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Danze istituzionali, repressione e danze che ammiccano al potere

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da Abbatto i Muri:

Mi piacerebbe riassumere quello che sta succedendo in questi giorni. Rassegna stampa, sintesi rapida della discussione politica e riassunto delle lotte. Articolo del Corriere. Parla delle ragioni che avrebbero costretto l’attuale sindaco di Firenze ad accettare l’incarico di premier. Poraccio. Gli sono molto vicina. Davvero. Dall’articolo, tra le altre cose, si evincono due dettagli fondamentali. Il primo è che: “Un nuovo governo Letta con qualche ministro renziano, (…) avrebbe significato prolungare per un altro anno quella che lui definisce «la palude». «Sarebbe stata la fossa del Pd.” e il secondo: “Se in pochi mesi (…) non si taglia la burocrazia, non si semplificano le norme sul lavoro con il contratto unico (…).” Ovvero: Ci sono dei partiti che temono adesso di perdere in caso di nuove elezioni e poi c’è il piano economico da portare avanti. “Contratto unico” significa che non esisteranno più garanzie per i lavoratori. Mi sembra stiano continuando a usare la crisi come metodo per imporre un ulteriore arretramento in fatto di diritti.

944444_484330441655666_2124432588_nSi porta a giustificazione il fatto che le imprese vanno aiutate. Ma quali? Quelle che parlano di diritti di lavoratori come impedimento ai loro piani? Quelle che pensano che ‘sti dannati lavoratori sono così capricciosi da pretendere di essere pagati per il lavoro che svolgono? Quelle che contribuiscono alla realizzazione di politiche economiche tremende e poi ti dicono che “se tu avessi davvero bisogno di lavorare accetteresti qualunque lavoro con qualunque stipendio“?

E in tutto ciò qual è il ruolo dei sindacati? Leggo che si riuniscono, concertano, che la Cgil avrebbe spinto per un nuovo governo, che si pigliano a legnate tra loro, frazionando le parti sociali e le rappresentanze perfino all’interno dello stesso sindacato. Cose dei piani alti, insomma. E nel frattempo nel nostro mondo, più terra terra, il mondo di quelli che lottano per sopravvivere e per regalare un po’ di fiato ad altre persone in difficoltà, che succede?

Arresti a Roma, a Napoli, con varie dimostrazioni di solidarietà tra chi scende in piazza contro la repressione, l’isolamento nelle carceri per i compagni, una serie di iniziative e nuovi percorsi di mobilitazione vissuti da chi ogni giorno si becca denunce perché impedisce lo sfratto per la signora anziana, quello della famiglia senza mezzi, aiuta l’occupazione di luoghi abbandonati per aiutare chi ha bisogno di un tetto e un reddito. Nel mondo reale la repressione insiste nell’intimidire forme di aggregazione sociale, si tirano fuori reati associativi per chi, ovviamente, va in piazza in gruppo a protestare (si associano?), si rispolvera un pezzo di codice fascista e si usano leggi repressive che dichiarano fuorilegge qualunque forma di solidarietà sociale, qualunque sforzo comunitario di prendersi carico dei problemi degli altri, rivendicare i propri diritti, svegliarsi e andare avanti con uno scopo, dirigendo la rabbia in lotta invece che organizzare un suicidio di massa. Quel che si pretende da chi vive in difficoltà è la delega a santi e santoni che di volta in volta si presentano a dirvi che risolveranno tutti i vostri problemi e nel frattempo la repressione spinge chiunque all’isolamento. Sennò non si spiega perché tirano fuori, di nuovo, l’adunata sediziosa. Se mi riunisco con altra gente in presidio per autorappresentare la mia istanza di diritti sono sediziosa in che senso? E tutto ciò mentre c’è chi si permette di usare termini quali “eversivi” per chiunque non resti lì impassibile a subire le tagliole. E non mi frega niente di chi fa cosa, quali partiti e quali movimenti, ma qui c’è una prassi istituzionale che sta prendendo piede e quella diventa un problema per chiunque. Se eversivi sarebbero quelli che dentro un’aula parlamentare si oppongono alla consegna di miliardi alle banche cosa si dirà di quelli che fuori protestano in strada per raccontare il mondo da un’altra prospettiva?

