica cerca sempre di giustificare perchè non ha coraggio di ammettere che nel nsotro Paese gli uomini violentano le donne perchè vengono considerate oggetto sessuale e proprietà privata.

  2. Paolo84 says

    Un cronista non è un sociologo nè un antropologo, non è suo compito analizzare i legami culturali, un bravo cronista riporta i fatti per come si sono svolti punto. Poi anch’io penso che sarebbe più corretto parlare di femminicidio nei casi di donne uccise dagli ex, ma continuo a non vedere nessuna giustificazione nel parlare di gelosia se lui era in effetti geloso in maniera ossessiva..io non mi sognerei mai di giustificare chi uccide su queste basi, dammi pure dell’ingenuo,se vuoi o forse ho una mentalità diversa da quella dell’italiano medio…boh
    Io condivido il tuo desiderio di pluralismo ma Yamamay è un’azienda il cui obiettivo non è rappresentare tutti i tipi di sessualità, ma è fare soldi vendendo intimo..se scelgono di pubblicizzare i loro prodotti in un certo modo è perchè ritengono di attirare così la loro clientela potenziale e quindi fare un sacco di soldi, se tu dimostri loro che diversificando le rappresentazioni della sessualità potranno lo stesso aumentare le vendite e fare soldi, stai sicura che lo faranno. yamamay non ragiona in termini di singolo individuo, ragiona per categorie anzi per “fette di mercato” il suo obiettivo non è rappresentare qualcosa che piaccia a TE singola persona luminal, o a ME singola persona paolo84 ma qualcosa che si presume piacerà alla loro “fetta di mercato”. è ovvio che sarebbe giusto che la pubblicità rappresentasse tanti tipi di sessualità accanto a quello, ma gli spot sono commissionati dalle aziende e le aziende non fanno mai ciò che è “giusto” ma ciò che è economicamente conveniente per loro
    la ragazza del video trova “invitante” la frase “il mio corpo è la tua casa”? io continuo a trovarla discutibile e ridicola per le ragioni che ho detto ma vabbè affari suoi, non mi sento di giudicare la ragazza per questo nè di dire che è una donna sottomessa (manco la conosco) .Guardando oltretutto le immagini del catalogo è evidente che lo scopo di certi completi intimi prodotti da yamamay è uno scopo non solo ma anche seduttivo quindi di attirare ,di rendersi appunto “invitanti” per la persona amata, ma ovviamente è implicito che la persona da sedurre e invitare l’abbiamo scelta noi..io al posto del corpo/casa avrei scritto “tu sei la persona che desidero e t’invito a scoprire insieme la felicità nei nostri corpi”. oppure ancora meglio “con questo push up mi sento libera, sexy e pronta all’amore” , slogan che ugualmente giocano con la sessualità e la seduzione e non si prestano a equivoci

  3. luminal says

    @paolo: regolamento di conti fu una frase che usarono per la morte di Teresa Buonocore, per esempio, nei giornali locali quando si continuava a dire che era una vittima della camorra e non una donna uccisa perché aveva denunciato un pedofilo. Mentre per il famoso “delitto d’onore”, che oggi traduciamo come raptus di gelosia, ne avrei da dire. Credi davvero che scrivere “morta per gelosia”, “uccisa per un raptus di follia” non sia una giustificazione alla violenza? E perché mai credi che non parlino mai del ruolo della cultura in tutti questi omicidi? Perché c’è sempre un movente che non è mai “lui considerava lei una sua proprietà e quindi ne ha fatto ciò che voleva, perché è legittimato da una cultura secolare”? Perché, secondo te, i cronisti con usano il termine femminicidio? Io l’ho chiesto e mi hanno risposto che per loro le morti ammazzate non sono collegate fra loro, per loro non c’è nessun legame culturale. Il problema è che invece c’è e l’iter è sempre lo stesso, ripetuto infinite volte, e giustificato sempre, nei modi più disperati. Le giustificazioni servono a non affrontare il fatto, che credo sia palese, che nella nostra cultura c’è un problema e si chiama sessismo. Perché se tu dici che è colpa della gelosia, o della rabbia, o della donna che non stava al suo posto, che osava parlare, vivere, stai soltanto eludendo il problema di fondo. Ti consiglio, senza alcuna presunzione, di leggere attentamente le notizie dei femminicidi, quando ne vengono scritte (perché anche quello ci viene concesso a piccole dosi), e notare con quanta frequenza si parli di agenti esterni che spiegano/giustificano la violenza senza scardinare in nessun modo il fatto che c’è un filone che accomuna tutte le morti e che prima o poi dovrebbe esser sottolineato. Basterebbe chiamare gli omicidi con il loro vero nome, femminicidi, e tutto avrebbe un altro significato. Non sto chiedendo saggi, ma solo una semplice parola che fa tanta paura.
    Per Yamamay non so dove tu l’abbia letto, ma io non ho mai scritto che non mi piace l’intimo (amo il raso, i babydoll, il velo, le culotte, i corpetti, i reggicalze… ma odio il pizzo se è eccessivo, perchè lo trovo un pò retrò, e il tanga/perizoma/brasiliana). E non ho detto neanche che quel tipo di sessualità stereotipata non possa piacere… ho infatti precisato che A Me non piace. Non mi sento portavoce di nessuna comunità nè movimento. L’unica cosa che ho scritto è che vorrei fossero rappresentate, accanto a questa, altre sessualità, con altri corpi e altri piaceri… perché, anche se questa cultura ci prova, i desideri non possono essere normati. Tutto qui, nè più nè meno.

