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Il sacrosanto diritto di non gradire le attenzioni dei molestatori

http://www.repubblica.it/images/2010/07/21/071827057-a5bb5051-e4a4-474f-a599-3695bb3bf7ee.jpgOggi il mio compagno ha letto qualcosa a proposito del videogame sparatutto contro i molestatori di donne. Arriva da me e mi chiede il perchè. Lo vuole sapere con precisione dato che in effetti la modalità da macho da spiaggia arrapato non è proprio il suo genere.


Gli spiego
che mi è capitato di camminare per la strada vestita come mi pareva e di incontrare laidi e squallidi individui che si sentivano in diritto non solo di mollarmi un commento su una qualunque parte del mio corpo, ma anche di pretendere gratitudine eterna da parte mia.

Una donna che cammina per strada non è merce in passerella perchè le strade non sono il palcoscenico per la selezione finale di miss italia. Una donna che cammina per strada è solo una persona che si veste come le pare, fa quello che le pare e non deve essere apostrofata o limitata in alcun modo.

Il maschio che pensa di avere il diritto di soddisfare la propria esigenza, di mostrare la propria arrapataggine (pretendendo di lusingare l’oggetto di queste attenzioni), di intrufolarsi nella vita di una donna, una persona, mollarle lì un commento e se non accettato forse anche un insulto, rovinarle la giornata, è spinto da una motivazione egoistica che non tiene conto dell’altra.

La parola consensualità parte da qui. Non basta che ai maschi si smuova l’ormone per sentirsi in diritto di dire "ti ho vista, ti compro, sii felice, ti ho scelto". Le donne non sono merce al supermercato. Le strade non sono una macelleria. Le donne hanno o no il diritto di scegliere chi fare entrare nella propria vita anche solo per due minuti?

In italia la regola è che no, non ne hanno il diritto. Lui ti guarda, gli piaci, te lo deve dire per forza altrimenti gli si secca la lingua, anche se a te non te ne può fregare di meno e tu continui a dire "ma chi cazzo t’ha chiesto niente?". Lui deve attirare la tua attenzione perchè è un cacciatore e tu la preda. Non sei considerata un essere pensante che decide di volta in volta con chi interagire. Non sei considerata come una persona che permette un apprezzamento che sia basato su qualcosa di più di uno squallido "che paio di tette che hai" o "che culo che hai" "cosa ti farei". Sei solo un oggetto sessuale non avente diritto ad una vita autodeterminata in quanto che hai osato arrapare il passante tal dei tali.

E lo dico con cognizione di causa perchè a Palermo l’apprezzamento più "gentile" è del tipo "ti facissi un bagnu ri saliva ‘co rinforzu ‘no cavaddu". Che in italiano significa: ti farei un bagno di saliva con una doppia ripassata nelle zone inguinali.

Il timido ti dice "cchi paru ‘i minni c’hai" (che paio di tette che hai) e l’amante della metafora ti fa sapere che preferirebbe avere per le mani un salamino ficcante da regalarti. 

L’insistente ti piazza un "ma sii bona" (sei bona) e poi comincia lo stalking con la motoretta e se sei a piedi ti accompagna fin sotto casa mentre lui ti chiede "ma ci possiamo conoscere, mi dici come ti chiami…" e tu gli dici "NO NO NO NO vaffanculo".


Io la capisco
molto la ragazza che si è inventata il videogame provocatorio per fare riflettere su questo tema perchè la molestia per strada è l’anticamera dello stupro e siccome lo stupro non è una offesa "morale" come vorrebbero immaginare i maschilisti ma è un danno compiuto contro la PERSONA allora la legittima difesa ci sta tutta.

Senza minimamente volervi esortare a fare ciò, anzi invitandovi a non farlo mai, però ditemi, voi che attraversate di notte le strade di palermo o quelle di napoli o non so: davvero non avete mai avuto voglia di avere in tasca un lanciafiamme per togliervi di torno il deficiente che per due ore vi segue e vi stressa in ogni modo possibile?

