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Questione di numeri: c’è ancora chi chiama il maschio “uno” e la donna “numero due”

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[L’uno: l’inseminatore-padre]

Vi presentiamo ufficialmente il blog Munecas Rebeldes. Ce n’era bisogno come c’è bisogno di ogni nuovo spazio intelligente in cui le donne scrivono di noi, di quello che ci interessa, affinchè non prevalgano nel web esclusivamente contenuti misogini e sessisti.

Sulla home c’è un post che commenta un articolo de "Il Giornale" di oggi. La linea è sempre la stessa, noi ne abbiamo parlato più volte. Loro esigono il ritorno al pater familias e per farlo fanno parlare un sacco di bella gente tra cui una nostra vecchia conoscenza molto apprezzata nei contesti dei movimenti neomaschilisti. Nulla di nuovo dunque se non il fatto che la passione per il ritorno al vecchio si riassume con parole "romantiche", auliche, che ti dicono che tu – oh madre! – sei il "numero due" ma devi essere felice di esserlo mentre lui – uno e trino – deve essere obbedito e riverito perchè altrimenti "si scatena la confusione" (che confusione? si riferisce a episodi di violenza maschile? stupri, stalking, femminicidio? un po’ eufemistico chiamare tutto ciò "confusione", non vi pare?). Come si può poi scrivere qualcosa di gentile quando codesti personaggi insistono nel voler addestrare le donne all’obbedienza per "l’uno"? Come si può restare quiete mentre c’è chi ti chiama "numero due" ordinandoti che devi essere "devota" all’uno"?

E’ un messaggio che il Risè
sembra rivolgere in due direzioni diverse. Alla femmina, in quanto
immobile macchina fecondatrice del figlio del padre, e a Fini (ma si: lasciati fecondare dall’uno anche tu!), in
quanto numero due del pdl che dovrebbe aspettare il parto di se stesso
come leader.

Ad entrambi dice che "bisogna aspettare e avere un senso profondo della gerarchia e dell’ordine" (uh???).

Dice
ancora
egli che se il due non è devoto all’uno, il caos prende il
sopravvento e qui sembra plausibile spostare l’attenzione, oltre che sull’eufemismo di cui sopra, anche sul casino
che combinano quelli del pdl nella presentazione delle liste.

Secondo l’illustrissimo Risè pare che la gerarchia dia fastidio "alle teste confuse" (stranissimo:
noi pensavamo che l’esigenza di ordine e disciplina fosse per chi
non sa darsi un ordine personale delle cose e non riesce ad esistere se non
intruppato in branco a qualcosa e a qualcuno!
).

Poi passa dalla
numerologia all’alfabeto e parla del genitore A, che per lui è
ovviamente il pater, e del genitore B, che saremmo noi madri.

Riassumendo noi saremmo 2 e B. Vi è chiaro fino a qui?

Infine si abbandona in lugubri ricordi di democrazie cristiane e partiti
socialisti e giù giù fino ad arrivare a mussolini e balbo. Dunque il
suggerimento: per avanzare di grado bisogna aspettare che lui muoia. E
ve lo dice così:

"Una cosa aiuta il numero due a fare bene il
suo mestiere: la sicurezza in se stesso, e nel proprio valore. Se c’è
quella, sei già un leader oggi, e devi solo aspettare: il destino è tuo. Come le madri di una volta,
che più erano pazienti e tranquille, silenziosamente sicure di sé e
piene di benevolenza, più diventavano potenti: i figli crescono e ti
sono grati, il padre numero uno muore, la famiglia risplende, il
destino rimane tuo per lungo tempo.

Capito madri? Bisogna
subire le gerarchie e vivere in famiglia come foste in un esercito
pronte ad andare in guerra. Ottime soldatesse per la causa della
procreazione e del mantenimento del potere del pater finchè non siete in età da pensione e allora vai con il lucido per fare risplendere la famigghia con voi che diventate capoclan.

Capito Fini? E’ tutta psicologia. Devi sono aspettare e poi tutto quello che vedi sarà tuo.

Che
mondo
: non riescono neanche a mandarsela a dire senza assestare colpi
contro le donne per usarle come esempio dell’immobilità dei ruoli.

Diteci un po’ voi e nel frattempo godetevi il post di Munecas Rebeldes:

Numero due: la madre!

“Nella vita umana, e nella simbologia psicologica, due è il numero della madre: si lascia fecondare dall’uno, aspetta e nutre il figlio, e così apre la strada alla nuova vita, al nuovo mondo”. Volto pagina e controllo: 4 marzo 2010.

“Per stare bene in questo posto decisivo, e difficile, occorre un senso profondo della gerarchia, dell’ordine. Indispensabile la devozione al numero uno, senza di essa lo stesso destino del due è a rischio”. No, non sono sicura. Ma che ci fa un manuale del 1020 tra i giornali? Un’altra occhiata mi getta nel panico: 2010. Proprio oggi.

“Nella famiglia ad esempio, quando questo rispetto per l’inseminatore-padre non c’è, si scatena la confusione…”.

Stavolta, ad erudirci è Claudio Risè sulle pagine de Il Giornale. Risè è docente di Sociologia dei processi culturali e di comunicazione dell’Università di Scienze di Varese e studioso di psicologia analitica. Che questa storia del numero due-mamma-portatrice-sana-di-latte-e-poco-più e del numero uno-papà-capo indiano-c’ho-pronta-la-cinghia sia vera in psicologia, quindi – in mancanza di competenze specifiche – possiamo anche prenderla per buona. Certo, signori psicologi, i matematici da una vita usano x e y e si sono sempre trovati benissimo, perché non provare? Ma non è questa la domanda.

Il vero quesito è: perché? Perché aprire le pagine di un giornale e trovare una sequenza simile di parole senza apparente collegamento con la realtà?

Presto detto: Risè parlava di Gianfranco Fini. Che c’azzecca Fini? O, meglio, che c’azzecchiamo noi?

“Come le madri di una volta, che più erano pazienti e tranquille, silenziosamente sicure di sé e piene di benevolenza, più diventavano potenti: i figli crescono e ti sono grati, il padre numero uno muore, la famiglia risplende, il destino rimane tuo per lungo tempo”.

Capito. Gianfranco, stai sereno, cambiare i pannolini è già metà dell’opera.

Posted in Misoginie, Omicidi sociali.


2 Responses

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  1. d-K says

    Leggere quelle parole mi fa rabbrividire… Ma Risé è così infantilmente insicuro da avere bisogno di tutto questo ordine e questo rispetto militare delle gerarchie?

    Sei uno psicologo, Claudio – sì, mi rivolgo a te – comincia a farti qualche domanda: perché amo l’ordine e la gerarchia? Perché esprimo concetti da bimbo solo e indifeso? Dai, è il primo passo per crescere e abbandonare l’oscuro mondo di insicurezze in cui vivi. Non c’è bisogno del fascismo che (poco)velatamente propagandi, basta crescere.
    Buona fortuna!

  2. Valentina Vandilli says

    alla frase “si lascia fecondare dall’uno” ho avuto un conato di vomito, per fortuna che sono lesbica, essere etero in questo mondo, forse ti illude pure di star bene, almeno noi lesbiche siamo consapevoli di essere considerate alla fine della piramide sociale e possiamo lottare,
    mentre molte etero devono ancora prendere la pillola rossa