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Deconstructing SNOQ (SNOQ a pezzi)

Rileggiamo passo passo il comunicato di SNOQ del 17 novembre scorso, intercalando qualche commento raccolto nella nostra mailing list. Il testo del comunicato è in corsivo, i nostri commenti tra parentesi quadre [in tondo].

Care donne che eravate in piazza con noi il 13 febbraio, a rivendicare dignità e rispetto, care tutte le altre, italiane per nascita o per scelta.

[Si mette subito in chiaro che c’è una gerarchia: prima quelle donne che hanno già partecipato a qualcosa di SNOQ, poi le altre – tranne quelle “italiane per forza”, evidentemente, perché se qualcuno ti obbliga a rimanere qui a fare una cosa che non vuoi o perché vorresti transitare e non ti è permesso neanche quello, allora non puoi raccogliere l’invito di SNOQ. Ah, e gli uomini? Quelli dopo, forse. All’inizio no.]


Care donne che non hanno perso il coraggio, la voglia di esserci, il progetto di contare, la speranza di uscire da questi anni di fango.
Care donne singolari e plurali, diverse l’una dall’altra, sorelle compagne amiche, figlie e madri, siamo di nuovo qui, tutte unite, perché tutte unite siamo una forza e con “una forza” è ora che facciano i conti. Tutti.
Siamo una forza, per quante siamo e per come siamo.
Siamo quelle che tengono insieme affetti e lavoro, cura e responsabilità, libertà e senso del dovere.

[Uno stereotipo bello e buono, e maschilista per giunta. Complimenti. Queste caratteristiche dovrebbero casomai essere scelte, e anche dagli uomini, se vogliono. Invece pare di no.]


Siamo quelle che il diritto di essere cittadine se lo guadagnano giorno per giorno sulle barricate della vita quotidiana.

[Eh, magari la cittadinanza si potesse guadagnare così. Invece non si diventa cittadine italiane solo “sul campo”, serve passare per leggi inique e imbarazzanti. Questa frase è molto fuorviante e fastidiosa per chi quel diritto se lo sente addosso ma non gli verrà mai riconosciuto. Mai.]


Non c’è da uscire solo da una crisi economica, ma da una crisi politica, una crisi istituzionale, una crisi morale, da una logica, un immaginario, un ordine.

[Cos’è, un copia&incolla da un comunicato di partito? La “crisi morale”? E quale sarebbe LA morale, caro SNOQ? Non avevamo capito che tra gli scopi del comitato ci fosse pure ripristinare e/o fondare nuove morali. Interessante.]


In questo passaggio difficile non possiamo tirarci indietro, perché non può tirarsi indietro chi regge questo paese sulle proprie spalle.

[Sono anche le spalle di uomini a “reggere” il paese e a non accettare come sono trattate le donne. Quando ce li mettiamo anche loro? Siamo già alla seconda occasione nella quale qualcuno è escluso. Separatismo inconscio? Mah.]


Le donne non possono mancare per ridare all’Italia la dignità che ha perso, per ridarle credibilità, nel mondo, in Europa. Perché vogliamo restare in Europa e lavorare per un suo reale governo politico. Ma soprattutto non possono mancare per una politica che sia radicata alle necessità vere di donne e uomini.

[Giustamente: dopo aver preparato la strada con “la morale”, ecco arrivare “la dignità”. E sarebbe quella dell’Italia, non delle donne in Italia – espressione che sarebbe la più corretta ma che non verrà mai usata in questo comunicato.
Ma quale dignità? E cos’è la dignità? Ed è la stessa per tutte, per tutti? Cosa vuole essere SNOQ, una chiesa antagonista a quella cattolica? La “credibilità”? La credibilità di questo paese è l’ultimo dei pensieri per chi viene vessato, sfruttato, a chi viene negato il diritto di parola, di manifestazione e di esistenza – come avviene ancora a moltissime donne. Questo è un programma partitico, non un appello. Ma per favore.]


Democrazia vuol dire donne e uomini insieme al governo, capaci di far parlare le loro vite diverse.
E anche così dovranno essere democratiche le aziende, le banche, le istituzioni, le fondazioni, le università. Tutto.
E che nessuno ci venga a dire che questo non è il momento.