1622669_596237270464982_393819561_nLa piega presa non è soltanto autoritaria. Di più. E’ una deriva rovinosamente aggressiva che impone neoliberismo sfruttando la shock economy. C’è la dannata crisi, poi c’è il santo di turno che dice di poterla risolvere, e poi c’è la gente che non può dire più nulla, ma proprio niente, rispetto al fatto che non può essere lo stesso sistema politico/economico che ha determinato le varie crisi a proporsi e imporsi come risolutore. Che razza di gioco è? Anche un bambino capirebbe che è una enorme presa per i fondelli. La gente è disperata, siamo tutti incasinati, non abbiamo prospettive, futuro, rubiamo a sprazzi il presente, e tutto quello che possiamo fare è starcene a guardare le crisi lampo, o sveltine istituzionali, assegnando cieca fiducia a persone che di certo non rappresentano noi?

In Bosnia, ovvero a due passi da noi, i lavoratori in piazza hanno obbligato i governi dei vari cantoni a dimettersi. I cittadini in Plenum stanno decidendo cosa fare, quali rappresentanti/esperti, possono aiutare una transizione fino a nuove elezioni, e lì si parla di licenziamenti di massa, privatizzazioni rifiutate dalle persone che si sono ribellate. Qui se accenni ad una lotta ti chiamano terrorista, se dici che non riconosci quella maggioranza parlamentare, arrivata lì con un sistema elettorale assurdo e premi di maggioranza atroci, ti dicono che vorresti esautorare il parlamento dalle sue funzioni democratiche, perché ovviamente quelle funzioni è in grado di esercitarle solo quella maggioranza lì. Dopodiché vedi che ad esautorare il parlamento è giusto quella maggioranza che decide crisi, nuovi governi, senza neppure prendere in considerazione che la gente non è detto sia d’accordo. Chi, dunque, esautora cosa? Chi considera superfluo il parlamento al punto da bypassare ogni discussione imponendo decreti, nuovi governi, sui quali poi pretende solamente un voto di fiducia? Avrà ragione tanta gente di non andare proprio a votare oppure no?

DÍA DE LA MUJER HONDUREÑAE poi? Che altro succede poi? Ah, si. One Billion Rising. Che anche quest’anno non mi ha riguardato. Iniziativa sfruttata mediaticamente da chi ha più risorse e accesso ai media. E sullo sfondo un femminismo carcerario che vota e approva leggi antiviolenza in cui si legittima la repressione e un sistema carcerario che poi subiscono compagni e compagne. Dalle foto della manifestazione che si è svolta ieri vedo comunque un po’ di donne ben vestite, come quelle che stanno in una piazza a Roma, che ballano con la Rauti e non si capisce più per quale motivo. Davvero non si capisce. Si anestetizzano a vicenda. Si distraggono. Il che può anche essere una bella cosa, ma poi nessuno deve lamentarsi se si ricorda che le priorità, al momento, sono altre.

Scrive Sabina: “dalle mie parti c’erano delle locandine, sul genere di quelle che propongono party in discoteca- Bah. mi sento distante e se, probabilmente, partecipare all’evento è coinvolgente ho la sensazione che a livello di sensibilizzazione serva poco. La foto dell’evento poi suggerisce l’immagine solo di donne belle e giovani una sorta di evento per persone carine e radical chic. ripeto bha!

MjAxNC0wZTMyZGI3ZTYyOTEzZGNiLa PantaFika: “Tra l’altro ci sarebbe da fare un’analisi sulla composizione sociale delle ballerine, da cui si troverebbe la risposta al “dove è la rabbia” che qualcuna si chiedeva. Io vedo borghesi, capello rifatto, vestito in ordine, età medià 50 anni, il che potrebbe anche non significare nulla. Ma queste non sono le precarie, le studentesse senza futuro, le migranti, le disoccupate, quelle che subiscono violenza a vario titolo, violenza istituzionale inclusa. Sono quella elite che parla e balla sovrapponendosi a loro e mettendole a tacere.

Ecco. Non so. Sono certa che alcune donne che hanno preso parte o organizzato un pezzo di questa iniziativa sono dalla mia, dalla nostra parte. Ma il punto è: quando si farà un balletto, una enorme iniziativa, in cui si parlerà di precarietà, reddito, casa, e tutto quello che ci può rendere indipendenti dal punto di vista economico? Perché siamo sempre lì, è un cane che si morde la coda: anche se parliamo di violenza, di oppressione dell’autodeterminazione, non solo delle donne, ma dei soggetti in generale, se non mettiamo fine alla dipendenza economica, di che liberazione parliamo?

Ps: quelle che vedete nelle immagini sono altre danze. Ma non ammiccano al potere né lo intrattengono con grazia. 

Posted in AntiAutoritarismi, Corpi/Poteri, Critica femminista, No Carcere, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.