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Riots di Londra: le donne che fanno la differenza!

http://www.youtube.com/watch?v=gpvtbRw0AOo&NR=1

Lo sapete, i riots sono cominciati perché la polizia ha il grilletto facile e ha sparato ad un ragazzo nero così per niente. E’ diventata l’occasione per ribellarsi al sistema securitario inglese che io ricordo fin dagli anni ottanta come un sistema di invisibilizzazione del disagio sociale. Riuscivano a intervenire, far arrivare un cellulare e sbatterci dentro un senzatetto nel giro di due secondi. Così per l’ubriaco, preso, picchiato, sbattuto in cella. I neri erano un caso a parte perché oltre le famiglie benestanti sebbene gli afro/londinesi siano inglesi persino di quarta  (o quinta) generazione comunque se ne stanno nei loro quartieri, i ghetti in cui i county council autorizzano feste “etniche” nei parchi, con musica e balli caratteristici, tanto per lavarsi via di dosso il puzzo da colonizzatori schiavisti, c’era tutta una classe sfruttata e marginalizzata che si vedeva al massimo nei film di ken loach.

I neri che tentavano un diverso percorso di integrazione li trovavi nei quartieri “giovani” in cui si suonava, sperimentava, viveva assieme, altrimenti era tutto un po’ come le banlieus parigine ma senza banlieus perchè gli inglesi ci tengono all’aspetto urbanisticamente coerente delle città. Da allora non credo sia cambiato molto e oltretutto la parte politica reazionaria (non che i laburisti siano meglio) ha preso il sopravvento con tutto il carico di razzismo che questo comporta.

Dunque si certo probabilmente hanno tutte le ragioni per incazzarsi e fare una rivoluzione ma poi c’è questa signora che urla e strepita ed è arrabbiata perché pensa che la battaglia da fare sia una cosa seria ed è tutto inutile se si perde l’obiettivo principale per cui è nata. Lei dice alcune cose, che in mailing list abbiamo tradotto. Vi lascio con le sue parole:

Questa è la fottuta realtà. Smettetela di bruciare le proprietà delle persone. Smettetela di dare fuoco ai negozi della gente che lavora duramente per aprire un’attività. Mi avete capito? Quella donna cerca di far funzionare la propria attività e voi volete andare lì e bruciargliela? Per quale motivo? Per dire che state combattendo e siete uomini duri e cattivi? Qui si sta parlando di un uomo a cui hanno sparato a Tottenham. Non si sta parlando di divertirsi in strada e dare alle fiamme tutto quanto. Svegliatevi neri, svegliatevi. Fatelo per una causa. Se state combattendo per una causa, allora combattete per una fottuta causa!! Mi fate davvero incazzare!! Mi vergogno di essere una’abitante di Hackney. Perchè non ci stiamo riunendo per combattere per una causa, ma stiamo scappando da Footlocker con le mani piene di scarpe. Come sporchi ladri.

Posted in Anti-Fem/Machism, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze, Vedere.


11 Responses

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  1. euroubu says

    Non mi sembrano idee rivoluzionarie… ma se proprio devono morir di fame ben vengano le vecchie rassicuranti protezioni per tutti…

    http://it.peacereporter.net/articolo/29926/Le+rivolte+di+Londra+secondo+Chris+Knight

  2. kzm says

    ho trovato interessante l’analisi di gennaro carotenuto:
    http://www.gennarocarotenuto.it/16226-londra-santiago-per-chi-suona-la-campana/

    “Se non hanno pane –direbbe Maria Antonietta- almeno mangino la brioche di un Blackberry.”

  3. kzm says

    non conosco niente di londra, di questi riots, nè di quelli precedenti. la rabbia dentro che ti dice spacca la vetrina, distruggi, prendi tutto, ce l’abbiamo in tant*, e non sto qui a difendere la proprietà privata. dalle parole di questa donna, quello che io percepisco, è il bisogno di solidarietà, di comunità, di coscienza collettiva, di progettualità, di riscatto. puoi sfasciare mille vetrine, fare il carico di ipad e poi rivenderteli, ma se poi una settimana dopo tutto è tornato come prima, con la repressione della polizia eccetera, che senso ha avuto? (con questo non voglio dire che quello che sta succedendo si riduce a ciò – semplicemente non lo so.)

  4. euroubu says

    n merito agli scontri di Londra sono rimasto abbastanza perplesso, come mi accade sempre più spesso di questi tempi, quando vedo giovani spaccare tutto. Ammetto pure che non essendomi mai risparmiato contro il potere e la violenza del potere senza troppa esitazione in difesa delle mie idee e contro una pace sociale obbligatoria e la non-violenza masochistica, questi scippatori di vecchiette muniti di Blackberry e ragazzin* che si scippano tra di loro, e pur ammettendo che ci sia un reale malcontento tra di loro per un futuro sempre meno roseo, faccio lo stesso fatica a distinguerli da quegli stessi impiegati buffoni e conservatori che al posto loro un lavoro più sicuro ce l’hanno. Non vedo nulla di nuovo, non sento niente che non mi giunga già sentito, già urlato, già vissuto. Anzi, ci vedo la stessa finta espressività da slogan che accomuna e ha sempre accomunato sia la destra che la sinistra come il centro.

