Skip to content


Quando inizia la nostra rivoluzione?

I dati Istat sono chiarissimi in questo. Quei dati che parlano di giovani disoccupati e di donne sfruttate. Noi lo diciamo da tempo. Tutto il welfare pesa soprattutto sulle spalle delle donne.

Sulle donne pesa il 76,2% del lavoro familiare, da quello domestico a quello di cura”. Il lavoro di cura delle donne (gratuito) genera un totale di 2,1 miliardi di euro l’anno.

Per capire il perché di questo risultato bisognerebbe leggere il libro bianco di Sacconi.

Non si tratta di una generica conseguenza della “crisi” ma di una scelta precisa. Il welfare organizzato secondo i vari Sacconi, Giovanardi, e ciellini/destrorsi/cattolicume sparsi sta alla donna come la discriminazione dei neri stava all’apartheid.

Donne utili in casa, obbligate ad essere dipendenti economicamente, costrette da strumenti dissuasivi (riforma del diritto familiare a cura di pdl e lega) e da metodi terroristici (la violenza maschile) a restare con uomini che le maltrattano.

Donne che sono la prima scelta degli imprenditori che intendono licenziare e che sono disoccupate, non più alla ricerca di un lavoro, al 50%. Una su due è in queste condizioni. Tante altre, in stragrande maggioranza, sono precarie, con contratti terribili, senza futuro né speranze. Ancora una volta costrette a corrodere il patrimonio familiare, a dipendere dai genitori, restituendo ai “padri” un potere decisionale sulle vite di ciascuna che in parte avevano perduto. Costrette a dipendere da relazioni di vario tipo scambiando il mutuo soccorso per una dimensione in cui le relazioni sono viziate dal potere che il denaro determina. Chi lo guadagna esige e chi invece si riproduce e produce gratuitamente in casa esegue.

In Europa siamo gli ultimi. Dopo di noi c’è solo Malta. Eppure le donne in Italia continuano a essere vilipese, umiliate, insultate. Pagine di cronaca spicciola che insistono nell’attribuire la morte di una figlia dimenticata in auto dal padre a quella madre che sfoga il senso di colpa in televisione “pensava a tutto lui”, perché lei è incinta. Perché lui voleva che lei non dovesse preoccuparsi di niente.

E i commenti non si limitano a rispettare il dolore di una tragedia che va sviscerata in privato ma diventa ancora una volta oggetto di speculazione da parte di chi offre la “confessione” della madre, colei che non c’era, come mezzo per scagionare lui, quello che naturalmente avrebbe dovuto occuparsi d’altro.

Quando la stessa cosa è accaduta ad una madre invece è stata sommersa dalle critiche misogine ed è stata descritta ne più e ne meno che come l’ultima delle criminali. Perché alle donne questo si richiede:

devono tutelare la vita altrui senza delegare. Anche quando stanno male devono assumere il fatto che se loro delegano i bambini muoiono. Ed è tutta colpa loro. E’ sempre colpa delle donne. Perché le donne sono obbligate ai ruoli di cura e poi sono sorvegliatissime affinchè nessuna ceda, nessuna abbia uno scatto di nervi, nessuna abbia una dimenticanza.

Mettete i dati Istat sulla disoccupazione delle donne in relazione ai processi mediatici che le donne quest’anno hanno dovuto subire in chiave pedagogica.

Ogni volta che ore ed ore di talkshow televisivi demonizzavano le “maestre”, le “insegnanti”, le madri, le nuore, le badanti.

Perché da queste donne tanto ci si aspetta e ad ogni commento sono seguite via via sempre più aggressive le richieste di punizioni gravissime.

Giornali, televisioni, gruppi facebook gestiti da maschilisti che chiedevano il carcere duro per le donne che cedevano a vite in cui la gratuità della cura non concede respiro. Qualcun@ ha parlato perfino di pena di morte. Qualcun@ ha scritto e proposto qualcosa a proposito della perizia psichiatrica e dell’internamento. In qualche congresso psichiatrico si è riparlato di elettroshock per “curare” la depressione post parto.

Le donne devono dunque essere efficienti, non possono esimersi dal ruolo imposto, non possono cedere mai e se si affidano a qualcuno devono accettare il fatto di essere punite, considerate nulla, socialmente lapidate e crocifisse per colpirne una ed educarne cento.

Per non parlare di quello che stanno facendo i “comunicatori” della campagna dei padri separati che supportano la approvazione in senato del ddl 957 che è la sintesi del regresso maschilista all’insegna del pater familias e della totale sottrazione di diritti alle donne.

Perché questa è l’epoca in cui non solo le donne sono obbligate al ruolo di cura ma sono anche sottoposte a controllo e privazione di diritti e di libertà sulla base del fatto che vengono considerate madri di prole paterna.

Custodi di figli del pater familias. Tutrici di figli che in quanto tali non hanno diritto a niente.

E’ il mantra di questi decenni. Le donne sono in ostaggio di quelli che vogliono mettere le mani sui consultori, di movimenti antiabortisti e di padri separati che le obbligano a restare fedeli ai vincoli imposti. Sorvegliate speciali. Sotto sequestro di soggetti che impediscono alle donne di scegliere e perfino di allontanarsi da un ex marito violento in nome dei figli.

Figli di padre. Non di madre, in quanto la madre è considerata soltanto un contenitore e poi una bambinaia.

Sparta e Atene dei giorni nostri.

E vanno considerati i numeri altissimi della violenza maschile. Perché le donne disoccupate o precarie sono più soggette a subire violenza per non finire in mezzo alla strada o per non vedere ripudiati i figli.

Siamo nel 2011 e tutto è esattamente come tantissimi, troppi anni fa.

Che aspettiamo, donne, sorelle, a dare il via alla nostra rivoluzione?

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.


2 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. debs says

    linko un articolo scritto da me sul lavoro femminile.
    deborah

    http://conunagrandea.noblogs.org/post/2011/05/09/discriminazioni-e-lavoro-domestico-sfruttate-due-volte-doppia-rabbia/

  2. uniroma tv says

    Ciao!
    Siamo la redazione di Uniroma Tv. Dato il tema del tuo blog pensiamo ti possa interessare il servizio da noi realizzato sull’ ‘iniziativa ” woman campaign for right to drive “, lanciata attraverso i principali social network in risposta all’arresto di una donna saudita che aveva sfidato il divieto, riprendendosi alla guida e postando il video su youtube. La donna è stata rilasciata ma la battaglia per l’emancipazione femminile nel paese passerà, ormai, anche dal diritto a poter guidare un’automobile.
    .
    Al seguente link puoi vedere il nostro video: http://www.uniroma.tv/?id=18852
    Ciao
    A presto