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Maleficent: la favola rovesciata in cui le donne sono tutte buone!

Da Abbatto i Muri:

Ho letto le recensioni su Maleficent e pur condividendo alcune delle cose che sono state scritte vorrei approfondire a partire da quel che io e altre persone abbiamo insieme visto.

Tre donne, due uomini, una bambina che non era molto interessata in realtà. La sua attenzione è stata catturata solo quando ha visto Malefica combattere e scatenare l’inferno per difendere il proprio territorio. Il padre mi diceva che a lei piacciono le guerriere e quando  ha in mano le bambole, offerte con insistenza dalla nonna, non mostra la minima pietà. Non ama allattarle, ripulirle, vestirle e ancora meno le piace simulare gli incontri tra comari attorno al thè e biscotti. Di questo è dispiaciuta più la nonna, per l’appunto, che il resto della famiglia. Perciò pensavano che questo film potesse esserle gradito. Ne avevano letto come di una cosa eccezionalmente femminista, una roba originale e strepitosa e infine si sono ritrovati a dover assistere ad una rappresentazione un minimo stereotipata per quanto alcune dicotomie siano state smussate.

Il punto è che ai bambini e alle bambine non riesce complicato comprendere le complessità. Sono gli adulti che hanno difficoltà a rappresentarle e devono per forza dare una visione che in un modo o nell’altro non può tradursi in nulla che non sia fortemente normativo. E dunque ecco la recensione di un film che passa necessariamente per il riassunto dei commenti delle persone presenti. Una compagnia varia la cui costante è soprattutto la precarietà. Biglietti presi con sconti, abbonamenti, tessere, raccolte punti nei supermercati, perché il cinema costa. Malefica è un personaggio che si adatta alla narrazione ecofemminista. Madre natura, a difesa della madre terra, madre a prescindere, anche se non ha figli. Protettrice delle creature tutte e disponibile finanche con gli umani divisi in uomini guerrafondai, cattiverrimi, e quelli che puoi trasformarli in qualunque animale ti sia utile per combattere la tua battaglia. Mi riferisco qui al corvo/uomo che va bene perché si rende utile a Malefica alla quale dovrà eterna gratitudine giacché lei l’ha elevato dallo stato animale a uomo, con buona pace dell’antispecismo. A margine la figura di una regina, partoriente, bellina ma soggiogata e muta perché si sa che nel regno degli umani le donne stanno tutte in quella condizione là.

C’era una volta Malefica che è buona d’indole, fiduciosa, istintivamente materna e ovviamente dedita alla cura di tutto quello che la circonda. Apre le porte a uno stronzo che le taglia le ali per fare carriera e lì i simbolismi si sprecano. Gli uomini che tagliano le ali alle donne, le preferiscono incapaci di volare, a terra e in difficoltà, le usano e le buttano via privandole di forza vitale, perché gli uomini sono così, in loro non esiste alcuna complessità. Sono distruttori della terra, delle piante, del pianeta, e non possono competere con le donne che invece quella terra farebbero di tutto per proteggerla, con buona pace di quelle che usano ettolitri di spray che tanto danno procurano al buco nell’ozono. Si sa però che le donne producono sempre danni minori perché non sono avide e neppure ambiziose. Sono sempre delle grandi perle che non hanno affatto alcun intento censorio, limitante, oppressivo, nei confronti di figli e figlie.

Mi dice una del gruppo che fu la madre a segarle le ali nel momento in cui la privò della possibilità di aspirare ad altro che non fosse una formazione umanistica. Uno dice che la madre è sempre lì a rompergli le scatole e se potesse andrebbe anche di notte a ripulirgli casa anche se lui da tempo ha scelto di non dipendere da lei. Storie parziali, ovviamente, dettagli che nulla tolgono all’amore di questi figli nei confronti delle loro madri. E tuttavia alcuni ricevono il film come una enorme stonatura. Possibile che fare un film femminista significhi produrre altri stereotipi invece che demolirli proprio tutti? Possibile che non c’è verso di guardare la realtà in modo obiettivo e che il “punto di vista di genere” diventi un’altra scusa per raccontare la realtà soltanto in forma rovesciata? E se il rovesciamento non scardina i sessismi, l’etero-norma che procede solo per dicotomie, se non libera le donne dall’eterna attribuzione di ruolo materno e se non libera gli uomini da quella trappola identitaria che parrebbe incastrarli, che razza di rovesciamento è?