[Il problema, caro SNOQ, è proprio il contrario: sono molti a dire da un pezzo che è il momento – ci ricordiamo di associazioni nazionali che lo dicono dal dopoguerra, per esempio. Ma non tutti hanno la tua visibilità. Bene, meglio per te: ma non sembra molto “carino” arrogarsi tempi e luoghi che hanno già visto altre e altri lavorare sodo, ottenere risultati, agire sui territori. A queste realtà che esistevano prima di te, SNOQ, cos’hai da dire? Niente? Alle realtà locali che hanno già detto e fatto cose in contrasto con il tuo stesso comitato “centrale”, cos’hai da dire? Non si sa. Per tutti le stesse parole, “come un sol uomo”.]


Per anni abbiamo votato una rappresentanza irregolare, composta da una maggioranza schiacciante di uomini. Abbiamo votato in cambio di niente, infatti questo paese non ci somiglia, non ci racconta. Ma adesso basta.

[Oh, arrivano le indicazioni di voto, finalmente.]


Adesso, attenti: una donna un voto. Quando chiederanno il nostro voto non lo daremo più né per simpatia, né per ideologia, ma solo su programmi concreti e sulla certezza dell’impegno di 50% di donne al Governo. Il 50% non è quota rosa, non serve a tutelare le donne, serve a contenere la presenza degli uomini, non è un fine, ma solo un mezzo per rendere il paese più vivibile ed equilibrato, più onesto, più vero.

[“Contenere la presenza degli uomini?” Cioè, contemporaneamente, si dice che le donne sono un tappo, una misura preventiva, un argine, e che gli uomini – brutti e cattivi a prescindere, evidentemente – sono solo da diminuire di numero, ne va abbassata la rappresentanza. Alla faccia dei “programmi concreti” che dovrebbero far decidere chi votare. Una donna non può votare un uomo sulla base del suo programma? Pare di no. Una contraddizione piuttosto pesante.]


I partiti indifferenti perderanno il nostro voto.
E voi uomini, che ci siete stati amici, che ci avete seguiti nelle piazze del 13 Febbraio, credetelo: la nostra forza è anche la vostra. E’ per un bene comune che stiamo lottando. Un Paese senza la voce delle donne è un paese che va a finir male, verso una società triste e lenta, ingiusta, immobile, volgare e bugiarda.

[Beh, a questo punto dell’appello citare gli uomini fa sorridere. Subito dopo aver detto che il 50 e 50 si fa a prescindere, anche se “non serve a tutelare le donne”, e non sui programmi – ma è sui “programmi concreti” che si decide chi votare. SNOQ, è chiaro, non ha un’idea precisa non solo delle donne cui si rivolge, ma neanche degli uomini. I quali, grazie anche a queste parole, purtroppo non tarderanno a fare propria un’idea preconcetta di SNOQ.]


Bisogni e desideri delle donne possono già essere un buon programma di governo. Sappiamo più degli uomini quanto oggi sia difficile vivere, difficile lavorare, mettere al mondo figli, educare, difficile essere giovani, difficile essere vecchi. Le nostre competenze non le abbiamo guadagnate solo sui libri, ma anche dalla faticosa e spesso terribile bellezza della vita delle donne.

[Ah, SNOQ però sa perfettamente quali sono i bisogni e i desideri di tutte le donne. Però. E tutto starebbe in quell’ossimoro da cinema di serie B, la “terribile bellezza”, uh che suggestione. Non la vediamo la terribile bellezza in questa lista. Non la vediamo nelle migliaia (e nei migliaia!) di sex-workers che continuano a non essere rappresentati da nessuno – certamente non da SNOQ. Usiamo le parole di Viviana:
Ma cosa c’è di bello nel farsi il mazzo?? nel fare due lavori? nel non essere riconosciuta come lavoratrice se si è casalinghe? nel vedersi strappare un contratto perché incinte? nel vedersi chiedere il test di gravidanza prima di un contratto? nel non poter camminare per strada senza sentire i cori e quelle espressioni machiste? nel non poter vivere la propria sessualità liberamente, se no ti bollano come puttana? nel dover combattere con leggi che ti costringono a obbligare i tuoi figli a vedere il padre violento? a vivere con il terrore di vederti tolto l’affido perché c’è la PAS e tu potresti esserne affetta?? nel vedersi negare la pillola perché le ingerenze vaticane sono ovunque? e dato che si parla di famiglia, perché non si dice che ci sono tante soggettività (lesbiche, gay, trans, intersex) che vorrebbero metterla su una famiglia, che davvero voglio un figlio, lo desiderano, ma non possono averlo perché la legge glielo impedisce, perché le famiglie arcobaleno non sono riconosciute come famiglie, perché l’unica e sola sembra dover essere quella benedetta da santa romana chiesa??]