    Oggi l’intellettuale che mi manca di più è sicuramente Pasolini, e con le sue parole vorrei concludere quello che anch’io ancora oggi vedo e percepisco in tante manifestazioni di protesta radicale, una sorta di neo conservatorismo.

    7 Gennaio 1973

    Le maschere ripugnanti che i giovani mettono sulla faccia, rendendosi laidi come le vecchie puttane di una ingiusta iconografia, ricreano oggettivamente sulle loro fisionomie ciò che essi solo verbalmente hanno condannato per sempre. Sono saltate fuori le vecchie facce da preti, da giudici, da ufficiali, da anarchici fasulli, da impiegati buffoni, da Azzeccagarbugli, da Don Ferrante, da mercenari,da imbroglioni, da benpensanti teppisti.
    Cioè, la condanna radicale e indiscriminata che essi hanno pronunciato contro i loro padri – che sono la storia in evoluzione e la cultura precedente – alzando contro di essi una barriera insormontabile, ha finito con l’isolarli, impedendo loro, con i loro padri, un rapporto dialettico. Ora, solo attraverso tale rapporto dialettico – sia pur drammatico ed estremizzato – essi avrebbero potuto avere reale coscienza di sé, e andare avanti, superare i padri.

    Invece l’isolamento in cui si sono chiusi – come in un mondo a parte, in un ghetto riservato alla gioventù – li ha tenuti fermi alla loro insopprimibile realtà storica : e ciò ha implicato – fatalmente – un regresso. Essi sono in realtà andati più indietro dei loro padri, risuscitando nella loro anima terrori e conformismi, e, nel loro aspetto fisico, convenzionalità e miserie che parevano superate per sempre.

    Questo articolo (una parte) fu scritto da P.P.Pasolini mettendo a confronto il linguaggio del corpo dei giovani di allora (di sinistra, con cui P.P.P simpatizzava non senza riserve) con la protesta radicale, arrivando alla profetica conclusione che quegli stessi giovani che ieri protestavano, sarebbero stati poi assorbiti dalla stessa logica dominante di un’omologazione feticcio – “globalizzata” (diremmo oggi), quindi resi indistinguibili dai fascisti e da quella sub cultura che li avrebbe resi simili in tutto e per tutto ai loro nemici… una sorta di comunismo all’incontrario, una fascismo dei consumi cui unico scopo è sempre stato quello di renderci tutti passivi consumatori e bravi contribuenti per lo stato – tra una rivolta e l’altra s’intende.

  5. Nico says

    Di solito condivido i vostri articoli ma in questo caso non mi trovo in sintonia, tantomeno con i commenti. Invece ho apprezzato molto questo articolo: http://www.globalproject.info/it/in_movimento/London-jacquerie/9189
    Le devastazioni e i saccheggi sono una costante della storia… famosa a Londra e’ stata la rivolta del gin, nel ‘700 ad esempio….anche la grande maggioranza delle rivolte contemporanee sono caratterizzate da saccheggi e devastazioni, che piaccia o no questa e’ la storia delle sommosse, si veda ad es. la rivolta di los angeles oppure i saccheggi generalizzati in argentina nel 2001 fino ad arrivare non tanto per i vari g8 (dove piu’ che altro operavano militanti vari..) ma ad es. le rivolte nelle banlieue francesi… e chi piu’ ne ha piu’ ne metta: insomma, come recitava uno slogan negli anni ’70, il teppismo e’ comunismo 😉 I diritti? Non fatemi ridere, quando mai… le rivolte sono esplosioni di rabbia generalizzata non chiedono diritti… tirano rovesci!
    Riporto di seguito uno scritto degli anni sessanta che calza abbastanza a pennello:

    Ci chiameranno i distruttori del mondo della merce, non saremo che i costruttori di noi stessi.

