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Intervista: Judith Butler e Beatriz Preciado a confronto – Prima parte

Nel 2009 uscì sulla rivista francese Tetù questa intervista-dibattito tra Judith Butler e Beatriz Preciado realizzata da Ursula Del Aguila. L’ho scoperta perché ho visto circolare nel web la traduzione in spagnolo fatta da questo blog.

Non volendo fermare le peregrinazioni virtuali di questo testo inizio pubblicando la prima parte tradotta in italiano, a breve anche il resto!

Buona lettura!

Revista Têtu: Beatriz, da dove nasce la tua ossessione filosofica per il corpo?

Beatriz Preciado: Dall’epoca in cui ero in un dipartimento di architettura, studiavo con Derrida e pubblicai il mio primo libro, che trattava di dildi, il Manifesto Contra-sessuale, in Balland, per una collana edita da Guillaume Dustan. Ero ossessionata dal problema del corpo e della sua materialità, e fu uno shock scoprire l’analisi performativa dell’identità realizzata da Butler. La sua analisi ha cambiato radicalmente il mio modo di pensare i generi e la sessualità. Quello che io volevo sin dal principio era di prendere questa analisi e traslarla nel campo della corporeità. Iniziai a prendere testosterone e volevo scrivere un libro sulla genealogia politica degli ormoni, a partire dalla opera di Judith e da quella di Foucault. L’obiettivo era mostrare come ci siamo spostati verso un nuovo regime di controllo e di produzione del genere e della sessualità.

Perché hai voluto sperimentare il testosterone e raccontare questa esperienza in Testo Yonqui?

Beatriz Preciado: Nella mia generazione, al contrario di quella di Butler, il testosterone si è introdotto brutalmente tra i gruppi gay, lesbici e trans di area anarchica. In Spagna tutti i miei amici cominciarono a farne uso. Io ho sempre preso droghe, per cui volevo provare il testosterone senza voler però anche cambiare di sesso e firmare un contratto di riassegnazione sessuale con lo Stato, ossia l’iter che seguono i transessuali. Molti pensavano che mi sarei trasformata in un uomo istantaneamente. Come se gli ormoni fossero portatori intrinsechi di mascolinità. Politicamente, di fatto, gli ormoni sono un sistema di comunicazione, di circolazione, sono una forma di contaminazione virale. Scelsi il mio corpo come campo di sperimentazione. Si trattò quindi di un espediente di autofiction, però non col significato che le si da oggi, quella del piccolo Io, confinato nel privato. Il corpo ha uno spazio di estrema densità politica, ed è il corpo della molteplicità. E’ l’universale nel particolare. E’ tuttavia in aumento oggigiorno il rifiuto del campo medico e psichiatrico, dove fino ad ora è stata definita la transessualità. Si tratta di resistere alla normalizzazione della mascolinità e della femminilità nei nostri corpi e di inventare forme altre di piacere e di convivenza.

Judith Butler: La questione importante è il discorso che si sta facendo sugli ormoni e l’importanza che gli viene attribuito. Ne parliamo come se ci fosse un elemento che dall’interno ci danneggia e che si manifesta con le nostre azioni, sulle quali non ci sarebbe alcuna decisione: “Mi dispiace, sono i miei estrogeni, non è mia intenzione ma sono i miei ormoni”, è una frase che si sente spesso. Ovvio, c’è qualcosa di vero in questo discorso, ma la vera domanda è come lo si è reso verità. Gli ormoni producono sempre una condizione fisiologica però sono sempre interpretati, coscientemente o inconsciamente, e le credenze sull’ormone “maschile”, il testosterone, sono illustrative.

Continui ancora a prendere testosterone?

Beatriz Preciado: Continuo a farlo in forma molto sporadica, in occasioni molto distanti l’una dall’altra. Per me il testosterone è una droga sessuale. Non credo nella verità di un sesso, né maschile né femminile. Né con il testosterone né senza. Il sesso e il genere si producono in relazione con gli altri. Come Judith ha mostrato si tratta di azioni.

Come funziona il concetto di biopotere di Foucault nel farmacopotere o farmacopornografia?

Beatriz Preciado: Foucault ha fatto una analisi molto interessante sulla produzione di identità nel XIX secolo da parte del discorso medico, della legge e anche delle istituzioni totali. Queste architetture esterne hanno controllato, regolato, disciplinato, misurato la vita o il biopotere. Questo è ciò che ha permesso una comprensione estremamente precisa del momento in cui l’identità sessuale è stata inventata.

Inoltre ho sempre tenuto presente il fatto che Foucault non ha mai fatto una archeologia del presente, del corpo gay e lesbico o della normalizzazione della sessualità contemporanea nonostante lui conoscesse il femminismo, gli inizi del mondo gay e lesbico, gli Stati Uniti, San Francisco. Penso che fosse multo difficile per un intellettuale gay poter fare un discorso in prima persona negli anni Settanta. La sua analisi è andata perdendo credibilità. Ha detto molto poco riguardo le tecniche contemporanee di produzione delle identità come il cinema, la fotografia, i mass media, e assolutamente nulla di pornografia (salvo quella del XVIII secolo). Il mio obiettivo era incrociare l’analisi performativa di Judith con l’archeologia critica dei dispositivi disciplinari di Foucault e di portarli nel terreno del corpo e delle tecnologie biochimiche pornografiche. Qui è dove troviamo il farmacopotere. A partire dagli anni Quaranta il biopotere prende la forma di regime farmacopornografico, secondo la mia interpretazione. Il regime disciplinario che coincide con l’apparizione del capitalismo industriale era basato sulla repressione della masturbazione. Basicamente la masturbazione era uno spreco di energia perché non è funzionale alla logica di continuità tra il sesso e la riproduzione della specie. Così per vigilare sul corpo, le tecniche di controllo iniziano a miniaturizzarsi dopo la seconda guerra mondiale; con l’invenzione degli ormoni le tecniche di controllo diventano interiori. Ormai non sono più necessari l’ospedale, la caserma, il carcere perché da questo momento il corpo stesso si converte nel terreno della vigilanza, lo strumento definitivo. Cosa si sta prendendo quando si usa il testosterone o la pillola? Si ingoia una catena di segni culturali, una metafora politica che porta con se tutta una definizione performativa di costruzione del genere e della sessualità. Il genere, femminile o maschile, appare con l’invenzione delle molecole. Di conseguenza, molto rapidamente, la pornografia si impone come nuova cultura di massa e la masturbazione diventa una leva della produzione di capitale. La mano che non aveva un genere, come l’ano, è ora potentia gaudendi o forza orgasmica, strumento di produzione.

(Fine della prima parte…)

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