E’ chiaro il tentativo di decostruire la dicotomia strega/fata e riproporre un personaggio che vive di gioie, dolori, passioni e rancori, ma alla fine quel che viene fuori è che la colpa di tutto sarebbe degli uomini e lei è assolta. La donna compie stragi solo per difesa. Tiranneggia a fin di bene. Uccide soldati ed evoca malvagi sortilegi solo perché si sente ferita e dunque tutto è lecito. Lecito il fatto che opprima e chiuda in un recinto buio quel mondo che avrebbe dovuto difendere, lecito che impedisca perfino a chi ci vive dentro di godere delle bellezze della sua terra. Lecito che i suoi avversari, incluso il traditore, vivano nel terrore di perdere la figlia.

Al recupero di vittimismo e angelicità si dice che le donne possono fare violenza solo per difesa. La responsabilità sta sempre altrove. Evviva la complessità. Voi la vedete? Noi non l’abbiamo vista e credo non l’abbia vista neppure la bambina che alla fine ha chiesto come mai la ragazza non soffrisse della fine di suo padre o della madre. Quale persona vivrebbe lo scontro tra due differenti entità alle quali è legata senza un minimo di conflitto interiore? Quale ragazza non proferisce verbo quando la madre muore di dolore con il timore che si realizzi la maledizione e il padre viene sconfitto? Quale ragazza è pronta a succedergli e a stringere patti con quella che fino al giorno prima poteva essere causa della propria morte?

Morte sconfitta, certo, dal fatto che Malefica e la ragazza vivono una relazione affettiva forte, bella, ricca, superiore a quella sviluppata con genitori assenti per necessità, una relazione in cui c’è spazio per la comprensione su dubbi, errori, cattiverie fatte e ricevute, ma se tanto amore si sviluppa con una persona così complessa com’è che non c’è traccia di comprensione e sentimento per gli altri membri della famiglia? Com’è possibile liquidare la questione così su due piedi? Bello il finale, splendido che lei si sia svegliata, finalmente, non per bocca di un principe azzurro ma per il legame con la stessa Malefica, bello che questa ragazza realizzi una scelta di coesistenza pacifica e che guardi alla diversità con curiosa laicità, un po’ meno bello il fatto che ritenga le sue azioni dipendenti dall’influenza benefica di una fata madrina, come se di autonomo, ‘ste figlie, non potranno mai realizzare nulla, nessuna contraddizione, ribellione alla “madre”, nessuna decisione che non sia guidata da quella fatata ispirazione. Infine c’è sempre una fata da qualche parte che ci protegge dall’orco cattivo. Non l’orco propriamente orco ché quello abbiamo deciso essere soltanto espressione simbolica di una diversità che gli umani non accettano, ma l’orco/uomo che giammai potrà essere ispirazione di qualcosa di utile e positivo.

Perciò a me, e non solo a me, tutto questo sembra tagliato con l’accetta. Resta comunque un mondo diviso in bianco e nero, di là i cattivi e di qua le buone, che possono essere solo vittime o carnefici per necessità e comunque sempre in nome di un bene superiore. E’ il mondo Disney e non ci si può aspettare di meglio, pare fatto apposta per realizzare pregiudizi, ma la migliore risposta l’ha data la bambina che stava con noi: si è addormentata. A lei che adora i genitori e gioca a qualunque cosa senza temere che nessuno tagli le sue ali una fiaba del genere non serve a niente. Non serve affatto.

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Recensioni.