La nostra storia ci insegna che non serve lamentarsi. Non ci basta più quella specie di società equilibrista e funambola che abbiamo inventato, in completa assenza dello Stato, per poter vivere decentemente e far vivere decentemente.
La società civile è più donne che uomini.

[SNOQ deve avere proprio la fissa dei numeri. Delle quote, delle parti, delle fette, delle percentuali. E’ molto difficile non assimilare queste logiche a quelle di un partito, molto difficile. La “società civile”, per come la vediamo noi – cioè quella che usa “civile” come aggettivo vicino a “umano” più che a “cittadino” – è trasversale ai generi e ogni altra forma di appartenenza codificata. E non conta di quante e quanti è fatta. Conta che sia civile.]


E’ ora di cambiare, cittadine!

[Aridranghete! Ah, allora solo alle cittadine. Per le altre, per gli altri, niente da fare.]

Sì, caro SNOQ, è ora di cambiare. Il tuo linguaggio e la tua mentalità di partito, sicuramente, sono da cambiare.

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Disertori, Pensatoio, R-esistenze, Scritti critici.


4 Responses

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  1. Simona Trabucco says

    Lorenzo, sono allibita! E senza parole! Se questo è il comunicato e questo il modo in cui si rappresentano, non possono andare molto lontano! Traspare da ogni parola un’assenza totale di contenuti “e nessuno ci venga a dire che questo non è il momento!”, ma di chi e di cosa parlano? Dov’erano prima, cosa sanno fare per le donne? Perchè si sono svegliate cosi’ all’improvviso ed improvvisandosi paladine, chi le sta muovendo? Per me il momento é OGNI GIORNO, DA SEMPRE, non soltanto ora!

  2. Girafa says

    Eva,
    l’angustia è quella di chi scrive a partire da una visione ridotta del modno e per una fascia ridotta di “beneficiari/e”. Già che si scrive qualcosa che avrà grande risonanza, che cosa costa pensare a tutti quanti?? Perchè bisogna sempre definirsi negativamente??
    Perchè nel 2011 bisogna ancora discutere sul fatto che lotte LGBT, femministe e dei migranti sono sullo stesso piano?
    Qualcuno ha risposto a questo con qualcosa di simile a “certo, ma per ora preoccupiamoci di creare una compattazione femminile… ”
    sarebbe questa quella che suona come la ricerca di un’identità femminile?
    Non voglio un’identità femminile, voglio che la mia identità, qualunque essa sia in qualunque giorno della mia vita possa essere espressa liberamente. Punto!
    Dignità, morale, credibilità… Tutte parole che scompaiono, che non sono necessarie nell’orizzonte della consensualità e dell’accettazione della differenza.
    Una puttana è immorale? O è immorale chi la mette su una strada e guadagna sul suo corpo? Una donna che si veste da uomo toglie credibilità alla categoria “donne”?

  3. Lorenzo Gasparrini says

    Hai ragione. Da oggi seguirò il tuo, di esempio. Augh.

  4. Eva says

    Tanto veleno tutto insieme capita raramente di trovarselo concentrato davanti agli occhi. Lo stile di questo scritto ricorda tanto il testo di una famosa canzone di Fabrizio De André, quando dice:

    si sa che la gente dà buoni consigli
    se non può più dare cattivo esempio.

    Consigli costruttivi penso facciano piacere a tutti. Polemiche sterili ricreano soltanto lo stereotipo grottesco che negli anni ha relegato il femminismo a una riserva indiana di persone con la visione troppo angusta.