    @paola: hai ragione, l’avevo notato anch’io che online non ci sono le frasi… quindi non so come aiutarvi. Vi posso solo dire che il catalogo lo trovate in ogni punto vendita, e dato che è quello nuovo sarà disponibile per almeno due o tre mesi… fatemi sapere se riuscite a recuperarne uno.
    p.s. Se vi può essere d’aiuto ho trovato il video di una ragazza che commenta il nuovo catalogo, non l’ho ascoltato tutto però al minuto 14 parla delle frasi che a suo dire le sono piaciute. Questo è il link http://www.youtube.com/watch?v=C_lRdYDJvuc

  4. Bruna says

    “il mio corpo è la tua casa” = la mia vagina è la tua casa?… Oggi il corpo delle donne è sempre un oggetto = “buco”: una vagina a disposizione dei maschi… qualcuno ha letto l’ultimo numero di Focus l’articolo sul sesso?… il titolo: lui e lei, pene e vagina: gli organi genitali esterni femminili NON esistono per Focus: hanno chiamato la vulva con il termine vagina!!! Focus è il mensile più letto d’Italia: credo che tutte le donne (passate parola!)dovrebbero indignarsi e protestare scrivendo email a Focus chiedendo di rettificare e scusarsi per l’errore (dovuto a ignoranza o maschilismo?). La riappropriazione del proprio corpo da parte delle donne deve iniziare dalla VULVA…

  5. paola says

    @luminal, non ho trovato la pubblicità on line, quindi dev’essere solo sul catalogo cartaceo di Yamamai che tu ha visto. La foto della pubblicità e dello slogan sono necessari per allegarli alla denuncia della pubblicità stessa all’ I(stituto di) a(utodisciplina) p(ubblicitaria) [vedi per es. le iniziative di: Unaltrogenere di comunicazione, Vita da streghe, Donne pensanti]. Personalmente ritengo con Maria che una tale frase sia un’istigazione allo stupro; sarà perché sono stata adolescente all’epoca dell'”io sono mia”, ma se il concetto espresso è che il mio corpo è a tua disposizione, significa che io non ne dispongo più, tu ne divieni il titolare, proprio come di una casa, e non io. Bel traguardo. Mi spiego: un conto è se io dico questa frase in una poesia amorosa rivolgendomi alla donna o all’uomo che amo, un’altra è se la scrivo come slogan di un’immagine pubblicitaria di biancheria. Il contesto cambia completamente il senso della frase. Nel primo caso sarà l’espressione volitiva di una mia attitudine contingente nei confronti di una persona, nel secondo caso, invece, diventa un dettato comportamentale, un modo di vedere i rapporti tra tutte le donne potenzialmente rappresentate da quell’immagine e tutti gli uomini che ne divengono rappresentati come fruitori. Dettato che viene proposto in assoluto a tutte le donne compratrici come modello generale e universale di attitudine che si confà alle donne nei confronti degli uomini. Spero di essermi spiegata 😉 Per quanto riguarda l’autore dell’articolo, c’è poco da aggiungere a quanto avete detto tu e simonsiren,
    pm

