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La Segregazione non è eguaglianza, la segregazione non è sicurezza

Un articolo che Valeria ha tradotto per Fas. Tratto da un sito che parla di India e cose che succedono laggiù. Un articolo utilissimo a fare capire anche la china scivolosa, la deriva autoritaria, che ha preso l’antiviolenza (sulle donne) in Italia, a partire dall’autoimposto apartheid su spazi rosa, sos rosa, punti rosa, parcheggi rosa, mondi rosa, separati dal resto dell’umanità. Grazie a Valeria e buona lettura!

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La Segregazione non è eguaglianza, la segregazione non è sicurezza
(dal blog http://raisingourvoices.posterous.com/)

Molti di quelli che mi conoscono da un po’ (NdT: l’autrice è architetto) sanno che uno degli ambiti principali del mio lavoro riguarda il superamento delle barriere architettoniche per persone disabili o in altro modo marginalizzate. L’accesso agli spazi è solo un altro livello di discriminazione – spazi pubblici e privati, succede ovunque nel mondo- perchè le città e gli edifici sono progettati avendo come utenti privilegiati gli adulti da 20 a 50 anni senza disabilità, lasciando il resto della popolazione esclusa dalla fruizione di tutti gli spazi e quindi andando a limitare l’indipendenza individuale di ampie fasce di popolazione. Nel mio lavoro, incontrando persone con diversi gradi di disabilità, ho capito che l’accessibilità si può garantire in due modi, per inclusione e per segregazione.

Quando la segregazione va a colpire i diritti umani di accessibilità allora la segregazione non è la soluzione giusta. La segregazione crea una sensazione transitoria di accessibilità attraverso la negazione della dignità, abbandonando l’obiettivo di creare una società dove tutte le persone siano in grado di accedere a tutti gli spazi. La sicurezza che si ottiene attraverso la segregazione è un modo per rendere invisibili strati di popolazione in modo che questi strati continuino la loro “mezza vita” lontano dalla vistadella maggioranza che può così continuare a vivere ignorando completamente i desideri e le necessità degli “altri”.

Pensiamoci. Troppo spesso la segregazione femminile è stato sinonimo di sicurezza femminile. Abbiamo posti separati sugli autobus, vagoni separati sui treni. Quando un’amica che veniva da un altro paese mi ha fatto notare che questo regime si potrebbe definire apartheid mi sono arrabbiata e le ho portato numerosi esempi di come questo sistema abbia aiutato noi donne che viviamo in una società ingiusta ma in fondo al cuore sapevo che aveva ragione. Non è una soluzione perchè, per quanto a lungo tu possa vivere isolandoti dalla società in un ambiente esclusivo, protetto e sentendoti sicura (anche se questa sicurezza è del tutto discutibile), questa segregazione non aiuta e non insegna al mondo intorno a te ad avere a che fare con te nel modo giusto, anche perchè, appena esci dalla zona di sicurezza sei immediatamente esposta a soprusi inimmaginabili in una società civile.

Senza considerare le donne che semplicemente non possono permettersi questa esclusiva bolla di privacy che si acquista con il denaro. Dobbiamo chiedere sistemi di sicurezza che siano allo stesso tempo accessibili per tutti ed universali. Non dobbiamo permettere che vengano create altre “scatole” dove le donne vengono chiuse – chiediamo che vengano rispettati i nostri diritti di essere sicure nel mondo intorno a noi, che questo ci venga riconosciuto come nostro diritto.

[articolo originale: http://raisingourvoices.posterous.com/segregation-is-not-equality-segregation-is-no]

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, fasintranslation, otro mundo, R-esistenze, Scritti critici.

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