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


8 Responses

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  1. leila says

    Forse il caldo, come scrivono i giornali:-) Fatto sta che l’altro giorno ho dovuto portare l’automobile dal mio meccanico di “fiducia”. Sempre molto gentile e “ammodino” 🙂 Quando vado a ritirare l’auto in officina lui è solo, mi dice quel che ha aggiustato all’auto e io gli chiedo quanto gli devo. Lui mi risponde: “Non so, ora vediamo, vieni”. Già la cosa mi suona strana, come non sa quanto gli devo? Vieni e dove? E poi quando il lavoro lo fa uno dei suoi lavoratori, questi lasciano sempre il conto, scritto su un foglio, attaccato ad una bacheca, vicino al mobiletto delle chiavi delle auto. L’uomo si sposta e si dirige verso l’ufficio, un piccolo soppalco buio, ricavato all’interno dell’officina. In quel momento, per un attimo rimango interdetta e penso, forse ho capito male… Comunque non sono salita e ho atteso sotto, vicino alla mia auto. Lui si intrattiene nell’ufficio, io continuo ad attendere ma non scende. Al ché comincio ad armeggiare con la mia auto, apro la porta, la sbatto, cerco di far rumore, come a fargli capire, io non salgo. Così riscende dopo qualche minuto e mi dice quanto è. Pago, prendo l’auto e me ne vado. Ho frainteso? Sono malfidata? Io non ho voluto constatare!!!
    E non credo che ci siano modalità di risposta a certi fatti, giuste o sbagliate. I comportamenti umani si cercano di adattare in modo da risolvere al meglio le situazioni e più velocemente possibile. Potevo salire, constare che il meccanico era un gentil’uomo o un porco. Nel primo caso lo avrei salutato cordialmente, nel secondo lo avrei redarguito. Io ho preferito evitare. Così non mi sono fatta sangue amaro, ne arrabbiata, solo sorpresa. E addios!!!

    Leila

  2. paola says

    Cara Anna, hai ragione, nel senso che la tua risposta è quella che avrei dato io se avessi letto un racconto come quello che ho fatto sopra. Quello che appunto volevo dire, è che mi sono trovata in una situazione di passività o, se vuoi, di resistenza passiva, che ho sempre detestato nelle altre donne, e in cui mai avrei pensato di potermi trovare, dato che, l’ultima volta che ho chiesto aiuto contro un molestatore è stato quando, da adolescente, tampinata da un molesto fin sotto casa, ho suonato il citofono, invece di aprire con le mie chiavi, per appellarmi a mia madre che, infatti, è scesa armata di mattarello stendipasta dissuasivo. Come vedi, l’imprinting era buono; tuttavia, mi sono trovata davanti due ostacoli, di cui uno è il proporsi di una situazione inaspettata: “perché, di punto in bianco, una persona perbene, si dà alle molestie?” e qui scatta l’autocolpevolizzazione femminile: “che avrò fatto per fargli venire un’idea simile?”, risposta “Niente” ma, ad ogni buon conto, vestiamoci catafratte, la prossima volta, nonostante i 35 gradi di Roma. Secondo punto, i rapporti tra la molestata, il molestatore, ed altre persone che non si vogliono coinvolgere nella crisi: da molti anni conosco la sorella del neomolesto, ragazza buona e gentile, che chiamo ogni tanto per aiutarmi a stirare le cose pesanti. In fondo alla mia scelta di non reagire in modo traumatico, cioè in modo da rompere i rapporti, non c’era solo la considerazione pratica rappresentata dalla necessità di portare a termine i lavori già iniziati senza cambiare esecutori, c’era anche la reticenza a coinvolgere, in qualche modo, nella rottura, la ragazza suddetta, che certo non lo meritava. Lo so che le colpe sono individuali, e che mettere alla porta un molesto non comporta che venga messa alla porta anche la sua parentela, ma…. ecco, è stato anche quel “ma” a immobilizzarmi. Non sarà lo stesso meccanismo delle bambine che subiscono molestie in famiglia? non lo so, è una domanda.
    Con la differenza che io posso liberarmi definitivamente del neomolesto semplicemente non facendolo più entrare in casa mia. Comunque, per me, l’esperienza insegna, e alla prossima, inaspettata, occasione, me ne ricorderò e non mi farò problemi…. grazie Anna.

  3. anna says

    scusami paola, ma da parte mia pensa che poprio quel “non era il caso”, e l’insieme dei diversivi come chiamare qualcuno a sostenerci, “difenderci” a vari gradi, sia il problema delle donne.
    dobbiamo legittimarci ad essere aggressive contro gli uomini che ci molestano.
    la paura di una loro reazione pericolosa – reazione che è da mettere in conto, semplicimente – e l’immobilità che ne segue (niente ceffone) penso non sia altro che l’ennesimo dispositivo culturale per insegnarci a stare zitte, ferme, e subenti, con bravura