  6. Paolo84 says

    X simonsiren
    In effetti mettere nel titolo grande “madre di 4 figli” è molto sospetto anche perchè non ricordo titoli analoghi al maschile: se la vittima era una madre si deve e si può scriverlo nel catenaccio (il titoletto sotto il titolo grande) o nell’occhiello o nel corpo dell’articolo
    Yamamay in passato è stata criticata perchè i suoi cataloghi erano troppo in stile “festa di Hugh Hefner” e da porno-soft patinato..sarà per questo che ha puntato su slogan che parlano di candore e innocenza con una punta di malizia, io li trovo un po’ ridicoli (a sto punto potevano tornare al solito stile) ma non come quello del mio corpo che è la tua casa che mi pare il peggiore per i motivi che ho spiegato
    X Celeste
    Far pubblicizzare persino le mutande da uomo a una donna è ridicolo, Intimissimi ha sbagliato, non ho dubbi

  7. Paolo84 says

    “anche perchè non tutte le persone gelose arrivano a uccidere”

    c’è da distinguere infatti tra la gelosia e la gelosia ossessiva, assolutamente da evitare, che ti porta a ignorare la libertà della persona amata

  8. Celeste says

    E che dire della nuova pubblicità di Intimissimi uomo dove è una donna ad indossare biancheria maschile?
    http://www.luxgallery.it/irina-shayk-testimonial-per-intimissimi-uomo-26966.php

    Siamo alle solite, lo sguardo maschile (eterosessuale) va sempre appagato con il corpo di una donna. O forse chissà, prossimamente vedremo cartelloni pubblicitari con uomini in reggiseno e perizoma …

  9. Paolo84 says

    e scommetto che nel catalogo yamamay si vedevano solo donne bianche, vero? Ecco visto che siamo e saremo una società sempre più multietnica perchè non proporre un catalogo di intimo dove si vedano anche modelli e modelle di colore e asiatici? Anche qua bisognerebbe convincerli che le minoranze etniche sarebbero una fetta di mercato redditizia per loro

  10. Paolo84 says

    X luminal
    non ho mai letto, a mia memoria di un cronista che usa il termine “regolamento di conti” per parlare di una donna uccisa dal marito, mi sembra una terminologia sbagliata per riferirsi alla violenza sulle donne (questo termine si usa di solito per i delitti interni alla criminalità organizzata) comunque neanche il termine “omicidio per gelosia” mi sembra giustificatorio non più di “omicidio per motivi di denaro” o non più di “omicidio-suicidio legato ad una grave depressione”.ogni delitto ha un movente, trovarlo dovrebbe essere compito degli inquirenti più che dei giornalisti comunque ancora una volta descrivere il probabile movente di un delitto non significa giustificarlo, se l’assassino (qualunque sia il suo sesso) era geloso o drogato o ubriaco o depresso o avido di denaro o soffriva di malattie mentali scriverlo non è giustificare, può darsi che sia ingenuo io ma non mi suggerisce nessuna giustificazione anche perchè non tutte le persone gelose o drogate o depresse o avide arrivano a uccidere. poi nei casi di donne uccise dagli ex trovo giusto fare un inquadramento più generale sul fenomeno della violenza sulle donne e del femminicidio e diffondere magari i numeri dei Centri Antiviolenza.
    A te, queer, non piace l’intimo sexy e non piace come è stato pubblicizzato da Yamamay magari ad altre persone lgbt sì..io non lo so. Ti posso dire che io, comunissimo uomo etrro, faccio fatica ad eccitarmi con semplici fotografie di una donna sexy da sola, ho bisogno almeno di vederla amoreggiare con un uomo ho bisogno di vedere la relazione, un rapporto insomma, anche l’idea dell’accoglienza (reciproca)mi pare bella anche se hanno scelto uno slogan discutibile ma i miei gusti non c’entrano…ti lancio un’idea, se credi che nessuna donna gay o bisessuale possa essere attratta da quelle foto (ne sei sicura?) perchè non scrivi a Yamamay e spieghi loro che anche lesbiche e trans, pur se minoranze, sono un mercato appetibile per loro? (le aziende ragionano non in termini umani ma economici: se ritengono che il mercato delle donne e degli uomini bianchi ed etero sia più conveniente per loro è a quello che si rivolgeranno di più, per le aziende noi non siamo esseri umani, siamo consumatori, siamo una fonte di guadagno)…spiega a yamamay come e perchè possono fare un sacco di soldi rivolgendosi non solo agli e alle etero ma anche al mercato queer, magari proponi tu un catalogo di intimo che (secondo te) potrebbe essere interessante per il mondo queer