    “Durante le insurrezioni passate, i gesti piu’ spontanei, quelli che gli sgherri del potere hanno qualificato come ciechi, erano in definitiva i piu’ rivoluzionariamente chiaroveggenti. Per citare solo un esempio tratto dall’attualita’ piu’ recente, gli insorti di Los Angeles se la sono presa direttamente con il valore di scambio spettacolare che fungeva da scenario della loro schiavitu’; hanno dato l’assalto al cielo dello spettacolo. Nello stesso tempo in cui distruggevano le vetrine ed incendiavano i supermercati, abbozzavano sul campo una restituzione del valore d’uso: “Un nero che porta su di una carriola un frigorifero rubato, lo apre e ne tira fuori delle bistecche e qualche bottiglia di whisky” (L’Express).
    Se e’ vero che, finora, le rivoluzioni hanno generalmente perso tempo a vestirsi delle spoglie delle vecchie feste, il nemico che sembravano aver dimenticato ha sempre saputo ricordare i loro gesti che avrebbero dovuto compiere da molto tempo.
    Cio’ che si e’ preso per gesti di disperazione esprimeva soltanto la disperazione di non averli compiuti prima. Questi gesti, le prossime rivoluzioni dovranno ritrovarli immediatamente e compierli senza indugiare: in quanto distruzione dello spettacolo mercantilesono portatori di una costruzione libera della vita. Si trattera’ allora di rivendicare come proprieta’ dell’uomo tutti i tesori spogliati a profitto del cielo dello spettacolo, di rivolgerli nel senso della vera vita.
    Ci chiameranno i distruttori del mondo della merce, non saremo che i costruttori di noi stessi.” […] A ogni grado della contestazione pratica, i gesti si profilano, pronti a trasformarsi in atti rivoluzionari. Ma in assenza di un movimento rivoluzionario, questa contestazione pratica resta a livello individuale. […] Il furto nei grandi magazzini, che gli psicologi dei padroni hanno cosi’ giustamente qualificato come “pratica sconosciuta” , e’ di un essenza qualitativamente differente. Nello spettacolo dell’abbondanza, gli oggetti cosiddetti di consumo cessano di essere degli oggetti di godimento, per divenire oggetti di contemplazione, sempre piu’ radicalmente estranei a coloro di cui si ritiene soddisfino i bisogni. Il furto sembra essere allora il solo modo di appropriazione per il godimento, al contrario della “pratica conosciuta” che appare come un modo di usarli contemplativo, una maniera di essere posseduti dagli oggetti senza goderne.”
    (Jean Garnault, da “Le strutture elementari della reificazione”, tratto da I.S. n.10, Marzo 1966)

  6. Imma says

    Ancora mi sfugge cosa c’entrino i saccheggi coi diritti, anche perché il “fatelo per una causa” io non l’ho interpretato come “saccheggiate per una causa”.
    E chi più ci ha perso finora, è chi meno aveva.

  7. Babatunde says

    @lafra: scusa, sono stata poco chiara; infatti, sono d’accordo con tutto quello che dici. Ed il fatto che ci fossero anche moltissime ragazze che partecipavano al looting generale sottolinea come la signora fosse un’esempio di donna che fa la differenza, come nel titolo, a riprova che le donne in carne ed ossa non sono omologabili a stereotipi essenzializzati e manichei come ancora troppo spesso viene fatto.
    D’altra parte le ragazze che hanno partecipato attivamente agli scontri forse volevano superare con la forza un’altro tipo di differenza, quella tra chi consuma e chi non può. Di fatto, esponendosi alle manipolazioni come abbiamo rilevato in questi giorni.

  8. lafra says

    @Babatunde io non penso che questa donna si stesse rivolgendo solo agli uomini, non credo che il messaggio volesse essere le donne sono meglio perché non saccheggiano e gli uomini sì (forse ho frainteso io quello che invece volevi dire te dicendo che anche le giovani donne lo stanno facendo, ho cercato di trovargli il senso perché leggendolo non l’ho colto immediatamente). personalmente non penso esista la mera criminalità, credo sia un modo di dire per fare come al solito una distinzione tra buoni o cattivi. non mi pongo il problema se i rioters siano buoni o cattivi, se fanno bene o fanno male. prendo atto che il saccheggio di beni più o meno di lusso se non lo unisci ad una lotta di rivendicazione per i diritti non ti darà un reddito o un’istruzione di qualità ad esempio, e tante altre cose. io lo sfogo della donna l’ho interpretato così: non ha detto non fatelo, ha detto fatelo per una causa, ossia fatelo consapevoli del motivo per cui state lottando, non solo per esprimere un malessere e la frustrazionne di non poter comprare tutto quello che vorreste, che poi è un inivito proprio a non essere manipolati e delegittimati nella loro legittima rabbia.

  9. Babatunde says

    Le parole della donna del video pesano come macigni, ma dall’altra parte c’erano tantissime ragazze/giovani donne senza distinzione di razza che partecipavano ai saccheggi o ne approfittavano (oggi si può vedere anche dalle foto che sono state diffuse sui giornali). Penso che il vandalismo non sia fine a se stesso, ma è un boomerang che naturalmente viene usato per la delegittimazione e la riduzione sommaria di quello che è successo a mera criminalità.

  10. wildsidez says

    La donna è in gamba, però stasera ho visto che i TG stanno usando questo video in chiave legalitario-repressiva per confermare la tesi di Cameron che i riots siano solo teppismo e vandalismo fine a sè stesso…