  4. paola says

    Care ragazze, vi racconto un episodio minimo, ma illuminante: per la prima volta in vita mia mi sono trovata ad essere molestata da una persona di cui mi fidavo, che trattavo amichevolmente, e alla quale affidavo lavori (muratura, pittura, elettricità) da eseguire in casa mia. Per anni si è comportato con la massima buona educazione, compostezza, gentilezza, insomma, una persona davvero “ammodino”, come avrebbe detto mia nonna. Poi, da qualche tempo, durante l’ultimo lavoro ristrutturativo domestico, ha cominciato ad allungare le mani: s’intende, amichevolmente, una pacca sul ginocchio, una sulla spalla, una sul fianco, tanto per scherzare… Che fare? Mollargli un ceffone, o dirgli “non mi mettere le mani addosso” equivaleva a troncare il rapporto di prestazione d’opera edilizia, e non era il caso; dunque, non incoraggiare, oppure scoraggiare con risposte “dai, non mi toccare, che mi da’ fastidio”, “non fare così”. altrimenti? ditemi voi. Servito a qualcosa? No, l’unico deterrente era la presenza di un’altra persona, nel caso il collega di lavoro, sennò, mano libera. Questo pomeriggio, avendo richiesto il suo intervento per un’ultima riparazione (mi rivolgerò altrove per il futuro), due mie care amiche sono state così gentili da venire a casa mia per tenermi compagnia durante la sua presenza, al fine di evitare che si creassero situazioni sgradevoli, cioè al fine di evitare che io fossi costretta a mollargi, finalmente, un ceffone. Non avrei mai pensato di potermi trovare in una situazione simile dopo due secoli di lotte delle donne per poter andare in giro da sole, senza farsi accompagnare da chicchessia (rileggete “Le tre ghinee e capirete). P.S. io abito a Roma. Saluti dalla capitale.

  5. Luisa Vicinelli says

    All’estero per quel che ne so, non è preso solo di mira il maial bandana e la sua porcaggine senile (che ha rilevato anche la sua ex signora e più che darle solidarietà, mi sarebbe piaciuto chiederle come era quando frequentava i night da giovane), ma c’è una diffusa fama dell’italia come uno strano paese intriso di porcaggine (non parlano nè di pornografia nè di erotismo hardcore, ma proprio del famoso pezzo di lingua che spuntava tra le labbra del rag.Fantozzi)
    Le straniere/i che talvolta incontro mi chiedono proprio questo: ma i maschi italiani che problemi hanno con il sesso?
    Io rispondo: l’individualità del maschio è legata al sesso, l’intera nazione si basa sul significante maschio e il controllo che questo bel giochino non scaturisca in rapporti liberi è in mano alla Chiesa.
    Ma se avete qualche suggerimento sulla risposta da dare, sarà gradito.

  6. Federica says

    Non capisco perchè i soliti giochi sparatutto dove personaggi maschi uccidono chiunque non facciano scalpore, mentre se la protagonista è un personaggio femmina che ha anche una ragione per uccidere (per me la molestia verbale sta sullo stesso piano dello stupro, sì) si scandalizzano tutti!
    Quanto alla domanda finale, la risposta è sì: Siracusa, Palermo, Roma o Milano – posti in cui ho vissuto – non fanno alcuna differenza, riesco a girare tranquillamente solo qui, a Londra, precisando che il mio stile è tutto tranne che provocante o sexy (e anche se lo fosse nessuno avrebbe il diritto di fiatare). Il che mi fa pensare che sia proprio una questione di (pessima) cultura nostrana.

  7. Silvia says

    Personalmente voglio più di un lanciafiamme.
    In questa città non si può andare a fare la spesa che ti suonano al clacson per farti girare, non si può andare in bicicletta che ti si attacca un tizio dietro con la macchina, non si può andare a fare un po’ di jogging che un’altra macchina ti segue a passo d’uomo e con il fiatone sei costretta a deviare verso luoghi “sicuri” per precauzione, non si può neanche lavorare in un bar perché trovi i vermi più schifosi e striscianti che credono che siccome sei pagata, allora possono tranquillamente mancarti di rispetto ed equipararti ad una bistecca.
    L’altro giorno per qualcuno ero sexy con una qualsiasi maglietta e una gonna lunga fino ai piedi…”Sei succinta” mi ha detto un amico. Succinta? L’unico capo che avrei potuto indossare per essere meno “succinta” ed informe era il cappotto, sconsigliabile con 35 gradi. Eppure si sentono in diritto/dovere di trattarti come una cretina.
    Io ho cominciato da tempo ad offendere. Ne ho le tasche piene.

  8. marco says

    posta la tendenza dei maschi di sentirsi in diritto di fare commenti o di insultare a piacimento..cosa naturalmente odiosa e valida piu’ o meno a tutte le latitudini,
    mi sembra che a palermo ci sia comunque una sfacciataggine particolare, ho passato qualche anno a palermo tra i 13 e 16 anni ed ero uno dei pochi a portare gli anfibi…ricordo che ricevevo commenti espliciti ad alta voce per strada sul mio abbigliamento…