  11. simonsiren says

    Sono perfettamente d’accordo con luminal. C’è modo e modo di dare una notizia ed è anche questo che fa la differenza fra un bravo giornalista e un cattivo giornalista. Ad esempio qualche giorno fa il titolo di una notizia era “muore madre di 4 bambini”. Ovvero, non è morta una donna, è morta una madre. Quindi è più grave?
    A proposito di yamamay, tempo fa dissero che non avrebbero usato più le modelle per i loro cataloghi per evitare sessismi. Come se il problema fossero le modelle in sé e non il modo in cui vengono fatti i cataloghi… Questi slogan sono molto sessisti. “Innocenza”, “candore”… ma che modelli sono? Una donna dovrebbe essere innocente? E che significa? “Il mio corpo è la tua casa ecc…” è ancora più ridicolo! Ma questi in che secolo vivono?

  12. luminal says

    Paolo ma non ho detto che deve scrivere un saggio, ho detto che le cose posso essere descritte in modi diversi. Ti faccio un esempio: l’omicidio di una donna da parte del marito violento. Il cronista ha più modi di dare la notizia, può dire che è un omicidio, oppure un’uccisione per gelosia, un regolamento di conti, un raptus omicida o un femminicidio. L’ultima opzione non sarà mai presa in considerazione, seppur è quella esatta. Ora io cronista sto dicendo la stessa cosa ma uso espressioni diverse, pur sapendo che danno alla notizia una contestualizzazione diversa. Questo non possiamo non considerarlo. Non dico che l’intenzione del cronista sia stata quella di giustificare la violenza, ma è vero anche che la suggerisce, o almeno così è apparso a tutt@ quelli a cui l’ho fatta leggere. Sarà una coincidenza? Inoltre se di dati si deve parlare, perché non sprecare un altro rigo per dire che siamo al tot stupro o tentativo di stupro dall’inizio dell’anno? Così per far capire che quell’orrore è quotidiano e non un evento straordinario.
    Per l’intimo posso dirti che da queer a me non piace, ma rispetto chiunque lo trovi piacevole (non è mia intenzione mettermi a bacchettare i gusti altrui). Il problema che volevo sollevare era che i cataloghi che hanno preceduto e che seguiranno quello che vi ho indicato, guarda caso, sono identici. Stessi atteggiamenti, stesse frasi, stessa sessualità… che noia. E’ questo quello che non và. Una volta per uno non fa male a nessuno. A quando un catalogo un po’ più eterogeneo? Inoltre chi te lo dice che la sessualità altra non possa altrettanto piacere alle donne?
    L’idea dell’accoglienza e della casa in sé non mi danno fastidio, se uno vuole declinare la propria sessualità in questi termini mi va benissimo, purché sia consensuale, non sono io a dover decidere cosa è giusto e cosa non lo è… vorrei solo che questo non diventasse norma come invece accade, se no questa ripetizione all’infinito della stessa sessualità non saprei come spiegarmela.

  13. Paolo84 says

    X luminal
    Il lavoro di un cronista è esattamente quello di dare la notizia con tutti i dati possibili a patto che i dati siano veritieri e basta.Non è compito suo dare giudizi o analizzare le cause: un articolo di cronaca non è un editoriale nè un saggio sulla violenza
    Sei così sicura che una lesbica, una trans, una bisessuale non possa essere attirata da slogan come “il mio candore è fatto di malizia, la mia innocenza di seduzione”? sei sicura che una lesbica o una trans o una bisessuale non cerchi una “casa accogliente” nella persona amata dove trovare felicità (almeno per un attimo) e non voglia essere lei stessa “casa accogliente” per quella persona? il sesso, etero o omo, non è forse “accogliersi” a vicenda tra le braccia dell’altro? Fermo restando che quello slogan 8il mio corpo è la tua casa) è sbagliato in quanto si presta a equivoci perchè va sempre ribadito che il mio corpo è casa mia e decido io con chi voglio co-abitare e se il “co-inquilino o coinquilina si mette a sporcare dappertutto devastando la casa è mio diritto cacciarlo via.

  14. luminal says

    @paola: il catalogo l’ho preso in un negozio Yamamay e non so quali dati darti… se mi dici cosa ti serve, ti do tutto quello che vuoi ^_^
    @paolo: sul fatto che il giornalista debba dare le informazioni, sono d’accordo, ma le desse tutte (per non parlare del fatto che ci sono modi diversi per dire la stessa cosa). Lasciare questi due dati così, senza escludere l’idea che le cose possano esser legate, è come aver fornito una giustificazione alla violenza. Conosco bene la mentalità napoletana, e credimi se ti dico che nel leggere questa notizia tutti/e arriverebbero alla medesima opinione. Non so se il giornalista abbia fatto ciò consapevolmente o meno, può darsi che davvero si sia limitato a fornire dati, ma questo non è, per me, un bene. Vuol dire solo che ormai la violenza fa così parte della nostra vita che non ne studiamo l’origine, le cause, quelle vere, e ci limitiamo a dare notizia solo del fatto che c’è. Non so in realtà cosa sia peggio.
    Per l’intimo hai ragione, è legato alla sessualità e questo non lo nego, ma a quella femminile che non sempre è indirizzata verso un uomo. Ci sono anche le lesbiche, le bisessuali, le trans che si riforniscono di intimo, e non capisco perché non dovrebbero essere considerate. Quello che volevo dire quindi, non era che non si dovesse parlare della sessualità, ma che bisognerebbe parlare di quelle delle acquirenti per quello che è realmente, nelle sue diversità.

  15. Paolo84 says

    Tenuto conto che siamo animali sociali e culturali, e degli altri, dell’incontro e anche dello scontro con gli altri e le loro opinioni e anche con il loro sguardo, abbiamo bisogno per definirci..direi comunque che una donna che compera un certo tipo di biancheria per divertirsi con la persona amata nell’intimità, non è io credo una donna incapace di decidere per se stessa, nessuno qui l’ha messo in dubbio, lo so, ma sono cose che personalmente tengo sempre a ribadire. L’importante è essere sempre consapevoli di cosa vogliamo essere e con chi e in che contesto vogliamo esserlo

  16. Paolo84 says

    Beninteso, condivido la disapprovazione verso lo slogan “il mio corpo è la tua casa”, in un rapporto d’amore sia lei sia lui hanno bisogno di trovare una casa il più possibile “accogliente” nell’altro

  17. Paolo84 says

    il giornalista deve dare una notizia completa, se i due erano drogati e avevano precedenti non aveva senso omettere queste cose e non significa giustificare ciò che è ovviamente ingiustificabile, ho letto con attenzione il breve articolo e non ho visto nessun giustificazionismo, ha dato la notizia e stop
    Sul catalogo Yamamai..non l’ho letto e capisco che quegli slogan possano dare fastidio (“il mio corpo è la tua casa” se lo potevano risparmiare), ma vorrei far notare che si tratta di biancheria intima e non si può negare che molto intimo abbia anche una funzione seduttiva verso l’altro sesso: penso ai reggiseni push up, un certo tipo di biancheria sexy che nell’intimità della camera da letto viene usata (personalmente la mia compagna potrebbe vestirsi come vuole per far l’amore, anche in pigiama, tanto, qualunque cosa abbiamo indosso, ci si spoglia) quindi puntare sulla seduzione in un catalogo di biancheria intima non sarà originale ma non è improprio, certo lo si può fare in maniera più raffinata o più volgare quello dipende dai pubblicitari.
    Direi comunque che in un rapporto d’amore il corpo di entrambi dovrebbe essere “casa accogliente” per l’altro.

  18. paola says

    luminal, mi sembra un caso a denuncia Iap, se ci posti il link oppure i dati del catalogo cartaceo, ditta etc. , possiamo usare questo strumento: non è molto, ma dalli e dalli, a qualcosa servirà.

  19. Maria says

    Straquoto.
    La pubblicità della Yamamay, peraltro, sembra un’istigazione allo stupro! Se il mio corpo è la casa di un altro è ovvio che non appartiene a me, ma a lui che può farne ciò che vuole, entrarvi ed uscirvi ogni volta che lo desidera! Eh no! Io sono mia e il mio corpo non è di alcun altro.
    La concezione del corpo femminile come casa altrui perpetua l’idea della donna come oggetto sessuale e al contempo come essere accogliente, accudente e costantemente disponibile ad appagare i desideri e i bisogni maschili, senza averne di propri. L a donna appare come strumento inerte del piacere altrui, e viene privata della dignità di soggetto che ha diritto di autodeterminarsi.
    Condivido anche le tue osservazioni sulle origini culturali della violenza di genere e le tue riflessioni sull’ incorporazione nel nostro modo di essere dello sguardo e del giudizio altrui

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